La prima impressione di molti alle notizie delle reazioni nel mondo musulmano dopo la pubblicazione delle vignette danesi su Muhammad è stata: ?la libertà di espressione va sempre salvaguardata, costi quel che costi?. In seconda battuta, poi, si è potuto riflettere sul fatto che la faccenda delle vignette è, manifestamente, solo un pretesto, e potrebbe bastare il ?gap temporale? ? quasi quattro mesi ? tra la pubblicazione e le proteste, per giustificare questa affermazione. La verità è che c’è un’esasperazione assoluta che aspetta solo un’occasione per esplodere. Tutto è esageratamente interpretato, tutto è ideologia estrema.
Ma è anche vero che forme altrettanto estreme di ingiustizia, di sfruttamento, di abuso ci vengono contrabbandate come ovvie. Il caso Rushdie, anni fa, era religiosamente più pregnante e discutibile e la reazione, pur estrema, non fu in quel caso così indistinta; d?altra parte nella nostra percezione ?occidentale?, era avvertita come lontana. Oggi, a posteriori, non sarebbe del tutto sbagliato affermare, invece, che forse lì c?era tutta l?essenza di quanto sta accadendo in questi anni.
Certamente qualcuno approfitta di questa situazione, fomenta ad arte, crea addirittura le occasioni. E così nasce forte il sospetto che ci sia qualcosa dietro queste manifestazioni “spontanee”, che contraddicono gli inviti di tutte le autorità religiose.
Resta il fatto che, comunque la si voglia leggere, la questione del “dialogo” diventa sempre più complessa. Intanto perché anche i suoi più agguerriti sostenitori, quando un prete cattolico, per giunta impegnato da anni nella promozione dei rapporti con l’Islam, viene assassinato in Turchia, possono legittimamente vacillare. Poi perché questa diffidenza non fa che alimentare l’ignoranza, che a sua volta alimenta altra diffidenza ? se non odio aperto.
Qualcuno afferma che la nostra ?superiorità culturale? sta nel fatto che noi cattolici accettiamo satira sul papa. Ci sono molte ottime ragioni per cui non è la stessa cosa scherzare sul papa e scherzare su Muhammad. Il profeta dell’Islam, citato nella professione di fede subito dopo Allah, è un’altra cosa. Si può con una certa tranquillità escludere che se si fosse scherzato su un imam, pure molto autorevole, sarebbe scoppiato tutto ciò.
Ma soprattutto esiste una diversa sensibilità in primis dei cristiani nei confronti delle immagini (giustamente richiamata dal rabbino Di Segni, che puntualizza invece come musulmani ed ebrei su questo punto siano simili), ed in generale dei cristiani “occidentali” nei confronti dei simboli religiosi. Le manifestazioni dei leghisti che brandiscono crocefissi in piazza sono strumentali quanto insostenibili per la loro falsità. La verità è che noi non ci sentiamo ?offesi? alla vista della croce di Cristo sulla scollatura imbarazzante della valletta di turno; ormai non ci facciamo neanche caso. È un esempio fulgido di tolleranza? Piuttosto è un esempio fulgido di indifferenza, di assuefazione, di noncuranza. Ma questa è ? o perlomeno è diventata storicamente ? la “nostra cultura”.
Per concludere: lo si voglia o meno, bisogna per forza mettere in conto qualche ripensamento strutturale. Lo stato laico è una cosa sacrosanta se è l’unica tutela efficace delle minoranze. Ma questo non comprende necessariamente l’indifferenza verso la religione. Altrimenti si arriva all’Inquisizione al contrario. Chiunque voglia professare anche pubblicamente la propria fede, nel rispetto delle leggi dello stato in cui vive, non deve essere additato come un fondamentalista. Di più: le leggi dello stato dovrebbero conoscere le esigenze di tutte le fedi e, dove possibile, studiare delle vie che permettano a tutti la libera manifestazione della propria identità senza offendere quella degli altri. Irridere la fede altrui non è mai una forma di libera espressione, specie se coniugata a totale ignoranza della cultura e della sensibilità dell’altro.
A mio avviso ribadisce un concetto sbagliato: provo a spiegare perché