Il menu della settimana scorsa ha offerto: colpi di coda dei fatti di Parigi, il “punio” del papa e le ragazzine liberate in Siria. Siamo in pieno “schiumone” sulla storia del riscatto e di tutto quello che si sarebbe potuto fare con quei soldi, ma durerà al massimo un paio di giorni ancora.
E poi? Che prevede il menu della prossima settimana?
Il totonome per il Quirinale (ma non è roba forte), qualche altro barcone rovesciato (e chi li conta più), Putin a Sanremo?
Una volta le notizie ce le facevamo durare, oggi le consumiamo alla velocità di internet.
Divoriamo guerre, attentati, gossip, voti di fiducia, statistiche e omicidi come noccioline e più ne divoriamo più ne vogliamo, nel calderone dei commenti si mescolano questioni filosofiche e pettegolezzi, dettagli sulla macchina degli attentatori e teologia islamica… il paradiso dei tuttologi!
Siamo proprio sicuri che la qualità è figlia della quantità?
Siamo proprio sicuri che abbuffarsi è il miglior modo di nutrirsi?
Mi viene in mente il bellissimo discorso che fa il protagonista della “Leggenda del pianista sull’oceano” nel monologo finale: “Tu pensa a un pianoforte. I tasti iniziano? I tasti finiscono! Tu lo sai che sono 88 e su questo nessuno può fregarti. Non sono infiniti loro. Tu sei infinito. E dentro quegli 88 tasti, la musica che puoi fare è infinita. Questo a me piace. In questo posso vivere. Ma se davanti a me si srotola una tastiera di milioni di tasti… milioni e miliardi di tasti che non finiscono mai… E questa è la verità… che non finiscono mai. Quella tastiera è infinita. Ma se quella tastiera è infinita allora su quella tastiera non c’è musica che puoi suonare. E sei seduto sul seggiolino sbagliato. Quello è il pianoforte su cui suona Dio… “ (QUI)
Forse è il caso di ridefinire la tastiera: ognuno la sua. Ridefinire i confini di ciò che davvero ci interessa, di ciò che davvero riteniamo importante e suonare quello che possiamo e sappiamo sui nostri 88 tasti. Selezioniamo noi con cura la musica da ascoltare perché molta è solo rumore di fondo.