Il 10 febbraio la nazione italiana ha commemorato le sue vittime frutto dell?odio ideologico dei comunisti jugoslavi. Sorge il dubbio è giusto parlare di pulizia etnica? Possiamo parlare invece di epurazioni politiche risolte in degli eccidi che coinvolsero diversi innocenti, ma soprattutto collaborazionisti dei nazi-fascisti?
Coloro che si sono occupati di computare i morti nelle foibe non concordano sulle cifre: si è parlato di 200.000, poi di 50.000, ecc. Nelle foibe non è facile poi distinguere gli infoibati del 1943 da quelli della Grande Guerra. Durante la prima guerra mondiale molti disertori o ammutinati degli eserciti italiano e austro-ungarico vengono giustiziati e gettati in tali cavità carsiche. Dal libro di Enrico Vigna, dal titolo La politica e i crimini di guerra dell’Italia fascista in Jugoslavia – edito nel 2005 – sulle stragi fasciste nella penisola balcanica, emerge che i morti accertati fino ad ora sono 2.000, di cui in maggioranza collaborazionisti del regime nazi-fascista, ma ciò non giustifica in alcun modo l?eccidio. Anzi ciò conferma quello che dice Kant sulla guerra: in guerra non ci sono mai vincitori, ma è l?odio e la violenza che trionfano.
Dopo l?occupazione jugoslava molte famiglie italiane fuggono per la paura delle rappresaglie, ma molte altre rimangono. Nel dopoguerra gli italiani non subiscono nessuna violenza etnica, anzi molti dall?Italia vanno in Jugoslavia per acquistare sigarette e altri prodotti. Tra slavi e italiani le relazioni dalla fine della guerra fino ad oggi si mantengono pacifiche, ma Alleanza Nazionale e le forze dell?estrema destra si ostinano a rivendicare illegittimamente l?Istria e la Dalmazia dalla Croazia. In effetti dopo la conferenza di Versailles del 1919-20, l?Istria, assegnata all?Italia, ha una popolazione che per il 68 per cento è composta da Jugoslavi. Tale popolazione è soggetta ad un processo di italianizzazione forzata, vi è l?obbligo di parlare solo la lingua degli occupanti ed i cognomi slavi sono sostituiti da altri italiani.
La pulizia etnica ci fu in Jugoslavia, come in Etiopia e Libia, ma fu commessa dall?esercito del duce. Solo per la Jugoslavia ci furono 300.000 morti, dal 1935 al 1945 gli italiani uccisero 1.500.000 uomini nei diversi territori occupati. Dopo la guerra sono 800 i criminali di guerra ricercati dall?ONU, poca la collaborazione delle autorità italiane, tra di essi alcuni dei più illustri sono Badoglio, Graziano, ecc. La storia di tali stragi è raccontata da un bellissimo documentario della BBC, di cui in Italia non si è avuta notizia.
La storiografia e i media nostrani si sono spesso limitati a caratterizzare i soldati del duce come brava gente, delegando la colpa dei crimini di guerra agli eccessi delle milizie fasciste, la cui ferocia è presentata come molto più contenuta delle barbarie dei nazisti, dalle cui direttive sarebbe dipesa la loro condotta bellica. Le cose però non stanno esattamente così.
E? da precisare che in Italia non c?è solo un campo di sterminio, quello vicino Trieste, ma diversi, come quelli della Toscana. Prima delle leggi razziali, nel 1936, come afferma Vigna nel corso di una delle presentazioni del suo libro, una delegazione del governo italiano si reca in Germania e visita i campi di sterminio. I funzionari del duce sono colpiti da tale esperienza: nella loro relazione scritta emerge lo stupore per la perfetta organizzazione, con cui è esplicata scientificamente la morte ed auspicano la realizzazione di simili campi anche in Italia. Ma la realtà è che gli uomini di Mussolini sono più bravi dei tedeschi in questa specialità. Mentre i secondi realizzano un notevole apparato di sterminio, i primi lasciano morire gli Jugoslavi di fame e di sete nei loro campi di concentramento: donne, vecchi e bambini vengono eliminati nel modo più semplice possibile, come riportano le testimonianze dei sopravvissuti ed i filmati dell?epoca, apparsi sul suddetto documentario.
Le forze di occupazione del duce non sono certo più civili di quelle tedesche, certo sono costrette a fronteggiare una durissima resistenza partigiana in Jugoslavia, alla quale partecipano molti Italiani, tra cui due zii di Vigna, poi trucidati per mano dei loro nemici e compatrioti. Ma come si esplica l?occupazione delle forze militari di Mussolini? Quando i partigiani attaccano i soldati del duce, la rappresaglia degli occupanti si scaglia contro la popolazione locale e l?ambiente naturale circostante, qualsiasi forma di vita posta sul loro cammino viene annientata: esseri umani, bestiame, campi coltivati, tutto viene distrutto, la tattica è quella della terra bruciata, per impedire qualsiasi aiuto alla Resistenza. Dalle lettere di molti soldati semplici al fronte, poco pratici nella scrittura, mandate ai propri cari in Italia, emerge una realtà angosciante: molti di loro partecipano attivamente a tali rappresaglie, dandone un resoconto euforico per le stragi commesse ed i beni sottratti alla popolazione locale, al fine di inviarli alle proprie famiglie, di estrazione molto umile. Allo stesso tempo, però, forte è la loro frustrazione, quando questi gli vengono sequestrati dagli ufficiali. Il documentario riporta le immagini di forche allestite in molti centri rurali: molti uomini sono impiccati ed esposti al pubblico come esempio. Inoltre presenta anche una serie di fotografie degli aguzzini italiani, che espongono le teste dei giustiziati, tenute per i capelli o raccolte in una cesta: la testa degli impiccati probabilmente si stacca dal resto del corpo sospeso in aria, a causa della forza di gravità.
Al giusto ricordo degli eccidi delle foibe andrebbe aggiunto un’altra giornata della memoria, quella delle ecatombe prodotte dalle forze militari di Mussolini in Jugoslavia, così come negli altri territori occupati.
Proposta di una giornata della memoria per l?eccidio italiano in Jugoslavia