Uno schiaffo alla cultura, anzi, uno schiaffone verso tutti gli studiosi che per anni hanno volto le loro competenze alla ricerca, al ritrovamento ed all?interpretazione di molte opere che, dietro un?apparente scarso valore commerciale, sono state spesso pietre miliari per la conoscenza di percorsi storici compiuti da artisti e scuole dei secoli passati. Un calcio alla storia ed alla cultura dell?Italia.
A dare questo smacco è stato proprio il ministro ai Beni Culturali Giorgio Urbani che, con il decretone collegato alla Finanziaria, propone di affidare semplicemente al ?silenzio-assenso? delle soprintendenze la dichiarazione di alienabilità del patrimonio culturale. Si tratta della volontà del Governo di superare la legge Ronchey con un nuovo Codice dei Beni Culturali con cui si intenderebbe disciplinare la tutela dell?intero patrimonio, ma, in realtà compromette proprio questa tutela.
Nell?ambito di queste indicazioni alquanto indefinite, giunge la norma che invita esplicitamente i privati sia alla gestione dei servizi di promozione dei beni culturali? già consentita ? ma anche alla gestione personale del patrimonio stesso. Quindi privati nella gestione e privati invitati all?acquisto di tutta quella parte del patrimonio che non sarà più dichiarata esplicitamente di interesse culturale. Ma chi saranno le persone che, nelle diverse soprintendenze italiane, sceglieranno le opere da conservare per il pubblico e quelle che si potranno vendere perché, da oggi, non interessano più? E perché non interessano più? Su quale base si prenderanno queste decisioni, forse si riuniranno commissioni di studiosi e ricercatori internazionali? Sembra difficile, dal momento che per proporre questa legge non si sono sentite le associazioni ne le organizzazioni impegnate nella tutela del patrimonio artistico. Possibile che non si sappia che per conoscere un quadro storico artistico, a volte è necessario anche un frammento ritenuto da molti ?insulso??
Fa accapponare la pelle il solo pensiero che da un giorno all?altro opere contenute nei musei, archivi e collezioni, nonché strutture edilizie possano entrare fra le mani di privati togliendole alla fruizione del pubblico.
Il sottosegretario Nicola Bono difende la legge spiegando in un intervista di Enzo Cirillo su Repubblica che ?l?elenco dei beni culturali inalienabili è aumentato?, ma se i paletti del codice non basteranno per evitare la svendita, ?interverremo con un decreto amministrativo che cercherà di correggere la procedura del silenzio assenso dando anche più potere di interdizione alle soprintendenze?. Prima di allora che fine avranno fatto molte opere oggi di pubblica fruizione? Si attendono chiarimenti che spazzino via i timori e le mortificazioni.
Lo schiaffo poi è ancora più ?sonoro? grazie ad una legge, presentata dal ministro dell?Ambiente Matteoli, in via di definizione: la depenalizzazione dei reati di chi ha deturpato le aree paesaggistiche: quindi saranno eliminate le sanzioni penali per chi edifica in aree protette. Chissà se il buon senso giungerà al momento della definizione della legge. Confidiamo che il ministro abbia ancora a cuore la salvaguardia del paese.