Hai voglia a organizzare corsi di formazione permanente e a pubblicare sul sito dell’Odg le carte basilari della deontologia giornalistica.
La realtà è che “il rispetto della verità sostanziale dei fatti”, obbligo vitale per ogni giornalista, troppo spesso resta lettera morta.
E così, grazie all’inchiesta su un giro di mazzette nel capoluogo abruzzese pubblicata nei giorni scorsi da due importanti quotidiani del Paese, ci siamo ritrovati con il nostro Amedeo incoronato a mezzo stampa – chiaramente a sua insaputa – grande maestro di una non meglio identificata “massoneria cattolica”.
Come è potuto accadere? Tutto ha inizio con la trascrizione di una intercettazione telefonica tra una funzionaria del Mibac e Antonello Antonellis, sindaco di San Donato Val di Comino nel Frusinate, nell’ambito dell’indagine che all’Aquila sta coinvolgendo una cerchia di imprenditori, funzionari della Pa e professionisti interessati a vario titolo alla ricostruzione delle chiese distrutte dal sisma del 2009.
Ebbene il giornalista di uno dei due quotidiani, facendo propria l’espressione utilizzata durante la telefonata registrata del sindaco Antonellis, sembra nel suo articolo avvalorare la teoria dell’esistenza di una “massoneria cattolica” di cui – udite udite – il grande maestro sarebbe niente altri che Amedeo Piva. Mentre l’altro cronista scomoda addirittura “il cerchio magico” di bossiana memoria (quello del Trota laureato a Tirana) per il nostro Amedeo.
Che, è appena il caso di dirlo, non risulta minimamente coinvolto nell’inchiesta in corso (non è iscritto nel registro degli indagati della procura dell’Aquila, così come non lo è neppure il sindaco Antonellis) e che viene qualificato in uno dei due articoli in modo sbrigativo come “funzionario delle Ferrovie e dirigente del Pd”.
Posto che Amedeo ha lasciato il suo incarico in Ferrovie più di un anno fa (ah, la verifica della correttezza delle informazioni!), far figurare una persona – citando una sola intercettazione telefonica e senza sapere evidentemente di chi si stia parlando – come “l’uomo del Vaticano” e il rappresentante “di quella massoneria cattolica che comanda” appare come una leggerezza piuttosto grossolana.
La verità è, come spesso accade, molto più semplice e lineare.
Queste le parole di Amedeo con gli amici, davanti a una tazzina di caffè: “Alcuni mesi fa, l’allora vescovo ausiliare dell’Aquila, don Giovanni d’Ercole, con cui ho collaborato spesso sul tema della disabilità, mi ha telefonato chiedendomi di richiamare l’attenzione del premier Letta su un emendamento che la conferenza episcopale abruzzese stava presentando ai ministeri competenti. Si trattava della richiesta di applicare anche alla ricostruzione aquilana – ha precisato Amedeo – le procedure più snelle che già erano state approvate per il successivo terremoto emiliano. Tali procedure, che riguardavano la ricostruzione delle chiese e delle opere parrocchiali, avrebbero conferito responsabilità diretta alla conferenza episcopale per permettere alcune accelerazioni burocratiche”.
Il racconto dei fatti prosegue così: “Ho chiesto che mi fosse inviato un appunto da presentare non a Enrico, mi sembrava inopportuno sollecitarlo direttamente, ma alla sua segreteria”, ha chiarito Amedeo. “Beninteso, non alla segreteria politica o a quella personale, ma proprio al segretariato generale. E così ho fatto, contattando il vice segretario generale, Luigi Ferrara, persona che conosco molto bene. Integerrimo! Ferrara mi ha assicurato, una volta esaminato il testo e ritenendolo a una prima lettura accoglibile – anche se molto delicato -, che avrebbe passato la nota all’ufficio legislativo. Mi ha altresì sottolineato che la materia era di competenza di vari ministeri e pertanto si sarebbe atteso il percorso correttamente avviato.
A questo punto – ha proseguito Amedeo – ho comunicato il tutto a don Giovanni d’Ercole facendogli presente che, quando il tutto fosse arrivato al Consiglio dei ministri, Enrico Letta avrebbe avuto gli elementi per una rapida valutazione. Fine del mio protagonismo”.
E poi, cosa è successo? “Non ho saputo più niente fino al pomeriggio dell’altro ieri (NdR, mercoledì scorso) – ha risposto Amedeo – quando ho ricevuto un disperato SMS di Antonello Antonellis che mi invitava a leggere i quotidiani. Questo è tutto, per quanto riguarda la mia persona”.
Ma come è potuto accadere tutto questo? Amedeo a questa domanda ha scosso la testa amareggiato. “Certamente per i ruoli da me ricoperti negli anni, e per una mia sensibilità, nel tempo ho stretto una vasta rete di rapporti con il mondo ecclesiastico romano. Spesso poi sono sollecitato a proporre soluzioni a domande del tipo: dove collochiamo questo disabile? Ma è possibile che non si possa trovare una strada per aiutare la nostra casa famiglia? E ancora: perché la ragioneria comunale non paga? Queste mie relazioni vedo che sono state lette e tradotte in potente “rete massonica”. Magari fossi potente!”.
Insomma sembra proprio che non si riesca a uscire dalla (il)logica – non solo giornalistica – del crea e sbatti il mostro in prima pagina.
Impossibile non chiedersi il perché di un simile pressappochismo. Così, a spanne, si potrebbe pensare a un accenno di horror vacui – il pezzo va chiuso, e presto! – e anche a quel giustizialismo “velatamente” anticlericale (i polpettoni di Dan Brown ne hanno fatti di danni in questo Paese!) che tanto ci spiace.
Specie se avvalorato dalla pubblicazione sulle pagine di due dei più popolari e stimabili quotidiani del Paese.