Gli episodi di bullismo contro bambini stranieri verificatisi (in particolare a marzo) nelle scuole medie di Modena hanno sottolineato che la loro presenza a scuola non può più essere affrontata come un mero fatto quantitativo,come di solito accade, ma che esiste del problema un aspetto qualitativo tuttora da indagare. Oltre a sapere quanti sono e da dove vengono, sarebbe ora di cominciare a conoscere il tipo di accoglienza che ricevono e come la vivono. Per questo risulta essere particolarmente significativa la ricerca «Interculturalità e integrazione nella scuola elementare. Il punto di vista del bambino straniero» che il Vis (è l?ong Volontariato internazionale Sviluppo) ha condotto nelle scuole di Roma per conto del ministero della Pubblica istruzione.
Secondo tale indagine il principale parametro d?integrazione con i compagni è «quando ti chiamano a giocare con loro»;il secondo parametro è «raccontare/confidare segreti».
Il primo incontro con i coetanei italiani è stato connotato «da tranquillità» per il 56 per cento dei bambini stranieri; «da smarrimento» per il 21%, «da non comunicazione e vergogna per la lingua» (13%), «da emozione e curiosità» per il restante 10%.
La discriminante principale per l?identificazione del bambino straniero è la lingua che quindi diventa un parametro d?integrazione forte tanto che, per contro, dall?analisi dei questionari risulta che i bimbi italiani e gli insegnanti considerano ?più straniero? più diverso, l?alunno che conosce meno la nuova lingua.
Se i bambini stranieri conoscono amici italiani soprattutto con favole e giochi, vorrebbero però sapere «cosa pensano davvero di loro» e «conoscerne la lingua».
Il parametro d?integrazione scolastica è «quando prendo buoni voti» seguito da «quando capisco subito quello che spiega la maestra» e le loro aspettative sono «saper parlare e scrivere bene» o «fare un buon lavoro qui in Italia» (è per questi due obiettivi che i bambini stranieri dicono di impegnarsi). La migliore integrazione sembra essere stata ottenuta da chi alla domanda «In classe quando devi disegnare o giocare in gruppo che fai?» ha risposto: «Vado nel gruppo già formato che mi piace di più».
Agli alunni romani è stato chiesto quali siano le cose più importanti nella vita. Per i bambini stranieri sono nell?ordine: «la famiglia, la scuola, gli amici»; per quelli italiani sono le stesse ma con un diverso ordine:«gli amici, la famiglia, la scuola». Secondo le autrici della ricerca (Paola Pinelli, Maria Cristina Ranuzzi, Daniela Coppola, Lorenza Decarli) il bambino straniero non è portatore a scuola della propria cultura, semmai di tutte quelle modalità di rapportarsi con i compagni e l?insegnante che dipendono dalle culture di provenienza.
Per questo non è parlando dell?Islam in classe che si fa intercultura bensì favorendo in ogni modo la socializzazione fra bimbi di culture diverse, attraverso laboratori dell?identità, in modo tale che l?impegno interculturale sia educazione alla convivenza.
Non resta che attendere un?indagine analoga per i ragazzi stranieri che frequentano le scuole medie modenesi.
Integrazione vuol dire? Il punto di vista dei bambini stranieri