Il mio è un punto di vista privilegiato: non sono uomo di partito, non frequento sezioni (o circoli?), non partecipo a lotte interpersonali né a livello territoriale molecolare, come appunto le sezioni, né tanto meno a livelli più alti. A volte mi viene infatti rimproverato, altre volte proposto, di partecipare più assiduamente alla vita di partito (in vista del fatidico 21 luglio ho declinato più di un invito a tesserarmi). Ma io penso che ognuno debba dare quello che sa dare nelle condizioni migliori per darlo e la mia condizione migliore (l?unica cosa che so fare) è scrivere. Ciò detto, il mio punto di osservazione ? fuori dalle simpatie (o antipatie) personali – è veramente speciale perché posso guardare ?obiettivamente?gli eventi e commentarli come li guardano e li commentano i cittadini. Proprio per questo ? penso – mi sono venuti apprezzamenti sia da amici che da persone sconosciute che si riconoscevano pienamente in quello che ho scritto in questi mesi di divertente collaborazione con Amici per la Città.
Ciò premesso, per entrare nel vivo di questo mio ultimo contributo prima delle vacanze, devo subito dire che questa polemica all?interno del PD tra nuovo è vecchio , con cui è iniziato il dibattito precongressuale, non mi appassiona affatto, perché ? questa sì, sicuramente – è vecchia. Anzi mi sembra tanto una falsa partenza, che non mi scrolla di dosso il torpore e lo scetticismo, che, mio malgrado, ancora mi avvinghiano. Vecchio e nuovo mi danno tanto di categorie dello spirito più che di categorie politiche. ?Nuovo?: non fu il cavallo di battaglia dell?attuale Presidente del Consiglio quando si propose in politica? Ecco come siamo finiti. Spero dunque che si esca subito da questo falso problema (così come dalla polemica simpatico/antipatico, sottomarca dialettica di nuovo e vecchio) e nel PD si riparli di politica.
Sarà perché siamo solo alle prime battute, ma finora la superficialità dell?analisi regna sovrana, tant?è che, seppur mi ci impegni, non sono riuscito ancora a vedere con chiarezza le differenze programmatiche tra i tre candidati, proprio per la mancanza (speriamo ancora per poco) di una proposta politica.
Più abusata ultimamente nel dibattito precongressuale è la parola ?laico?. Basta leggere come De Mauro declina il significato della parola ?laico? nel suo Dizionario per capire che tale parola di per sé dal punto di vista semantico non ha connotati certi:
Scrive infatti il famoso italianista:
Laico
1 agg., s.m., che, chi non appartiene al clero; che, chi non ha alcun grado nella gerarchia della Chiesa cattolica
2 agg., che non dipende dal clero; che è formato da persone appartenenti allo stato laicale: associazione, confraternita laica
3 s.m., religioso non ordinato sacerdote, che all?interno di una comunità monastica svolge spec. attività manuali e profane; anche agg.: frate, fratello l.
4 agg., improntato, ispirato ai principi e agli ideali del laicismo: pensiero l., istituzioni laiche, istruzione laica | agg., s.m., che, chi condivide gli ideali del laicismo; che, chi auspica l?autonomia da qualsiasi forma di ingerenza ecclesiastica: intellettuali laici, dibattito tra laici e clericali
5 agg., estens., di gruppo, movimento e sim., che dichiara programmaticamente la propria autonomia rispetto a qualsiasi dogmatismo ideologico: partiti laici, nello schieramento politico italiano, ciascuno dei partiti che si definiscono programmaticamente autonomi sia dal dogmatismo cattolico sia da quello marxista; polo l., quello formato da tali partiti | agg., s.m., che, chi rifiuta di uniformarsi rigidamente e in modo acritico a un?ideologia: pensatore l., un membro l. del partito
6 agg., s.m. TS dir., che, chi, pur non appartenendo all?ordine giudiziario, viene occasionalmente chiamato a svolgere funzioni di giudice
7 agg., s.m. OB che, chi è privo di cultura, illetterato, rozzo
Quindi quale di questa accezione si riferisce al PD: si intende un partito autonomo da qualsiasi forma di ingerenza ecclesiastica, si intende un partito autonomo sia dal dogmatismo cattolico sia da quello marxista, si intende un partito che rifiuta di uniformarsi rigidamente e in modo acritico a un?ideologia ?
