Se chiedessimo ad un celiaco quando si mangia la pasta e quando il pane, risponderebbe correttamente “la pasta per prima cosa, il pane durante il pasto”. Ma non li ha mai mangiati. Se facessimo la stessa domanda ad un obeso in dieta ferrea, risponderebbe “lasciatemi perdere, guardate come sono ridotto: non ne voglio più sapere né di pasta né di pane”.

In un Paese economicamente e culturalmente  depresso come il nostro i celiaci della politica sono i nostri giovani. E ne hanno tutti i motivi.  In aprile 2012 il tasso di disoccupazione giovanile (relativo alla fascia di età dai 15 ai 24 anni) risulta pari al 35,2%, contro un tasso di disoccupazione generale del 10,2%, con punte superiori al 50% al Sud. E ancora più allarmante è la progressione dei cosiddetti giovani Neet (‘Not in Education, Employment or Training’) i giovani cioè che non fanno niente : non lavorano né si formano. Nel triennio 2005-2008, i ‘Neet’ tra i 15 e i 29 anni erano poco meno di 2 milioni, pari al 20% della popolazione nella stessa fascia d’età, mentre nel 2010 hanno raggiunto quota 2,3 milioni, circa il 23,4%.

Nel recente primo incontro di un ciclo mensile su “La crisi della Sovranità” organizzato dal CENSIS (6 giugno) dal titolo “Dove sta oggi la sovranità” ci si è molto dilungati sulla tabella 2 del Rapporto. La tabella segmentava per fasce d’età le risposte ad una tanto apparentemente semplice quanto invece complessa domanda rivolta agli italiani: “Competenti o eletti dal popolo: di chi ha più bisogno l’ Italia in questa fase ai vertici della cosa pubblica?”. Le possibili risposte erano ovviamente di due tipi: persone competenti (vedi tecnici) o persone elette dal popolo (politici).

Il grande stupore della sala è stato quello di vedere come il più alto gradimento dei “politici” fosse espresso dai giovani tra i 18-29 anni (53,8%). Da qui tutta una serie di deduzioni sia dal palco che dalla platea sulle “ aspettative di vita” nella nostra democrazia, più lunghe del previsto, su un futuro roseo di condivisione di valori democratici, sul predominio della politica rappresentativa sul freddo tecnicismo delle competenze nelle giovani generazioni.

Io invece, molto meno propenso ad esultare e critico, rileggerei questa risposta in chiave “celiaca”. Chi si è formato o è nato sotto il berlusconismo, manterrà purtroppo questa radioattività addosso per molti anni. In fondo il berlusconismo, svuotando la politica di valori di cittadinanza, l’ha relegata a mero momento di scontro pre-elettorale sempre attivo. La politica urlata –come molti programmi Mediaset-  ha allontanato alla lunga l’affezione verso le istituzioni, verso la partecipazione diretta, verso la politica partecipata. Di questo svuotamento progressivo se ne sono imbevuti soprattutto i giovani. La risposta pertanto che loro danno apparentemente di preferenza verso i politici eletti dal popolo rispetto  ai tecnici è secondo me una risposta solo superficiale, di banale routine, che rispecchia proprio il vuoto e l’allontanamento dalla politica. Preferisco gli eletti perché è “normale” “è sempre stato così”, “è meglio delegare ad altri che impegnarsi in prima persona”.  Non a caso nella stessa tabella coloro i quali preferiscono i tecnici ai politici si condensano nelle classi di età più anziane. Sono questi gli obesi della politica, coloro che hanno masticato ideali, valori, ideologie per tanti anni e ora, delusi dagli “eletti” riversano le loro speranze più sui “competenti”. Anche questo è un sintomo di crisi, altre macerie del   berlusconismo.  Così  il 55% degli italiani si pronuncia a favore dei “competenti, non importa  se eletti dal popolo, purché facciano se necessario anche cose impopolari”.

Ma attenzione: parliamo di “competenti” o di “appartenenti”? Siamo sicuri che siamo guidati da “competenti” asettici e tecnocrati, e non da “appartenenti”, espressione cioè di quello stesso mondo della finanza che ci impone sacrifici dopo aver creato la grande crisi finanziaria globale? È il dubbio finale di De Rita, da cui trapela un forte scetticismo (che condivido) sull’attuale governo tecnico. In questa  crisi generale della sovranità anche questo governo pian piano sta affondando portandosi dietro tutti i suoi puntelli.