Siamo passati in poche ore dal terrore per l’ISIS sul raccordo anulare all’indignazione per i danni alla fontana del Bernini di Piazza di Spagna.
Stessa intensità, stessi titoloni, stessa passione.
L’aglio nell’amatriciana non si mette e le teste dei nemici non si tagliano, ma non è la stessa cosa.
Stiamo perdendo la capacità di modulare l’intensità, si è rotto il regolatore del volume.
Una notizia vale l’altra, purché il titolo sia pieno. Non credo al complotto dei media, né che dipenda (solo) dalla superficialità dei giornalisti; penso piuttosto che dipenda dalla nostra diminuita capacità di valutare le informazioni, di cogliere il “piano” al quale si riferiscono e quindi la loro significatività e il loro peso.
Dobbiamo probabilmente rimettere ordine nel nostro hard disk mentale: buttare via i files di scarso interesse, ma soprattutto “rinominare le cartelle”. Cominciamo dai grandi capitoli, quelli per noi più importanti, e poi -al loro interno- organizziamo le sottocartelle nel modo giusto (per intenderci, il jobs act è sotto “politiche del lavoro”, non sotto “tifo calcistico”).
Sarà più facile leggere un giornale, trattenere quello che conta e dimenticare quello che non serve. Altrimenti, alla domanda se siamo buddhisti o interisti, rischiamo di rispondere: non saprei… metà e metà… ci sto riflettendo.