L?indeterminatezza del significato di questa parola fa sì che tutti i partiti dell?arco parlamentare oggi possano definirsi laici, quindi ?laico? non è un connotato.
Mentre restiamo in attesa di saperne di più, non possiamo che evidenziare finora che i tre candidati alla segreteria, che pur usano questo termine in maniera ricorrente, non hanno chiarito l?accezione di significato a cui si riferiscono e che dovrebbe essere anche un po? la chiave per entrare nelle loro differenti visioni politiche (se ci sono, come mi auguro). Esplodere il concetto di laico in tutte le sue declinazioni potrebbe essere il valore aggiunto del nuovo PD: una delle cartine di tornasole per fare chiarezza interna e col recente passato. Esiste una parola in francese intraducibile ?sociétale? che non significa né sociale né societario: la parola esprime semplicemente un concetto allargato di responsabilità sociale che lega le grandi imprese (pubbliche, ad esempio) alla società civile investendo implicazioni sociali e ambientali. E perché solo le imprese e non pure i partiti? Basterebbe riprendere il significato di ?responsabilité sociétale? per farci sopra un programma politico ?laico? in grado di ricucire il rapporto con i cittadini.
Da qui, alla parola-chiave, per me centrale,ma ancora non pronunciata, il passo è breve. Tale parola, che potrebbe connotare il PD come un partito veramente ?diverso? sia dal suo passato che dall?attuale offerta politica, è: ?etica?. Se laico significa in ultima istanza indipendenza confessionale e ideologica in vista del bene comune, il concetto di ?bene? e, di contro, di ?male?, sono due concetti ?etici?.
Ridare un?etica alla politica (come scrivevo nel marzo scorso in tempi non sospetti pre-Noemi) resta la scommessa fondamentale per ricucire una relazione positiva tra elettori, cittadini e istituzioni. Recentemente il Santo Padre ha rilanciato la centralità del tema, sottolineando ?l’importanza dei valori etici e morali nella politica?.
Ma se anche la parola ?etica? ha molti significati, potrebbe bastare la definizione etimologica:
L’etica ((dal greco antico ἔθος (o ήθος)[1], “èthos”, comportamento, costume, consuetudine, è quella branca della filosofia che studia i fondamenti oggettivi e razionali che permettono di distinguere i comportamenti umani in buoni, giusti, o moralmente leciti, rispetto ai comportamenti ritenuti cattivi o moralmente inappropriati.
Un?etica declinata in politica ha a che fare col rapporto tra eletti e società civile, con i comportamenti pubblici e privati degli eletti, con i requisiti di integrità morale e penale degli iscritti (tanto più se candidati e poi rappresentanti eletti, membri di parlamenti o titolari di alte cariche pubbliche), in vista del necessario recupero di quel distacco che privilegi assurdi in una società in sofferenza hanno creato tra mortali cittadini e i loro rappresentati nelle istituzioni.
Poi sarà il momento di declinare ? finalmente e con coraggio – il concetto di etica anche in economia, prospettando mondi diversi e diverse organizzazioni del lavoro.
?È vero che lo sviluppo c’è stato e continua ad essere un fattore positivo che ha tolto dalla miseria miliardi di persone e, ultimamente, ha dato a molti Paesi la possibilità di diventare attori efficaci della politica internazionale. Va tuttavia riconosciuto che lo stesso sviluppo economico è stato e continua ad essere gravato da distorsioni e drammatici problemi, messi ancora più in risalto dall’attuale situazione di crisi. Essa ci pone improrogabilmente di fronte a scelte che riguardano sempre più il destino stesso dell’uomo, il quale peraltro non può prescindere dalla sua natura. Le forze tecniche in campo, le interrelazioni planetarie, gli effetti deleteri sull’economia reale di un’attività finanziaria mal utilizzata e per lo più speculativa, gli imponenti flussi migratori, spesso solo provocati e non poi adeguatamente gestiti, lo sfruttamento sregolato delle risorse della terra, ci inducono oggi a riflettere sulle misure necessarie per dare soluzione a problemi non solo nuovi rispetto a quelli affrontati dal Papa Paolo VI, ma anche, e soprattutto, di impatto decisivo per il bene presente e futuro dell’umanità. Gli aspetti della crisi e delle sue soluzioni, nonché di un futuro nuovo possibile sviluppo, sono sempre più interconnessi, si implicano a vicenda, richiedono nuovi sforzi di comprensione unitaria e una nuova sintesi umanistica. La complessità e gravità dell’attuale situazione economica giustamente ci preoccupa, ma dobbiamo assumere con realismo, fiducia e speranza le nuove responsabilità a cui ci chiama lo scenario di un mondo che ha bisogno di un profondo rinnovamento culturale e della riscoperta di valori di fondo su cui costruire un futuro migliore. La crisi ci obbliga a riprogettare il nostro cammino, a darci nuove regole e a trovare nuove forme di impegno, a puntare sulle esperienze positive e a rigettare quelle negative. La crisi diventa così occasione di discernimento e di nuova progettualità. In questa chiave, fiduciosa piuttosto che rassegnata, conviene affrontare le difficoltà del momento presente.?
