A Roma Marino ha raggiunto al primo turno il 42 % dei consensi. Si è votato per il cambiamento: meno male, un sospiro di sollievo.

Ma attenzione, non lasciamoci prendere da facili euforie. Neanche da inconsistenti speranze.

Mi sorprendono infatti le analisi veloci che si leggono in giro per il web. Una in particolare mi preoccupa, perché spesso presentata con sicumera talebana (Roberto, non mi riferivo a te).

“A Roma ha vinto il PD con Marino perché non ha sostenuto il governo Letta, perché voleva Rodotà, perché è attento a Sel.  Si apre un nuovo futuro a sinistra”.

Attenzione. Il PD è risultato il primo partito a Roma perché gli altri continuano a perdere di più. Basta vedere gli ultimi numeri ottenuti nella Capitale: 426.234 voti per il PD alle regionali, 267.605 alle comunali. Meno 158.629 voti.

Il PD a Roma ha perso nel giro di tre mesi ben il 37 % degli elettori.

E le cose non sono andate meglio per il secondo partito della Capitale, il Pdl, protagonista di una vera emorragia di consensi.

Mentre un “partito” che continua a riscuotere successo crescente, purtroppo, è quello dell’astensione (a Roma ha votato appena la metà degli elettori).

Inutile nascondersi dietro a un dito. Nessun cambiamento sarà mai possibile finché la città è assente. Dobbiamo recuperare la partecipazione.

Giustissimo, ma come?

Utilizzando intanto strumenti di pressione, come paradossalmente indica dal Corsera un ragionatore pacato come il prof. Ainis: “Alle comunali ha votato la metà degli elettori? Vuol dire che quel sindaco, anziché cinque anni, rimarrà in carica due anni e mezzo. Alle regionali si registra un 40 per cento d’astenuti? E allora i consiglieri, invece di 100, questa volta saranno 60” (LINK).

Oppure prendendo coscienza, come sottolinea l’amico Felice Celato nel suo blog, che il potere non è più quello di una volta e soprattutto che il mondo è ben diverso da come siamo abituati per comodità a pensarlo. E che con questo “nuovo” che già “è stato e che ancora sarà non è detto che siamo preparati a fare i conti” (LINK).

E allora fermiamoci un momento, issiamo la nostra “Bandiera Bianca” (LINK) canticchiando con Gaber l’intramontabile “Destra/Sinistra” (LINK).

Non per adagiarci in un tranquillo qualunquismo, ma per ridefinire con la giusta forza quello che ci unisce e quello che ci divide (e sarà tanto) su una base nuova, attualizzata e quindi, finalmente, partecipata.

Buona settimana.

Amedeo Piva