Ormai è stabilito, il calcio sta perdendo sempre più consenso tra gli italiani, ciò che sembrava immutevole nel tempo sta rapidamente ed inesorabilmente perdendo fascino.
Gli stadi sono vuoti, il rito della domenica calcistica – che generazioni di italiani hanno vissuto o con intensa partecipazione,o con odio atavico – non garantisce più quella spasmodica attesa che contagiava le famiglie italiane in attesa della partita.
Sembra finito il tempo in cui l?incontro settimanale della squadra del cuore avrebbe condizionato l?umore per tutta la settimana.
Scandali, gestione allegre delle società, potenti sempre più arroganti e piccoli sempre più disposti a raccogliere briciole fatte cadere in terra dalle squadre ricche, hanno disamorato sempre più chi del calcio aveva una visione sportiva ed anche un po? romantica .
Sono lontani ricordi i tempi in cui Venditti cantava? dimme chi è che fa campà sta vita così piena de problemi, e che me dà coraggio si non me voi bene?.
Naturalmente tutti sono accorsi al capezzale del moribondo, giornalisti, sociologi, sportivi, manager d?industria, tutti con le loro diagnosi e con le loro ricette.
Per prima cosa hanno dato la colpa alla violenza negli stadi come se questa non ci fosse mai stata, basta pensare alla morte di Vincenzo Paparelli nel derby Roma- Lazio del lontano 1979 , oppure ad Antonio De Falchi morto nell?antistadio di S.Siro mentre veniva picchiato da Ultras del Milan , e ad altri tanti e tanti casi che si sono verificati in passato e che mai avevano allontanato dallo Stadio le persone.
Naturalmente la cura con accessi allo stadio sempre più difficili ha contribuito ad evitare sempre più fatti violenti, ma ha creato le condizioni di diminuire ancor di più le presenze sugli spalti.
Si dice che sia colpa anche delle tv a pagamento, ed è vero, chi non preferisce vedersi una partita in salotto al prezzo di 5 euro in confronto alla spesa di 15 euro per un posto in curva dove il gioco più che vederlo lo immagini.
Ma anche qui le Pay-Tv sono ormai da più di dieci anni che trasmettono partite in diretta, mentre è da solo pochi anni che si riscontra questa crisi.
Insomma è inutile cimentarsi per scovare la causa di questo declino, forse come sostengono i più, la causa è dovuta all?insieme delle cose dette.
Io però vorrei aggiungere una questione poco affrontata sinora.
Sarà forse che gli italiani finalmente stanno trasformando la passione calcistica in passione sportiva, ovvero si interessano, magari praticandoli, anche ad altri sport.
Secondo me è un fenomeno positivo che nel tempo acquisirà sempre più importanza , senza però soppiantare completamente l?importanza del calcio.
Ci sono sport che ormai raggiungono nei luoghi di svolgimento delle competizioni, presenze di pubblico superiori a quelle degli stadi di calcio; penso alle più di 5000 presenze nei palazzetti dove si gioca il basket .
Oppure alle partite delle varie nazionali di volley, di basket, e di rugby viste in t.v. da milioni di telespettatori.
Le gesta dei vari Fei, Basile, Bergamasco per non parlare delle performances dei rugbisti neozelandesi All Blacks riscuotono sempre più successo soprattutto nei giovani i quali oltre a vederli dal video praticano gli sport dei loro beniamini sentendosi di più attratti dal gioco stesso.
Parliamo di sport che mantengono ancora forte la componente dilettantistica, quindi avulsa ancora da logiche imprenditoriali eccessive con i valori educativi e ludici ancora al centro del contesto agonistico.
E proprio di uno di questo sport vorrei parlare; di un?attività agonistica fino a poco tempo fa abbastanza ignorata dagli italiani, praticata per lo più in alcune enclavi geografiche, parlo del Rugby.
Uno sport che poco piaceva agli italiani, che lo ritenevano noioso, troppo duro, e di difficile comprensione.
Le critiche in parte sono vere; è evidente che si ha una percezione di rudezza, che alle volte la spettacolarità latita con partite chiuse, che le regole sono tante e difficili da comprendere.
Però se ci si mette nell?atteggiamento di scoprire l?essenza del gioco ci si troverà di fronte ad un fenomeno di una bellezza e di una cultura sportiva fuori dal comune.
La partita di Rugby per quanto sembrerà strano rappresenta una battaglia campale in cui la tattica di gioco sembra più una strategia militare.
L?Ovale (pallone di gioco) è lo strumento da conquistare e da portare al di là delle linee nemiche, con movimenti mai scorretti e sempre nel rigore di alcune regole ferree.
Difatti mai il giocatore potrà passare l?attrezzo di gioco in avanti lo dovrà fare sempre indietro ad un compagno che lo assiste .
Questo inevitabilmente porta ad un unione di intenti tale da considerare ogni compagno come parte di sè , che non va lasciato solo ,che abbisogna sempre del sostegno della squadra e porta tutti a considerarsi utili e non indispensabili.
I raggruppamenti sia organizzati sia spontanei sono un momento essenziale nel gioco dove non è rappresentato un mucchio selvaggio, ma ogni componente del pacchetto di mischia ha un compito preciso da svolgere con perizia e tenacia, pena il crollo dell?organizzazione di gioco e conseguentemente per gli avversari gioco facile arrivare in meta.
Anche qui fondamentale : dedizione alla causa, spirito di gruppo, non sentirsi prime donne, bisogna che gli uomini del pack lavorino all?unisono cercando di sfondare il muro avversario, oppure di impegnare più avversari possibili nell?azione di difesa della mischia per poi lanciarsi in scorribande alla mano con uomini in più da utilizzare.
Nelle battaglie campali si cercava di impegnare il nemico il più possibile in un punto specifico del terreno magari al centro dello schieramento per poi improvvisamente attaccarlo sulle ali con la cavalleria proprio come succede nel Rugby ; solo che qui non ci sono cavalli ma atleti.
Però, al contrario delle guerre, non ci sono morti e distruzioni ma soltanto scontri, magari duri con personaggi che pesano 100 Kg. e corrono i 100 m. in 11 secondi ma che alla fine del match si stringono la mano, si fanno i complimenti e vanno al pub a bere insieme.
Comunque la cosa più bella ed educativa è il rispetto per l?arbitro; tu lo vedi piccino in mezzo a quelle montagne di muscoli e grinta muoversi con assoluta padronanza di sé prendere decisioni senza mai, dico ma,i ricevere una protesta o tantomeno un insulto.
Alle volte vedi giocatori che nel furore agonistico si picchiano, i l?arbitro osserva il tutto senza fare niente ed alla fine terminata la colluttazione chiamare a se i contendenti redarguendoli in modo tale che difficilmente li vedrai riproporsi in azioni violente.
Una figura bellissima che spiega ogni sua decisione, parte integrante della partita, senza che mai si erga a protagonista con atteggiamenti plateali.
Insomma in questo sport la cultura sportiva è rappresentata nella massima espressione con tutte le sue componenti, agonismo, unione di intenti, grinta nel non mollare mai, rispetto per le regole e soprattutto rispetto sportivo per l?avversario.
Per chi non l?avesse mai vista vi consiglio di vedere almeno una volta nella vita l?Haka degli All Blacks, la danza di guerra Maori che i neozelandesi rappresentano prima di ogni match per intimidire l?avversario, spettacolo di rara bellezza e di una intensità fuori dal comune.