Possibile che io, laico/ateo impenitente debba ancora una volta citare Benedetto XVI che con la sua enciclica ?Caritas in Veritate” è stato l?unico, che con autorevolezza e decisione, abbia approfondito il concetto-chiave che un?economia in crisi, una società in crisi hanno bisogno di una riconversione su nuovi livelli valoriali per uscire dal baratro, in cui sono precipitate per un capitalismo miope, essenzialmente basato sullo sfruttamento delle risorse e sulla speculazione finanziaria?
Questo è il vero grande tema del contendere, il punto di partenza: ridare un?etica alla politica per darle quell?autorevolezza necessaria per riformare l?economia della speculazione finanziaria e del profitto in un?economia responsabile e sostenibile. In altri termini: in questa società in declino c?è bisogno di un? etica che si faccia contenuto politico e di una politica che diventi guida morale (lasciamo ad altri i party in villa con escort prossime deputate!).
Il partito che aspettiamo deve declinare questo concetto in concrete iniziative politiche, con coerenti proposte e azioni e soprattutto con rapidità.
Non meravigliamoci poi se un comico come Beppe Grillo, accusando i dirigenti del PD di essere ?lenti, lenti, lenti!?, si candidi a segretario del PD. Dietro di lui c?è un?area di malcontento diffuso che va recuperata e che aspetta parole chiare e immediate su temi come: costi della politica, ambiente, nucleare, bioetica, testamento biologico, diritti civili, conflitto di interessi, responsabilità sociale.
Una volta definiti questi grandi temi, dopo ? ma solo dopo – sarà ineluttabile rimettere in moto la politica delle alleanze ? che siano però coerenti col programma del nuovo partito – per uscire da questo splendido isolamento che premia solo la Destra.
Eludere questi temi seppellendoli con parole tipo ?vecchio?, ?nuovo?, ?simpatico?, ?antipatico?, o, quando va meglio, ?laico?, significherà non aver capito le aspettative di una parte consistente della società italiana, che inevitabilmente cercherà altre forme di rappresentanza.
?La complessità e gravità dell’attuale situazione economica giustamente ci preoccupa, ma dobbiamo assumere con realismo, fiducia e speranza le nuove responsabilità a cui ci chiama lo scenario di un mondo che ha bisogno di un profondo rinnovamento culturale e della riscoperta di valori di fondo su cui costruire un futuro migliore. La crisi ci obbliga a riprogettare il nostro cammino, a darci nuove regole e a trovare nuove forme di impegno, a puntare sulle esperienze positive e a rigettare quelle negative. La crisi diventa così occasione di discernimento e di nuova progettualità. In questa chiave, fiduciosa piuttosto che rassegnata, conviene affrontare le difficoltà del momento presente.? (Dall?enciclica di Benedetto XVI ?Caritas in Veritate”)
Sembra scritto apposta per il PD. Aspettiamo fiduciosi che il dibattito entri nel vivo. Ieri (16 luglio) ci ha provato finalmente Franceschini. Oggi aspettiamo cosa diranno Letta e Bersani.
Nel frattempo, fiero della mia laicità integrale, propongo Benedetto XVI come quarto candidato alla segreteria del PD.