Una delle tante notizie taciute dai media nazionali riguarda lo scandalo pubblicato sul sito della sezione inglese di ?Save the Children?, l?Ong che opera in diverse aree sottosviluppate, il 9 maggio 2006. La tragedia riguarda innumerevoli abusi sessuali compiuti in Liberia, nei campi profughi dell?Onu, ad opera di diversi membri di Ong, Caschi blu in missione di pace, uomini d?affari locali, relativi a prestazioni sessuali in cambio di una birra, un film o un giro in auto.
Il rapporto dell?Organizzazione è costituito da 300 interviste ad individui adulti, che vivono nei campi profughi dell?Onu, dalle quali emerge un inquietante scenario: circa la metà delle bambine presenti in tale aree ?protette? sarebbe stata violata. Le accuse prendono di mira in particolar modo i militari delle Nazioni Unite, ma sono coinvolti anche operatori umanitari, insegnanti, dipendenti statali, poliziotti e militari. Per quel che riguarda i funzionari governativi e gli insegnanti, le prestazioni di solito sono richieste in cambio della retta scolastica o anche per buoni voti. Il direttore esecutivo di Save the Children nel Regno Unito, Jasmine Whutbread, ha dichiarato che tale piaga deve essere estirpata dalle missioni umanitarie, che vede membri dell?Onu, delle Ong e della classe dirigente locale approfittare della propria posizione di potere, per sfruttare sessualmente minori vulnerabili, appartenenti a famiglie in condizione di assoluta indigenza, che spesso accettano questa situazione per sbarcare il lunario. Whutbread ha rivolto anche un appello per porre fine a questo scempio al nuovo governo liberiano, guidato dal presidente, Ellen Johnson-Sirleaf, che ha fatto della lotta agli abusi sessuali e alla prostituzione uno dei suoi cavalli di battaglia.

Secondo l?Unmil, la forza Onu che opera dall?inizio del 2006 in questo paese, sono solo 6 le denuncie presentate contro il personale delle Nazioni Unite, ma di queste solo una è stata confermata dalle prove e il condannato è stato licenziato. Jordan Ryan, coordinatore della missione umanitaria dell’Onu in Liberia, ha esposto tutto il suo sconcerto circa tali orrori, mostrando di essere ben consapevole del problema.
La Liberia è sconvolta da 15 anni di guerra civile ininterrotta, a partire dal 1991 al 2006, con un numero di vittime intorno alle 250.000 unità, in maggior parte civili, e con un 1.300.000 profughi. Save the Childre ha denunciato tali violenze sin dal suo insediamento in questo paese, nel 1991, all?epoca del primo intervento militare Onu, constatando come tale situazione sia favorita da una condizione disperata di indigenza e mancanza di riferimenti parentali, dei minori. Ma lo scenario liberiano si è fatto ancora più fosco a partire dal 1999, a seguito della rivolta popolare contro il regime autocratico del signore della guerra, Charles Taylor, che ha richiesto un nuovo intervento delle Caschi Blu. Gli abusi sessuali esistevano già prima della guerra, ma in percentuali nettamente più contenute, soprattutto nei grandi centri urbani, ma con la creazione dei campi profughi ed in particolare nel 2002, tali violenze sono aumentate in modo esponenziale.

Da molte interviste è emersa l?idea che lo scambio di prestazioni sessuali per cibo o altro è un modo per tirare a campare. Ma questi abusi hanno visto protagonisti i pacekeepers dell?Onu, durante altre guerre civili, i casi più recenti sono quelli di Congo, Bosnia, Sierra Leone, Rwanda e Kosovo. In questi contesti, le violenze dei Caschi Blu e del personale a seguito delle missioni ?umanitarie? sono state perpetuate in modo ordinario, suscitando molte indignazioni a livello internazionale e ciò ha finalmente aperto in seno alle Nazioni Unite il dibattito su questi fenomeni criminali.
Il primo atto di denuncia, del marzo 2005, è venuto dal rapporto dell?ambasciatore della Giordania all?Onu, il Principe al-Hussein, che dichiara: ?La realtà della prostituzione e degli abusi sessuali nei contesti di peacekeepers è specialmente inquietante e sconcertante perché le Nazioni Unite hanno avuto il mandato di entrare a far parte di una società devastata dalla guerra per aiutarla e non per abusare della fiducia riposta dalle popolazioni locali?, definendo tali atti come ?violazione del dovere fondamentale della custodia e difesa dei popoli in guerra?. Il suo rapporto ha come titolo ?Una strategia comprensiva per eliminare futuri abusi e sfruttamenti sessuali nelle operazioni di peacekeepers delle Nazioni Unite? ed è stato commissionato proprio da tale organizzazione, per riformare il comportamento delle truppe distanti in queste aree di crisi e per la realizzazione di strategie investigative volte a reprimere i crimini a sfondo sessuale dei Caschi Blu, a danno di donne e bambini, il più delle volte in veste di rifugiati.