ROMA – La povertà come risultato della solitudine e della mancanza di relazioni umane, il ruolo della società civile e l’enfasi sul concetto del dono. Ma anche il principio “più società meno Stato” come strada per combattere la povertà. Questi i punti fondamentali dell’intervento di Lorenzo Malagola, da poco capo della segreteria tecnica del ministro del Welfare Maurizio Sacconi, durante la presentazione nella sede del Cnel del “Rapporto sulle politiche contro la povertà e l’esclusione sociale” realizzato dalla Commissione di indagine sulla esclusione sociale (Cies). Nel corso dell’intervento – che è stato accolto piuttosto freddamente e in alcuni momenti da qualche contestazione dal pubblico di esperti e operatori presenti in sala – Malagola ha illustrato la visione politica e culturale e i passi che il governo sta portando avanti nella battaglia per il contrasto alla povertà. “La povertà è sempre esistita in tutte le società e sempre esisterà” ha affermato il capo segreteria del ministro. “Dobbiamo sì combatterla e prevenirla – ha aggiunto – ma non coltivo l’illusione che una società perfetta sia quella dove non ci sia povertà”.

La povertà, dunque, non dipende dal “malgoverno”, ha aggiunto Malagola, ma si tratta di una condizione legata alla natura stessa dell’uomo e “non è riconducibile unicamente e innanzitutto a una condizione reddituale”. “È legata invece a una dimensione sociale e a una dimensione di solitudine”, ha precisato, ricordando anche come per l’Anno europeo di lotta alla povertà e all’esclusione sociale il governo abbia voluto realizzare una Campagna per il dono contro la solitudine e la povertà intitolata “Aiuta l’Italia che aiuta”. “Le associazioni – ha detto ancora il rappresentante del ministero – ci dicono che la prima causa di povertà è proprio la mancanza di rapporti umani che possono prevenire la caduta in povertà”. La mancanza di famiglia, l’insorgere di una malattia, la perdita del lavoro sono tutte cause che “possono essere prevenute e attenuate” in presenza di una rete sociale. “Il fatto che la povertà coincida con la solitudine chiama a una responsabilità condivisa sia da parte dello Stato che della società civile”, ha detto ancora Malagola, che poi ha aggiunto: “Siamo chiamati alla definizione di un nuovo modello di Stato” che si traduce in un “nuovo ruolo dello Stato, del mercato e della società civile”. Ciò vuol dire che “lo Stato deve fare oggi un passo indietro e crescere nella sua autorevolezza”, mentre nessuno può rispondere alla povertà “se non la società civile, se non quelli che mi stanno accanto, se non quelli che ci sono già passati”. Dare priorità al ruolo della società civile non vuole dire però “esternalizzazione”, ma piuttosto una “ridefinizione del ruolo dello Stato”, che è chiamato a “fare indirizzo e controllo ma non erogazione”. “In questo modo – ha chiarito Malagola – si possono liberare energie sociali fino a questo momento inespresse”.

Il caposegreteria del ministro si è poi soffermato sulla “esperienza del dono” definita come “centrale nella risposta all’esclusione sociale” e “prioritaria perché la più connaturata all’esperienza della società”. Una realtà, quest’ultima, che “lo Stato è chiamato a riconoscere e a promuovere”. Da riscoprire, infine, anche il ruolo delle molte imprese che “oggi stanno promuovendo un welfare aziendale”. “Oggi viene riscoperta la valenza sociale connaturata al fare impresa”, ha aggiunto Malagola. Si tratta di una via che può essere facilitata attraverso le agevolazioni fiscali: in altre parole, “la leva fiscale come strumento per costruire un nuovo welfare”. Un’enfasi particolare va infine rivolta alla famiglia, definita “il primo luogo dove la persona si forma” e “il primo strumento per prevenire la povertà”. “In questo senso molto c’è ancora da fare – ha precisato –. Ma siamo altrettanto consapevoli che non c’è altra soluzione, qui si gioca il nuovo modello di welfare che vogliamo costruire”. Quanto al reddito minimo Malagola ha detto: “I sostenitori del reddito minimo hanno già avuto un’opportunità”. “Sono convinto – ha spiegato – che prima di riproporre uno strumento di questo tipo sono necessarie la riforma dell’Isee e la riforma della Pubblica amministrazione. Ributtare in campo il reddito minimo senza aver risolto questioni così importanti – ha concluso – rischia di deludere le aspettative”. (ap)

Redattore sociale.