I capitali investiti nel settore dell?innovazione tecnologica sono storicamente scarsi in Italia, a differenza di un Paese dalle grandi risorse, come gli Stati Uniti d?America.
L?Italia è una Nazione relativamente giovane, giunta all?industrializzazione solo di recente ed in modo caotico, presentando non poche diseconomie settoriali e territoriali. La sua classe politica per raggiungere questo obbiettivo, sin dagli anni ?80 del XIX secolo, ha sostenuto le imprese attraverso protezioni doganali, commesse e sovvenzioni. Ne è emersa un?industria pesante protetta, che in quanto tale, non si è certo prodigata in forti e coerenti investimenti tecnologici, tali da sbaragliare la concorrenza internazionale. La tendenza storica dello Stato alla protezione delle imprese la si può registrare anche negli ultimi anni.
Secondo quanto pubblicato dalla Gazzetta del Mezzogiorno, la politica finanziaria della Cassa del Mezzogiorno e più in generale dello Stato, con il finanziamento diretto alle imprese meridionali, rappresenta una forma assistenziale pericolosa e dispendiosa, senza puntare ad uno sviluppo infrastrutturale, come si registra invece nel Nord d?Italia.
I recenti sussidi statali per l?acquisto di auto Fiat, attraverso la rottamazione di auto usate, evidenziano gli effetti nefasti di una politica forzatamente protezionista, che nel lungo periodo comporta indebolimento della competitività dell?impresa, con conseguente taglio di personale.
Tale osservazione non significa che l?occupazione deve dipendere necessariamente dalla selezione del mercato, ma che va affrontata attraverso strumenti idonei, quali la formazione continua e il controllo dei processi di ristrutturazione industriale, attraverso la legislazione comunitaria e la supervisione delle rappresentanze dei lavoratori, come affermato dall?economista Stefano Palmieri, nel suo recente libro, ?Fusioni e Acquisizioni in Europa?.
Una politica statale di esagerato protezionismo danneggia l?innovazione tecnologica e le imprese stesse, oltre che i bilanci dello stato, a cui tutti noi contribuiamo finanziariamente. Ma come colmare il gap tecnologico che esiste tra l?Italia e gli altri Paesi del G7?
Storicamente lo stato italiano si impegna finanziariamente nei settori strategici, altamente rischiosi per il capitale privato (energia, trasporti, ecc.). Molte imprese italiane sono reticenti ad investire in un campo altrettanto rischioso, come quello dell?innovazione tecnologica, ed è per tale motivo che la nascita di una holding finanziaria statale, con partecipazioni azionarie in imprese particolarmente meritevoli su tale versante, potrebbe rappresentare un ausilio importante per l?economia italiana.
La fame di capitali per l?innovazione nasce da una struttura industriale prevalentemente formata dalle Piccole e medie imprese, che rispetto alle grandi, non godono delle stesse agevolazioni finanziarie statali e di grandi capitali.
Sostenere le Piccole e medie imprese (Pmi) significa anche tutelare i consumatori, il cui mercato è spesso egemonizzato dalle grandi concentrazioni imprenditoriali, che si preoccupano di mantenere i prezzi alti. Segnaliamo in tal senso l?impegno della Regione Friuli, che si sta muovendo verso una politica economica capace di sostenere le Pmi, attraverso una finanziaria regionale, Friulia. Tale Holding detiene importanti partecipazioni nelle imprese locali e rappresenta il volano dello sviluppo economico locale.
Come colmare il gap tecnologico che esiste tra l?Italia e i Paesi del G7?