ROMA – Cattive notizie dal fronte povertà. Nonostante i dati Istat, recentemente diffusi, parlino di sostanziale stabilizzazione dell’incidenza della povertà relativa e assoluta in Italia, il “Rapporto sulle politiche contro la povertà e l’esclusione sociale” della Commissione di indagine sull’esclusione sociale (Cies), mette a fuoco un quadro dove spiccano più ombre che luci. Secondo l’Istat nel 2009 la percentuale di famiglie in condizione di povertà relativa, che nel 2008 era giunta all’11,3%, si stabilizza su un livello del 10,8% (corrispondente a 2.657.000 famiglie) e quella degli individui al 13,1% della popolazione (7.810.000 persone) contro il 13,6% dell’anno precedente (8.078.000). Tuttavia – sottolineano i curatori del Rapporto – la stabilizzazione del tasso di incidenza della povertà relativa si configura più come un risultato di tipo prettamente statistico che come un fenomeno “reale”. Nel 2009, infatti, per la prima volta da quando esiste l’indice, la “linea di povertà relativa” è diminuita di 16,66 euro rispetto all’anno precedente. Si è passati, infatti, da 999,67 a 983,01 euro, scendendo al di sotto dello stesso livello del 2007, quando era stata di 983,35 euro. Si tratta – si legge ancora – di un “arresto della crescita di benessere del paese” che non ha precedenti, ma anche dell’effetto diretto della “brusca caduta” del reddito medio e della spesa media delle famiglie nel loro complesso.

Inoltre, se si considera lo stesso indicatore calcolato con “soglia ancorata” all’anno precedente (cioè “depurata” dell’effetto prodotto dalla variazione complessiva della spesa per consumi, compresa quella della popolazione “non povera”, ed aggiornata solo al tasso di inflazione), che l’Istat comunque calcola e segnala, il dato cambia. Con una “linea di povertà” così calcolata (pari a 1007,67 euro, corrispondenti alla soglia del 2008 aggiornata alla sola variazione dei prezzi) l’incidenza della povertà relativa nel 2009 risulta pari all’11,7%, superiore di circa mezzo punto percentuale a quella del 2008 e di quasi un punto percentuale rispetto all’indice con soglia non ancorata. Ciò significa che circa 223.000 famiglie, con un livello di spesa inferiore a quello dell’anno precedente e che le avrebbe fatte registrare come povere nel 2008, non risultano tuttavia tali (in base all’indicatore con “linea di povertà non ancorata”) nel 2009 in seguito al peggioramento generale del Paese. Si tratta – come lo stesso Istat ricorda – delle famiglie che hanno conseguito livelli di spesa lievemente inferiori, a prezzi costanti, a quelli del 2008, ma che non risultano povere se si tiene conto della diminuzione delle condizioni di vita medie della popolazione”.

Per la prima volta, inoltre, l’incidenza della povertà varia da regione a regione, in modo indipendente rispetto alla classica ripartizione Nord, Centro, Sud. Accanto a regioni che mostrano una relativa stabilità come la Lombardia, il Veneto, l’Emilia Romagna, la Toscana, la Campania e ad altre che fanno registrare – con soglia non ancorata – significativi miglioramenti (Liguria, Umbria, Lazio, Molise – dove addirittura l’indice risulta diminuito di 7,6 punti percentuali – Basilicata, Sicilia), ve ne sono altre dove si assiste a un netto peggioramento: Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia, Marche, Calabria e Sardegna. Un ulteriore elemento segnalato dal rapporto è l’ulteriore diminuzione della spesa media delle famiglie già povere, che evidenzia il grado di “intensità” della povertà. Nel 2009 – si legge – le famiglie povere mostrano una spesa media di circa 6 euro al mese inferiore a quella del 2008: 779 euro mensili contro i 784 del 2008. Il fenomeno, poi, si presenta particolarmente preoccupante nel Sud e nelle Isole, dove la spesa media mensile equivalente delle famiglie povere è di circa 50 euro inferiore a quella delle famiglie povere del Centro-Nord: 762 euro contro rispettivamente gli 811 e 812 del Centro e del Nord.

Tra i punti di criticità messi in luce dal Rapporto vi è, infine, l’impennata di richieste di finanziamento a brevissimo tempo, che nel 2009 sono cresciute del 60% rispetto al 2008, quando l’aumento era stato del 26% sull’anno precedente. A questo va aggiunta la “significativa e preoccupante” contrazione del risparmio delle famiglie, pari all’8,7% rispetto al 2008.
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