Recentemente il Santo Padre, parlando dell?Europa Unita, ha usato la metafora della ?sinfonia? (?). L?Europa, secondo Giovanni Paolo II, potrà essere ancora più unita, forte e solidale se saprà valorizzare e armonizzare la diversità culturale e storica delle sue nazioni componenti.
(?) Trasferendo la metafora della sinfonia nell?attuale dibattito politico avviato in questi giorni da Romano Prodi, non v?è dubbio che, come già dimostrato con la creazione dell?Ulivo, la vittoria elettorale del 1996 fu possibile in quanto questo primo tentativo di ?sinfonia? di soggetti politici diversi (senza sovrapposizione o omologazione, ma nei limiti di un equilibrato accostamento di tradizioni e valori diversi) creò quel valore aggiunto che permise quello scatto di orgoglio unitario nell?elettorato riformista italiano che portò alla vittoria dell?aprile 96.
Ma come non esiste sinfonia senza una partitura unitaria, quando gli strumenti musicali (ovvero i soggetti politici in campo) cominciarono a suonare ognuno per proprio conto accavallandosi gli uni sugli altri, arrivò l?inevitabile sconfitta. Questa esperienza a distanza di sette anni ? come bene ha fatto Romano Prodi a sottolineare ? va metabolizzata, ripensata, riproposta, rafforzata, allargata. Ciò non deve assolutamente implicare per chi accetterà di partecipare a questo progetto politico né omologazione né chiusure settarie. Il giusto equilibrio è quello di concorrere ognuno con la propria diversità alla costituzione di una visione comune e plurale del futuro dell?Italia, dove ogni diversità si trasformi in opportunità di dialogo con gli altri soggetti politici riformisti e favorisca un più stringente radicamento con la società civile, ?il popolo? come recentemente ha insistito Alberoni sul Corriere della Sera (11 agosto 2003). Quel popolo che, secondo il sociologo, ha bisogno di credere, di essere fedele, ?che costituisce il cemento di qualsiasi formazione politica o religiosa? e che agisce in propria autonomia ? anche dai partiti ? creando i propri eroi, che ha bisogno di credere in quei grandi ideali, una volta rappresentati dalle ideologie, che cementano il bisogno di sentirsi uniti. Uniti e diversi, come è avvenuto secondo Alberoni per il popolo comunista che prima piangeva la morte di Togliatti, ?poi ha accettato ogni trasformazione, ma ha continuato a sentirsi un popolo unito, differente dagli altri?. La cognizione della diversità quindi è un fattore coagulante: la diversità ? potremmo paradossalmente concludere ? unisce.
Poiché la nostra società civile è fondamentalmente polimorfa, e poiché l?esigenza che comunque proviene da essa è quella di una ricomposizione unitaria delle forze riformiste, lo sforzo che occorre intraprendere è quello proprio di dare forma politica ad un soggetto nuovo che sia al contempo polimorfo e unitario, tale poter relazionarsi alle diverse culture e tradizioni che ispirano il ?popolo? riformista italiano (dalla cattolica alla socialista alla comunista), garantendo per ogni componente il giusto collegamento politico e riconoscibilità, pur in un unico progetto per l?Italia espressamente condiviso da tutti. Diversità quindi che deve esprimersi in specifico contributo politico, ma che preliminarmente ha bisogno di un?attenta riflessione e presa di coscienza della propria identità politica, dell?affermazione delle proprie radici storiche e culturali. Identità, diversità, unità saranno i tre poli dialettici su cui tutti i soggetti politici che vorranno partecipare alla costruzione del nuovo partito riformista auspicato da Romano Prodi dovranno rapportarsi nei prossimi mesi.
Una riflessione in vista della costruzione del nuovo partito auspicato da Prodi