“Ci stiamo mangiando Roma”, dopo il grande successo de “Il mondo di mezzo”, spopola nelle sale in questi giorni. Il film è lo stesso, la trama è la stessa e il regista è sempre Buzzi;  nuovi invece alcuni interpreti che nella prima uscita erano rimasti nel backstage: consiglieri regionali e comunali, sindaci, funzionari pubblici, manager di cooperative. Nomi nuovi, alcuni da “non ci posso credere!”, altri da “l’avevo sempre pensato!” (intercambiabili a seconda del lettore).

Ci sarebbe da sbadigliare per la noia se non fosse che dietro la girandola di nomi e di cifre ci sono servizi non resi, persone in difficoltà non accolte, posti di lavoro persi, fiducia mal riposta, degrado moltiplicato. Solo lo zainetto per Odevaine con i 30.000 euro vale l’accoglienza di cinque rifugiati per sei mesi; mi chiedo: “dove sono quei cinque rifugiati? dove hanno passato l’inverno? Su quale panchina?”. Ovviamente è solo un esempio e anche lo zainetto di Odevaine è solo un esempio, ma le cifre di cui si parla ormai sono a sei zeri (il CARA di Mineo “una mangiatoia da duecento milioni”) e i servizi rubati a chi ne ha bisogno o diritto sono un sopruso intollerabile.

Scrivevo a dicembre, commentando il primo film, che “far credere che fra ladri e derubati non c’è tanta differenza è sempre stata la tesi dei ladri” ed è proprio questa la prima tentazione a cui dobbiamo resistere: quella di credere che alla fine tutti sono uguali e non c’è speranza che le cose cambino. La seconda è quella opposta del “tutti a casa, resettiamo tutto”, immaginando magiche palingenesi.

L’associazione PRIME ha scelto per la Giornata Mondiale del Rifugiato il tema “Mafia Capitale: Cosa si è perso oltre ai fondi?”. È il dito nella piaga. Il vero rischio, la vera posta in gioco, è di perdere la fiducia e la credibilità. Sarebbe davvero la fine, sarebbe tagliare le gambe anche alla speranza.

C’è poco da sognare: la macchina è fatta di persone e di regole; fa acqua perché le regole sono fatte male (rigide sui moscerini e lasche sugli elefanti) e -soprattutto- perché le persone scelte sono a volte avide e disoneste. Bisogna lavorare pazientemente su tutti e due i fronti con la fiducia di chi ci crede e il disincanto di chi non si aspetta magìe.