Nel precedente articolo ho spiegato che spesso riteniamo ?nostri? i documenti digitali che possediamo. Ma non è sempre così, anzi.
Una soluzione, che sicuramente ci permette di riappropriarci del diritto ad usufruire dei nostri documenti digitali e di tramandarli ai posteri, ma che richiede un po? di sforzo consiste nel non usare più i formati ?proprietari? di software, bensì i formati ?pubblici?, definiti da standard internazionali, ampiamente documentati. A pensarci bene, si tratta di un dovere morale, soprattutto per le amministrazioni pubbliche, che hanno il dovere di garantire che i dati registrati oggi siano utilizzabili anche fra 50 anni, anche nel caso in cui le società di software fallissero o imponessero degli obblighi contrattuali ancora più capestro di quelli attuali. È facile immaginare cosa succederebbe se si dovessero perdere, nel senso di non essere più accessibili, le informazioni private, anagrafiche, ospedaliere, economiche dei cittadini.
Ma torniamo alla longevità e alla conservazione dei dati digitali.
Abbiamo visto che la conservazione dei dati, oggi, è un problema. Non è pensabile che siano altri a riconvertire, da un supporto giudicato in base a non si sa quali standard o giudizi obsoleto, inadeguato e inaffidabile, tutto lo scibile umano, in particolare le opere musicali o cinematografiche tutelate da copyright, anche perché quelle nostre, personali, resterebbero a marcire nel fondo di qualche scatola di CD.
Alcune opere diventano semplicemente introvabili: provate a cercare l?opera omnia di Fellini al noleggio di DVD sotto casa vostra, e poi mi sapete dire.
Per non parlare dei ?ritocchi? che le case cinematografiche in primis attuano mano a mano che ripubblicano le loro opere, anche se falsamente spacciate per integrali, come per esempio in E.T., Fantasia e molte altre. Ma la manipolazione dei dati digitali non è più oggi appannaggio di tecnici professionisti: togliere gli ?occhi rossi? alle nostre foto digitali, modificare un testo, tagliare e incollare pezzi musicali diversi per farne uno nuovo, è oggi alla portata di tutti. Fino a quando si resta con questi interventi dentro le proprie mura di casa, tutto bene, ma cosa succede se vengono modificati anche filmati, documenti, prove digitali, magari importanti per valutare una persona in tribunale, o dei comportamenti commerciali? È sempre più difficile avere informazioni digitali originali, contaminarle è fin troppo facile. Avere una testimonianza della realtà attraverso il digitale è ormai impossibile. Se una volta citare articoli di giornale, libri o anche programmi televisivi bastava ad accreditare autorevolezza alla notizia e all?informazione, citare oggi siti Internet non produce lo stesso effetto. Anzi.
È insomma sempre più facile alterare la nostra memoria del passato. Basta leggere qualche libro di fantascienza per capire dove questo comportamento può portarci. Non serve diventare paranoici o complottisti, ma per lo meno cominciamo a riflettere sul problema che i dati digitali sono ormai troppo facilmente contraffabili e non esiste più la possibilità di verificare l?autenticità o l?autorevolezza dei documenti digitali, scritti, foto o filmati che siano.
Cosa succede alle documentazioni ufficiali di governi, istituzioni o società a cui non si pone sufficiente attenzione al problema del supporto e del software? Può accadere che nel caso del dossier sulle armi irachene pubblicizzato del governo inglese si creino forti critiche ed imbarazzi. Il dossier era infatti ripreso dal lavoro di un ricercatore americano di alcuni anni prima, ma pubblicato solo sul Web e poi ritirato e sostituito. Ponendoci in ottica storica, come faranno gli storici futuri, ma anche noi stessi, a valutare la correttezza e la portata di quel documento, ora praticamente scomparso?
Invito quindi a riflettere su alcuni punti, dopo questa lunga chiacchierata.
Cominciamo a prendere coscienza che i supporti digitali attuali hanno vita veramente breve. È opportuno quindi pensare per tempo a fare una costante migrazione dei dati da un supporto vecchio e non più utilizzabile, ad uno più recente, in genere più capiente.
Pensiamo anche all?ipotesi, in ottica di lungo periodo, di abbandonare i formati software proprietari, e di usare solo quelli aperti, pubblici, documentati. Le alternative, soprattutto in ambito domestico, ormai abbondano e sono tutte affidabili.
Inoltre un pensiero su una revisione delle leggi sul copyright e sui sistemi anticopia (vedi i precedenti articoli), non può che far bene.
Attiviamoci subito, riflettiamo su questi argomenti, a tutti i livelli, altrimenti la cultura del ventesimo secolo, la nostra cultura, non sarà tramandabile ai nostri nipoti, non perché non esisterà più, ma perché inutilizzabile, incisa su supporti degradati, non più accessibili da nessuno e destinata all?oblio.
Sono facilmente manipolabili, è difficile controllarne l?autorevolezza. E allora?