Al suono della nota canzonetta di Lucio Battisti, rispondo volentieri all’amico Lorenzo Foti che ha mostrato un non ingiustificato fastidio per un mio estemporaneo commento ad una discussione fra lui e Gianni Del Bufalo su ragione ed emozioni:
Caro amico Lorenzo,
grazie della tua irritata e civile risposta alla quale cercherò di replicare con pacato e civile argomentare: lasciami però premetterti due cose: (a) in realtà il mio notturno commento alla vostra diatriba non era pensato per la pubblicazione, perché di solito cerco di scrivere quando non sono stanco (e magari irritabile); e ancora: (b) credo di non avere bisogno di ingraziarmi “uno dei due contendenti” (come tu chiami Gianni Del Bufalo, col quale ti dici peraltro in sostanziale sintonia) della cui amicizia e confidenza mi capita di molto godere da tempo.
E veniamo al merito:

1. Da tempo (vedi i miei articoletti Elezioni/Emozioni dell’8 marzo 2008 e L’angolo ottuso del 2 febbraio 2009) me la prendo con gli “emozionisti” ma sono ben lungi dal confondere emozioni con sentimenti; l’emozione è solo un’epifania fragile e fugace del sentimento, un vento mutevole che fa ondeggiare le opinioni come fossero fuscelli. Il sentimento è altra cosa, più profonda ed umana, basata – nell’ambito che ci occupa – su una più integrale concezione dell’uomo e della condizione sociale nella quale è immerso. La “vision” poi, come la chiami tu, è ancora meno emozione, perché per sua natura destinata a traguardarsi nel tempo, ben al di là dell’ondeggiare delle emozioni. Il popolo che plaudeva a Mussolini quando gridava che era giunto il momento delle decisioni irrevocabili era emozionato, ma non aveva né visione del futuro né ragione dei mezzi. E difatti, “all’apparir del vero” proprio chi è vissuto di quella emozione è restato, come dici tu, “triste e solo”.
2. Per questo, come ho detto più volte, detesto le piazze (piene e rumorose) e le emozioni che vengono lì agitate, senza alcun riguardo a chi sono i compagni di emozione e alla vera natura della loro visione del futuro (if any) e della loro ragionevole conoscenza dei mezzi correlati ai fini. La sinistra (della quale mi importa assai poco) non lo ha capito e continua a chiamare le piazze senza ancora rendersi conto che anche altri possono chiamare anche piazza più gremite per far ondeggiare emozioni, magari ancora più disgiunte da visione e ragionevolezza. La politica non si fa nelle piazze ma con la buona amministrazione che genera fatti buoni e risultati durevoli. E con la determinazione a conseguirli.
3. Credo di ravvisare – e spero di non sbagliare – in una tua considerazione (“senza un ragionamento e un progetto alla base è impossibile avere una vision ed emozionare”) una parte del mio sentire: senza un ragionamento e un progetto…etc. Tu che sei un fisico sai bene che i progetti, soprattutto quelli “limpidi e chiari”che tu invochi, non si fanno, per fortuna, con le emozioni ma coi numeri e coi calcoli e – nel politico – con l’adeguata conoscenza di come è fatto l’uomo per il quale si fanno i progetti.
4. Se poi tu alludi al fatto che sia difficile “scaldare” le folle coi ragionamenti, puoi anche avere ragione ed è per questo che spesso appaio venato di pessimismo. Certamente il tuo “roseto per gli anziani” di fronte ai palazzoni pieni di microappartamenti sposterà più voti di ogni ragionamento, ma solo fino al momento in cui non ci sarà penuria di alloggi. Allora il roseto diventerà l’esempio di uno spreco e i palazzoni un esempio di comprensione dei bisogni della gente. Sono follie, lo so, ma sono follie delle emozioni (e la rabbia è un’emozione).
5. Non ho proprio capito che cosa intendi quando dici “Senza un ragionamento e un progetto alla base è impossibile avere una vision ed emozionare, si raccontano solo favole come fa Berlusconi”: ma allora pensi che siano solo le emozioni che le favole suscitano a coagulare il consenso attorno al Governo? E vuoi fare contro-emozioni? Capisco, può essere, ma non vorrei che per suscitarle si debbano raccontare contro-favole!
6. No, credimi, Lorenzo, se il ragionamento valesse solo per gli eserciti, come dici tu, non ci sarebbero le guerre! Guarda che non sottovaluto i sentimenti (che sono propri dell’uomo) ma temo le pulsioni emozionali ed istintive e credo che l’unico modo per tenerle a freno sia la ragione, non disgiunta, l’ho detto più volte, da una profonda conoscenza dell’uomo e dei suoi sentimenti. E credo fermamente che con la cultura delle emozioni non si governino le sorti di un paese in un periodo difficile e con sulle spalle il fardello di tanti conti rinviati.

E allora? Forse abbiamo chiamato emozioni le fanfaluche da piazza? Forse le abbiamo confuse coi sentimenti, come se avessimo scambiato il fumo per il fuoco? Se è così, caro Lorenzo, siamo meno distanti di come ci siamo sembrati. Ma, lasciamelo dire, temo che non sia così e che in fondo qualcosa ci separi profondamente; per fortuna non la passione per le discussioni franche e civili.