La nostra pigrizia mentale ci induce a riportare tutto soltanto sulle nostre differenze e non riesce ad andare aldilà di esse. Un esempio banale: io sono in Italia da 33 anni, ho studiato all?Università di Bologna, mi sono laureato in Medicina e Chirurgia. In questi 33 anni ho mangiato tortellini, lasagne, tagliatelle, ho bevuto vino. In questi 33 anni ho potuto leggere da Dante a Moravia a Erri De Luca, ho ascoltato la musica da Verdi a Rossini, fino a Vasco Rossi.
In questi 33 anni ho vissuto tutti gli scioperi, le crisi di governo, i festival di San Remo. In questi 33 anni ho sposato un?italiana, ho due figli italianissimi. Vivo nel profondo Nord, ma quando esco per strada un ragazzino di 7 anni mi vede e mi fa ?Extracomunitario!?.
La nostra pigrizia mentale si basa e giudica le cose in base all?esteriorità, alle nostre differenze. Oggi quello che manca in questa società, che sembra avere mille mezzi per comunicare, è proprio la comunicazione.
Avete fatto tutti l?esperienza di salire su un ascensore: ci guardiamo tutti la punta dei piedi; oppure guardiamo quello che è scritto nell?angolo: ?capienza 200 kg?.
Pur di non dover scambiare parole tra di noi ci riduciamo a questo. Nel Nord dove abito qualcuno mi dice: ?visto che ormai ci siamo in questo palazzo, tu sei sul mio pianerottolo, facciamo che io apro la mia porta, tu puoi venire a visitarmi, ma visto che mi son padrun a ca? mia, tu devi dimenticare quello che sei e diventare come me?. Accidenti, questo è un palazzo assimilante!
Proviamo a scendere dal palazzo: proviamo a scendere nella piazza, a far interagire queste diverse culture, a fare interazione delle nostre diverse integrità. Parlare di integrazione senza parlare di interazione delle nostre integrità è non aver capito il significato della parola. Le nostre radici da sole non hanno nessun senso.
Tutti credono che così perdiamo la nostra identità. Ma cos?è questa cosa? Qualcuno dice che è quella scritta sulla nostra carta d?identità.
Io sulla mia ho scritto un nome che non ho scelto, cognome che non ho scelto, data di nascita che non ho scelto: non c?è niente della mia identità, su quella carta d?identità.
Allora cos?è la mia identità, che io ho così paura di perdere? È l?altro che aiuta la mia identità a crescere: io ho bisogno dell?altro per definirmi, per essere quello che io sono. Se rifiuto l?altro io non esisto, la mia identità si forma e si trasforma in continuazione, i miei confini non sono rigidi, sono porosi, permeabili.