Da alcune settimane viene proposto in visione nelle sale cinematografiche italiane un film che come dice l?autore, il regista tedesco Philip Gròning: ?Non è un film, è un?esperienza.? Un film dove da padrone non la fanno gli effetti speciali computerizzati, la colonna sonora trend o la recitazione da parte di super divi hollywoodiani, ma unica e naturale protagonista è l?intensa esperienza intima e spirituale vissuta dai monaci certosini della Grande Chartreuse sulle Alpi francesi. Un?esperienza che ognuno di noi, semplice spettatore di questo immenso e affascinante documentario quasi perennemente immerso nel silenzio, potrà rivivere in 160 minuti di proiezione.
Una pellicola che fin dalla prime scene non nasconde la durezza e la povertà della sua costruzione. E se si ha la capacità di superare i primi dieci minuti di imbarazzo senza scappar via, perché quasi ci si vergogna ad assistere insieme a tante altre persone alla proiezione di un film che non è un film, di un documentario che non è un documentario, e dove l?unico rumore di cui ci rendiamo conto immediatamente è solo quello del vicino che fa scricchiolare la sua poltrona o del nostro stomaco che brontola, allora si viene inevitabilmente catturati dalla illimitata ricchezza e meravigliosa dolcezza di questa grandiosa opera.
Dopo un?attesa di 18 anni dalla prima richiesta fatta al priore della certosa, il film realizzato dal regista vivendo lui stesso sei mesi completamente integrato tra i monaci, è stato interamente girato con un?unica telecamera e senza l?ausilio della troupe, delle luci e di quanto altro normalmente necessiti ad una produzione cinematografica. Le immagini sono eccezionali e catturano tutta la carica emotiva e di abbandono ad una vita monastica e di preghiera, descrivendo il passare di alcune stagioni scandite solo dal suono della natura, dal fruscio delle vesti, dal battito delle campane, dal rumore di un coltello che prepara le verdure in cucina, dalle risa e dalle poche parole dette nelle passeggiate collettive domenicali.
Una visione che ci porta a modificare per quel ristretto lasso di tempo ogni nostro legame con la realtà, aprendoci ad una visuale nuova, spirituale e mistica, dove viene annientata totalmente la paura della morte e il senso materiale di una vita vissuta senza Dio. La luminosità divina a poco a poco ci avvolge e la regola rigida del silenzio ci diviene cara, facendoci assaporare i suoni veri della nostra anima che normalmente non riusciamo ad ascoltare. E le parole: ?Sono stato sedotto dal Signore e mi sono lasciato sedurre?, che di tanto in tanto appaiono improvvisamente intervallando il film e che all?inizio non riusciamo assolutamente a comprendere, sempre più nel nostro cuore acquistano un senso compiuto, penetrandoci dolcemente in profondità.
Il grande silenzio, pur essendo un film sulla vita monastica all?interno della Grande Chartreuse, è senza dubbio un rammarico di quanto la nostra società moderna, ammutolendosi nella preghiera e allontanandosi dalla ricerca interiore e dal raccoglimento spirituale, si sia inesorabilmente distaccata dalla radiosa e benefica vicinanza a Dio per abbracciare sempre più il proprio piacere comune ed individuale. Unica possibilità è che la tanta purezza espressa in questo film ci contamini, lasciandoci un senso della vita diverso, più aperto e positivo, orientato con fiducia all?infinita misericordia di Dio.