Come ormai consuetudine riportiamo di seguito alcuni tra i commenti giunti in risposta alla news letter della settimana scorsa che prendeva spunto dalla lettera di Don Milani a Pipetta
Questioni di punti di vista…
Io sto con don Milani, che dicendo di non rimanere con Pipetta ha voluto semplicemente sottolineare la sua grande missione a non vestirsi del potere. A ognuno il suo. Don Milani era uno di quei profeti che non devono andare al potere, ma che il potere deve ascoltare per fare un servizio degno. Monica
Letto, il passaggio su don Milani e soprattutto il commento che ne fai. Nulla da dire, sono d’accordo, se ho capito bene. Credo che fra i mali più radicati e pericolosi della nostra società Italiana ci sia proprio l’interminabile tramonto di ideologismi del tipo di quello che caratterizza la citazione del priore di Barbiana: quando questo sole malato che ha scaldato all’inverosimile le cervici di tanti nostri pur validi contemporanei sarà definitivamente tramontato, se non sarà troppo tardi forse ritroveremo la capacità di guardare alla realtà con spirito pratico e di agire di conseguenza per accettarla, modificarla e migliorarla.
Quanto al cenno che fai alle conseguenze di un troppo continuato criticismo ecclesiale, ho già detto a suo tempo quello che penso: dire chiaramente, liberamente,e anche ripetutamente, ma poi saper tacere: questo continuo salire della tensione non giova al Paese e nemmeno alla sua Chiesa locale:alcune conseguenze si sono già viste altre se ne vedranno, la misura della Chiesa non è la vittoria ma l’insegnamento libero, chiaro, fermo e poi il silenzio.
Felice Celato
Caro Amedeo, penso che sia difficile per noi valutare adeguatamente l’opportunità o meno degli interventi di d. Milani, data la profonda diversità di situazione. Lo stesso d. Milani se vivesse ora probabilmente non ripeterebbe meccanicamente gli atteggiamenti di allora. Il tenore stesso della lettera lo fa capire: non è un’ideologia a cui d. Milano è attaccato, ma ai “perdenti”, ai “maltrattati” e al Crocifisso. Mi pare proprio l’opposto di un ideologismo ottuso. Quello che rimane permanente della lettera a Pipetta di d. Milani, e mi pare che possa essere un buon criterio anche oggi, è che una situazione e una direzione storica vanno giudicate sugli effetti prodotti nelle zone basse della società. Ciò almeno in prospettiva cristiana, e fin che dura la speranza che valga la pena di impegnarsi per non lasciar cadere in basso, e se possibile innalzare, il grado di giustizia nel Paese. No, naturalmente, se si accetta la “disperazione” del neo-liberismo, che è ideologia.
Non trovi che sia paradossale che debba essere la Banca d’Italia a dire che i salari di troppe famiglie sono troppo bassi? Non trovi che in questo ultimo tratto di vicende italiane c’è stato uno spostamento molto grande di ricchezza dalla “gente comune” verso zone privilegiate che invece hanno visto ingigantirsi i loro introiti senza che, in troppi casi, ciò fosse a fonte di capacità professionali, volume di lavoro o altro che lo potesse giustificare? Chino
Caro Amedeo,
le colpe non vengono da lontano ma dal “lercio comportamento” dei politici di oggi…!
Roberto