Erich Fromm afferma che l?aggressività umana ha due nature: la prima, positiva, relativa alla reazione e all?adattamento all?ambiente, l?altra, negativa, relativa al piacere di distruggere. Egli confronta tale aggressività con quella animale e riscontra che quest?ultima presenta solo la prima natura.
Alessandro Baricco nel suo libro recente, l?Iliade, riprende il vecchio spirito dell?antichità preclassica, la guerra è una catarsi, attraverso la quale l?uomo riscopre sé stesso, perché vive delle emozioni estreme, che in tempo di pace sarebbe difficile provare, come lo struggimento, termine caro ai romantici, verso i commilitoni morti in battaglia. Egli riprende quindi, secondo questo filone della storia del sentimento occidentale, l?idea che la guerra possa essere bella. L?estetica della guerra effettivamente è un tema ricorrente della letteratura e della cultura occidentale, ricordiamo il passato recente con i futuristi di Martinetti.
Lo spirito di distruzione è sin dall?infanzia dentro di noi, chi non ha distrutto qualche giocattolo per vedere come era fatto? Una pulsione della nostra mente quasi irrefrenabile. Perché quindi il bambino distrugge? Perché non conosce che cosa è effettivamente quell?oggetto, viene facilmente da pensare. Possiamo dire allora che distruggiamo in molti casi perché non conosciamo? Se la risposta è affermativa, a ragione possiamo pronunciarci nel ritenere che la paura del diverso ci spinge alla sua negazione.
Alessandro Baricco afferma che l?antico guerriero greco, alienato in una condizione non belligerante, ritrova sé stesso nella guerra. Possiamo affermare che chi promuove o conduce una guerra lo fa per ritrovare sé stesso? Se la risposta è positiva, allora ciò implica che l?uomo conosce poco sé stesso, nel momento in cui necessita di promuovere un gesto così estremo. Il problema è quindi di comunicazione, l?eliminante non conosce effettivamente sé stesso e neanche l?altro.
Esiste un principio universale, filosofico o non, che possa definire diacronicamente e sincronicamente come si spiega il fenomeno del terrorismo? La risposta è si, il principio è: Se non esisto io, non esisti neanche tu.
Se la comunicazione migliorasse, migliorerebbe l?esistenza, ma come può accadere ciò? Che significa migliorare la comunicazione? Probabilmente utilizzare un codice comune agli interlocutori, ma su cosa può vertere tale codice? Su dei valori condivisi. E quali sono? Quelli del buon senso. E? un concetto lato. Dei valori naturali autentici. Si rimane sempre nel generico. Basta rivolgersi al passato, ad esempio, i valori veicolati dal vangelo, in una fase storica poco civile per l?umanità. Giusto! Rimane sempre da capire quale è la fase storica civile?.
Se tali valori, così forti, non hanno avuto la giusta efficacia per la storia dell?umanità, quale è il motivo? Una bella domanda?..non semplicissima da rispondere?.. se poi consideriamo il fatto che essi hanno alimentato la lotta della Chiesa bassa contro lo status quo di quella alta, insignita da Dio del ruolo di garante di tali valori evangelici??.le risposte si fanno veramente complicate??