L’otto maggio, esattamente fra quattro giorni e a solo dieci giorni dalla scadenza naturale del settennato della presidenza di Carlo Azeglio Ciampi, l’appena eletto parlamento italiano si riunirà in seduta plenaria, cioè con le camere del Senato e dei Deputati raccolte in seduta congiunta sugli scranni di Montecitorio, per eleggere il nuovo Presidente della Repubblica italiana, massima istituzione dello stato, nonché arbitro della politica nostrana e soprattutto garante delle istituzioni e della costituzione che determinano la democrazia e la libertà nel nostro paese da più di mezzo secolo.
Lavoro difficile ed affascinante quello del Presidente della Repubblica, d’estrema responsabilità. E considerato giustamente da tutti il top a conclusione di una carriera politica o di uomo di stato già eccellente in sè. Una professione sicuramente non per chiunque, e per questo scelta certamente non facile per il parlamento, chiamato ad esprimersi sapendo che dovrà tener conto della persona scelta sia per le sue indiscutibili capacità morali e professionali ma anche, e soprattutto, per quelle qualità politiche ed umane necessariamente corrispondenti al soddisfare tutti quei molteplici e delicati equilibri politici ed istituzionali fondamentali per il corretto svolgersi delle prossime legislature.
Di nomi se ne possono fare diversi, visto che nel nostro paese ci sono molte figure di spicco, sia in ambito politico sia extra politico, da poter proporre in questa carica. Ma in Italia, non essendoci una repubblica semi o totalmente presidenziale, i meccanismi che portano alla elezione del Presidente della Repubblica non sono esattamente quelli che porterebbero alla elezione di un personaggio popolare se la votazione fosse aperta a tutti gli elettori. Come abbiamo già visto, gli equilibri determinanti la scelta passano attraverso il parlamento e di conseguenza sono interamente riversati, nella loro piena responsabilità, sui partiti politici configurati attualmente nelle due coalizioni di centrosinistra al governo e di centrodestra all’opposizione.
C’è naturalmente da augurarsi, se possibile, che la scelta ricada su di una figura, uomo o donna che sia, fortemente voluta da entrambi gli schieramenti. Un punto di convergenza comune dove poter riprendere un dialogo tra le parti abbandonato da tempo. Ma se questo non potrà essere per mancanza di un serio accordo politico tra la maggioranza e l’opposizione, per ragioni di stato sarà necessario andare avanti nell’elezione facendo anche prevalere condizionamenti manualistici o imposizioni di maggioranza plausibili, e senza che ci sia in questo assolutamente nulla di riprovevole.
La carica di Presidente della Repubblica italiana è da sempre obbligatoriamente al di sopra delle parti, e chiunque andrà a ricoprire l’incarico si ritroverà ben presto a modificarsi geneticamente nella sua radice politica, diventando indiscutibilmente per i prossimi sette anni il Presidente di tutti.