Il Sudan.
Un paese segnato dalla guerra civile tra Nord e Sud ancor prima della sua nascita, nel 1956, con il riconoscimento dell?indipendenza dalla Gran Bretagna. Cinquanta anni che racchiudono i tratti salienti delle guerre africane: la strumentalizzazione del conflitto religioso (tra Nord arabo e musulmano e Sud nero-africano e multireligioso), il confronto etnico e le separazioni tribali, il controllo dei grandi giacimenti di petrolio, localizzati soprattutto al sud.
A gennaio è stata firmata la pace, che sembra aprire una speranza, ma che certamente non risolverà nell?immediato alcune questioni critiche: il ritorno ai propri villaggi di oltre 4 milioni di sfollati, le divisioni tra gruppi tribali, la costruzione di interi sistemi di infrastrutture.
E l?enorme diffusione di armi leggere e di mine antipersona. Anche Tonj (il villaggio dove sono stata) è pieno di uomini in divisa militare con il mitra sulla spalla, si vedono bambini con arti mutilati a causa delle mine. A un paio di chilometri c?è perfino un albero con una bomba inesplosa incastrata tra i rami. In attesa di essere in qualche modo disinnescata, è naturalmente diventata meta di pellegrinaggio dei tanti bambini della zona.
Tonj, dunque. È l?Africa che si vede in televisione, sui libri: le capanne, i bambini impolverati, nudi o con qualche straccio addosso, le mucche con le grandi corna, le donne colorate che fanno la fila al pozzo e che portano i secchi pieni d?acqua in testa, le scimmie, gli alberi di mango e di papaia, gente che si lava nel fiume, che fa il bucato nel fiume e che di quello stesso fiume poi magari beve l?acqua.
Il villaggio è un insieme di capanne, intermezzate da alcuni mucchi di mattoni che ricordano che qui, prima della guerra, un po? di civiltà era arrivata. Certo, non molta. Non è mai arrivata la corrente elettrica, l?acqua potabile (eccetto qualche pozzo), le strade? ma ora anche quel poco che c?era è distrutto.
È il periodo della stagione secca (solo ad aprile arriveranno le prime piogge). È tutto secco, il fiume, i campi, le piante. Il caldo è soffocante, almeno 40 gradi all?ombra.
Naturalmente è impossibile descrivere in poche parole 10 giorni, ma ci sono alcuni episodi significativi che possono rendere un po? l?idea.
Uno dei primi giorni stavo cercando di insegnare un po? d?inglese a Mathiat, un bambino di 7 anni che, praticamente abbandonato dalla famiglia, vive alla missione con i salesiani. Naturalmente la lezione era più un gioco. Io disegnavo degli oggetti e lui mi doveva dire il nome in inglese. Quindi: una capanna, una mucca, un secchio, il sole, un albero, una palla, un aereo?e poi? E poi sono iniziati i problemi perché non sapevo più cosa disegnare. Non mi veniva in mente nessun altro oggetto che potesse conoscere. La vita è veramente ridotta all?essenziale. Nelle capanne non c?è niente se non il minimo indispensabile per cucinare un po? di mais la sera e a volte un materasso buttato per terra, dove dormono almeno 5 o 6 bambini, accanto a capre e galline.
Ho provato a disegnare una nuvola, una stella?ma lui non li ha mai visti disegnati, per cui?come faceva a capire che quella strana forma a 5 punte, per noi così familiare, rappresenta uno di quei puntini che la notte appaiono nel cielo?
La domenica, la messa (in realtà?tutte le mattine!!!). Piena di gente, soprattutto bambini. Al momento dell?offertorio il sacerdote è davanti all?altare, con un cesto in mano. Piano piano alcune persone qui e là si alzano, si avvicinano, uniscono le mani e lasciano cadere qualcosa nel cestino. Cosa? Niente! È così, questa gente non ha niente da offrire, neanche la più piccola cosa quindi basta il gesto, il pensiero.
E poi ci sono le ragazze dell?internato, ragazze che vengono da villaggi lontani (anche 3 o 4 giorni di cammino) e che quindi per poter frequentare la scuola si fermano alla missione. Un giorno, prima di cena, alla luce della luna abbiamo giocato un po? a calcio. Loro naturalmente giocano scalze. Allora anche io mi sono tolta i sandali e ho provato a fare come loro. In fondo sembrava essere tutta terra morbida, quasi sabbia?sembrava!! Alla fine avevo i piedi distrutti, e dovevo sembrare molto ridicola, contorcendomi in modo strano a ogni sassolino appena troppo appuntito che finiva sotto i miei piedi! Sono carine queste ragazze. Simpatiche, gentili, sempre pronte ad aiutarmi in qualsiasi cosa e a ?scortarmi? nelle passeggiate al villaggio (visto il colore della mia pelle, non passavo certo inosservata).
Sembrano normali adolescenti , forse più educate e premurose del normale?poi però, al momento della cena loro sono sedute per terra, al buio, mangiano tutte da uno stesso piatto, con le mani. E l?acqua è in una tanica di plastica che si passano e che ogni tanto vanno a riempire al pozzo. Dormono in uno stanzone, su dei materassi appoggiati per terra. In fondo un lusso, rispetto alla terra della capanna. Hanno tutte 14, 15 anni, ma sono alle elementari perché a causa della guerra hanno potuto cominciare a studiare solo 3 anni fa.
E presto saranno mogli?. se va bene, se sono alte e magre, per una trentina di mucche!