?L?Occidente è convinto di vivere in un mondo dove non si può nascondere nulla grazie a un accesso all?informazione garantito. Bisognerebbe invece, in ogni momento, sospettare?. Così Ignatio Ramonet, direttore di redazione del mensile Le Monde diplomatique, commenta il ruolo dell?informazione in una società in cui ?i media sono senza memoria? e le notizie futili finiscono per togliere spazio ai comunicati più importanti. Questa raccolta di interventi di giornalisti di diverse nazioni, culture e religioni, tocca temi importanti: il rapporto tra media e centri di potere, la necessità e allo stesso tempo l?oggettiva difficoltà di sottrarsi ai tentativi più o meno espliciti di manipolare, o addirittura ?militarizzare? l?informazione, il ruolo del ?cronista di guerra?. Le testimonianze raccolte riguardano aree geografiche attualmente sotto i riflettori dell?attualità, come l?Iraq e la Palestina, ma anche e soprattutto zone che compaiono di rado nelle cronache con episodi cruenti e clamorosi, le cui cause tuttavia non vengono analizzate (Algeria, Congo, Cecenia) o paesi che, dopo essere state oggetto di interesse in uno specifico momento, vengono dimenticati (Afganistan, Sierra Leone, Iran, Liberia?). ?Più è lungo il conflitto?, osserva la giornalista algerina Salima Ghezali, ?più è difficile mantenere alto l?interesse dell?opinione pubblica?. Questo è specialmente vero quando si esige un giornalismo ?in tempo reale?, più centrato sull?ultimo lancio di agenzia che sull?analisi. L?esigenza della velocità e la tendenza alla spettacolarizzazione finiscono con il togliere spazio all?analisi della più difficile delle cinque domande che un giornalista deve porsi: il ?perché?. Gli approfondimenti condotti con coraggio da professionisti che credono al valore etico della loro professione rendono in parte giustizia alla larga fetta di umanità che ?non fa notizia?, ma fa la storia.
Il ricavato delle vendite del libro servirà a finanziare la Scuola di Giornalismo della Fondazione Internazionale Lelio Basso.