Il 4 ottobre 2006, a Trezzano sul Naviglio, in provincia di Milano, viene stuprata una ragazza di 19 anni, che tuttavia riesce ad urlare nonostante l?aggressione, così accorre in suo aiuto un ragazzo senegalese, un uomo di colore, il quale corre in direzione dei malviventi. Questi alla sua vista di danno alla fuga. Il Senegalese si rende conto di non poter raggiungere gli stupratori e pertanto torna indietro per offrire soccorso alla vittima. Nel frattempo sopraggiunge un gruppo nutrito di paesani avvertiti dalle grida, i quali si accorgono che la ragazza è in compagnia di un uomo di colore. Alla vista di quel forestiero, la prima reazione dei cittadini è quella considerarlo l?autore della violenza. Così presi da una rabbia collettiva corrono in direzione del soccorritore, il quale impaurito da un probabile linciaggio scappa verso casa sua. Purtroppo giunto alla sua dimora, la folla di paesani è quasi sul punto di raggiungerlo quando interviene la polizia locale, che ferma gli aggressori e salva il ragazzo dal suo destino. Le forze dell?ordine capiscono subito come sono andate realmente le cose e si lanciano alla ricerca dei colpevoli, alcuni ragazzi del luogo, arrestandoli.
Questa incresciosa storia illustra come il pregiudizio razziale sia profondamente radicato nella società italiana, perché molti spesso pensano che l?immigrato di colore sia necessariamente una persona poco raccomandabile, così come ieri succedeva con i comunisti o con i meridionali, in generale con tutte quelle categorie che sono espressione sociale e/o culturale dei ceti meno abbienti della società, definiti dai mass media, nella maggior parte dei casi politicizzati, come dei perturbatori dell?ordine costituito.
Questo episodio è sintomo di una crisi culturale che investe il nostro Paese: basta vedere la qualità della televisione italiana, così denigrata all?estero, che trabocca di reality e shows, ottimi nell?intrattenere gli spettatori, con l?ostentazione di corpi di vallette e ballerine, abbigliate in modo succinto. Per non parlare poi del basso numero di laureati italiani, se paragonati alla media dei paesi più avanzati e dell?insufficiente livello di investimenti nella scuola: numero di insegnanti precari decisamente eccessivo e strutture scolastiche spesso fatiscenti e/o inadeguate. Per poi terminare con il numero esiguo di libri letti pro-capite, in un anno.
Tale crisi si evidenzia anche nel contesto politico, con il proliferale di stereotipi e pregiudizi, che caratterizzano un dibattito all?insegna della demagogia e della superficialità, come molte parti della opinione pubblica e dell?intellighenzia ormai da tempo vanno denunciando. Prendiamo il caso dei Pacs, i famosi patti di solidarietà civili, alcuni politici, come ad esempio Calderoli della Lega Nord, li considerano come il cavallo di troia per l?affermazione dei matrimoni tra omosessuali. Ora parlare di una transizione istituzionale implica logicamente che pacs e matrimoni omosessuali sono due cose diverse, altrimenti tale processo non avrebbe senso.
La ragione reale di tal critiche sembra essere la paura della diffusione dei patti civili, che potrebbe mettere a rischio la centralità monopolista del sacro vincolo matrimoniale. In particolare, in questa critica, non si capisce secondo quale rapporto di causa ed effetto si possa passare dai patti civili ad i matrimoni omosessuali, infatti i primi hanno come scopo la promozione istituzionalizzata della solidarietà tra più individui (parenti, non parenti, tra persone dello stesso o di diverso sesso), i secondi rappresentano invece una forma istituzionale e un fine ben diversi.
Questo è un caso di tipico ragionamento viziato dal pregiudizio, anche perché storicamente i pacs sono nati in Francia, dove pare che i matrimoni omosessuali non esistano. Inoltre da tante parti si rivendica la legittimità liberale dell?Italia, allora non si capisce cosa ci sia di illiberale in questi patti civili.
Una riflessione è d?obbligo: ma è certo che sarebbero proprio i pacs a favorire la dissoluzione della famiglia e quindi la corruzione morale della società? Piuttosto verrebbe da pensare che il matrimonio è già in crisi di per se, basta vedere il numero di divorzi e separazioni o chi resiste allargando la famiglia a qualche amante, stando bene attenti a salvare per lo meno le apparenze. Ma è opportuno comunque salvarlo! Blindandolo dalla concorrenza dei patti civili, liquidati con l?accusa di ?edonismo capitalistico?, tipico di giovani viziati e ?benestanti??.
Altro grande pregiudizio della politica è l?idea che la competizione capitalistica si giochi sul piano del basso costo della manodopera, quindi attraverso i contratti atipici, che però di fatto minano la stabilità lavorativa e sociale. I propugnatori di tale idea, i liberisti, spesso dimenticano l?ammontare dell?indice di sviluppo tecnologico italiano, pari a poco più dell?1%, contro il 4% della Gran Bretagna o il 7,5% degli Usa, nazioni economicamente più avanzate dell?Italia. Viene da pensare: forse non è meglio parlare maggiormente di innovazioni tecnologiche? I contratti atipici sembrano più il frutto di una battaglia sociale campale, tra capitale e lavoro, che piuttosto di una lungimirata politica economica.
In sintesi l?illusione liberista crede che se la polarità è più favorevole al capitale che al lavoro, il capitalista ha più denaro e quindi è maggiormente propenso agli investimenti, ma la certezza di questo esito non è sostenuta da nessuna necessità logica, sembra più che altro un dogma, infatti sottovaluta l?importanza del potere d?acquisto dei lavoratori nel favorire la produzione. Ma è il dogma del pregiudizio il modello di ragionamento per le generazioni future?