Dopo un mese e mezzo di missioni mi sono presa una piccola vacanza. Destinazione WATAMU, a una trentina di chilometri dalla più conosciuta Malindi.
Watamu è una splendida località sulla costa: sabbia bianca, palme, Oceano Indiano. Appena arrivati abbiamo scoperto (o semplicemente confermato quanto ci era stato detto) che è anche il ?paradiso? degli italiani che scelgono il mare del Kenya per una breve vacanza a Natale o a Pasqua (nei mesi della nostra estate qui è il periodo delle piogge lunghe).
Ma Watamu è anche un antico piccolo villaggio di pescatori. Piccolo e molto povero. Le case sono di mattoni, ma il tetto in genere di paglia o di lamiera. Dalla mattina presto fino a tarda sera sono tutti seduti fuori dalla porta, in strada, segno che all?interno il caldo deve essere soffocante.
Le strade sono di terra, e quelle che invece hanno ?conosciuto? un po? di cemento sono tutte rotte. I bambini, come sempre scalzi, giocano con qualsiasi rifiuto e non dimenticano mai di chiedere qualche sweets o caramela. Lungo le stradine che formano il villaggio pascolano tranquille decine di capre, che alla sera vengono richiamate dai rispettivi proprietari nelle case, dove probabilmente dormono in mezzo ai materassi stesi sul pavimento.
La sera l?unica luce di questi vicoli è data dalle braci di piccoli chioschetti che offrono pesce e qualche altro strano cibo africano.
C?è anche un piccolo cinema; passando, attraverso la tenda che fa da porta a quella che non è altro che una baracca appena un po? più grande delle altre, si intravedono delle file di panche, strapiene di ragazzini, e uno schermo in fondo. Fuori una scritta di gesso su una lavagna indica i due film del giorno.
Di giorno, pescatori di ogni età escono in mare con il loro dhow, una piccola imbarcazione con la vela quadrata, piena di toppe e di cuciture. Restano in mare per ore e ore, sotto un sole fortissimo.
Insomma, lo scorrere della vita di questo villaggio dà l?idea di essere tornati indietro nel tempo. A una vita che, guardando le facce scavate e tristi della gente, non è certo facile.
Eppure Watamu è una località turistica molto rinomata, segnalata in tutte le guide e da tutte le agenzie turistiche. E a giudicare dalla quantità di persone (italiani) che è stesa sulla sabbia a prendere il sole i turisti non mancano. E non si tratta certo di turisti fai-da-te con pochi soldi in tasca se si possono permettere il lusso di una vacanza pasquale fino in Kenya, in un cottage sulla spiaggia o in un mega resort.
I resort, questo è il problema. Questi enormi alberghi, (naturalmente di proprietà di europei), sono l?unica ?Africa? con cui il turista venga a contatto nella sua vacanza. È tutto compreso nel ?pacchetto?, e tutto interno al resort: il ristorante, la spiaggia privata, le gite organizzate, l?animazione serale?
A parte i pochi turisti ?indipendenti?, che si accontentano di un bed and breakfast o di una piccola stanza in un hotel a gestione familiare (e locale), non c?è un muzungu, un bianco che giri per il villaggio e che spenda qualche scellino nei loro negozi, nei loro bar, nelle loro attività.
Così gli abitanti per sopravvivere si arrangiano come possono. Intanto hanno tutti imparato l?italiano, grandi e bambini. Sono tutti disposti a indicarti dove è il posto che cerchi o addirittura ad accompagnarti?ma poi non rinunciano a chiederti una piccola mancia. E sono estremamente insistenti. Se si è appena arrivati o non si hanno le idee chiare su dove andare?è impossibile muoversi senza almeno una ?guida? al seguito, pronta a spiegare ogni cosa, a portare la valigia, a offrire una gita in barca per vedere la barriera corallina o per un bagno con i delfini.
E anche in spiaggia la situazione non è molto diversa. Pescatori che amichevolmente ti invitano a vedere le murene che hanno pescato o un pesce palla che con la bassa marea è rimasto intrappolato in una pozza?e che poi pretendono il solito contributo. I beach boys, giovani kenioti che girano per la spiaggia a ?caccia? di nuovi turisti. Il primo approccio è sempre lo stesso. ?Jambo amico! Italiani? Io parlo italiano??. E poi, immancabilmente, ti invitano a vedere la loro bancarella di souvenir africani (esattamente uguali in ogni bancarella). ?Guardare è gratuito?, dicono sempre, ma è praticamente impossibile andare via senza aver comprato anche solo un braccialetto ?to support me?.
Ma anche questi hanno vita dura con i normali turisti italiani. Tutti i resort e i cottage lungo la spiaggia, infatti, assumono askari, guardie, per tenere lontani gli ospiti indesiderati. E comunque, gli stessi oggetti sono venduti anche nell?apposito negozietto all?interno del resort!
Certo, la manodopera in genere è affidata agli africani, per cui qualche fonte di lavoro è stata creata, ma per il resto i soldi spesi dagli italiani per le loro vacanze in Kenya, tornano in Italia. E Watamu rimane Watamu, un piccolo villaggio di pescatori. Certo affascinante, ma sempre piccolo e molto povero.