Con l’operazione Mare Nostrum, varata dal governo Letta dopo la tragedia dell’ottobre 2013 a Lampedusa, il nostro Paese aveva dato un segnale di impegno umanitario senza precedenti nei confronti dei profughi del Mediterraneo. Oltre 100mila persone sono state tratte in salvo dalla Marina italiana nel 2014.

Ora basta! (ne abbiamo salvati troppi?), dice il ministro Alfano: «Mare Nostrum si poteva spingere verso il confine del nord Africa per ampliare la zona di ricerca e soccorso. Adesso abbiamo una zona di presidio frontiera: a 30 miglia dalle coste italiane finisce l’Europa, fin lì ci siamo noi. E’ il compito che per dovere dobbiamo fare. Saranno i paesi del Nord Africa che si occuperanno delle operazioni di “search and rescue” nella zona di loro competenza. »  (La Stampa 31/10)

Ce la vedete voi la marina libica che si occupa delle operazioni di “search and rescue”? Più facile credere che se ne occupi Cenerentola…

POPOLI”, il bellissimo magazine internazionale dei gesuiti (che purtroppo chiuderà a fine anno), così commenta la fine di Mare Nostrum: “Il pattugliamento si fermerà a 30 miglia marine dalle nostre coste invece di spingersi in mare aperto e rafforzerà, almeno negli intenti, l’obiettivo della lotta al traffico di esseri umani: l’etichetta con cui si criminalizzano i viaggi della speranza. Deve essere chiaro però che ogni miglio marino in meno rischia di tradursi in un numero imprecisato di vite perdute in più, che ogni euro risparmiato sul bilancio italiano peserà sul  bilancio morale delle tragedie del Mediterraneo. Se i richiedenti asilo non partiranno via mare, non vivranno per questo più sicuri: saranno piuttosto alla mercé dei loro persecutori, ma lontano dai nostri occhi e dalle nostre telecamere. Forse è proprio quello che volevamo”. (POPOLI 31/10)

C’è una cinica perdita di umanità, travestita da calcolo economico, che non sappiamo dove ci porterà. Gwinne Dyer, un affermato commentatore canadese, arriva a chiedersi: “Tra quanto tempo cominceranno a uccidere attivamente la gente in fuga dalle guerre, dalla fame e dai cambiamenti climatici lungo la frontiera mediterranea dell’Europa (e lungo la frontiera marittima settentrionale dell’Australia, il confine tra Stati Uniti e Messico e, probabilmente, il confine settentrionale del Sudafrica)? Probabilmente tra dieci o quindici anni. A quel punto ci saremo tutti abituati all’idea.” (Internazionale 31/10)

E’ una perdita di umanità che affonda le sue radici nell’ignoranza, “spesso si tratta di quella che gli psicologi chiamano «ignoranza razionale»: si decide di non voler sapere. Pensate a certi quotidiani o a certi commentatori. Chi li legge/li ascolta/li guarda non vuol essere informato: chiede solo di essere confermato nei propri pregiudizi. I pregiudizi, infatti, rassicurano: evitano il fastidio del dubbio. Le idee confuse consolano: permettono di lamentarsi senza protestare, di commiserarsi senza impegnarsi”. (Severgnini,)

Non ci piacciono i pregiudizi e non ci piacciono le idee confuse: ci piacciono il fastidio del dubbio e l’impegno che non si commisera, ma forse siamo già oltre il trentesimo miglio.