Il governo, dopo aver annunciato con il Dpef (Documento di Programmazione Economica e Finanziaria) una serie di interventi strutturali con l?obiettivo di riequilibrare la finanza pubblica, si accinge a varare la ?legge finanziaria? 2007 che probabilmente comporterà grossi sacrifici per tutti anche se, come promette il Presidente del Consiglio dei ministri, non sarà di lacrime e sangue.
Siamo tutti convinti che sia necessario intervenire con riforme ?strutturali? e su tale necessità si stanno esprimendo con disparate proposte sindacalisti, economisti dei diversi orientamenti, che appaiono spesso esercitazioni con ipotesi demagogiche e forse impraticabili, puntualmente riportate dalla stampa anche per innescare il confronto delle idee e il dibattito sull?argomento, nonché per sollecitare l?interesse dei vacanzieri sui sacrifici che saranno chiamati a sopportare prossimamente.
Ma come ridurre la spesa corrente e riportare il deficit nei limiti imposti dall?Unione Europea senza tagliare la spesa sociale, senza effettuare impopolari interventi sulle pensioni e senza aumentare l?imposizione fiscale ?
Assieme ad un?effettiva lotta all?elusione e all?evasione fiscale e contributiva da perseguire con grande determinazione, ad una vera razionalizzazione della spesa sanitaria e una reale contrazione, se non eliminazione delle consulenze milionarie, credo si possa fare molto anche intervenendo sulle spese dell?apparato politico – burocratico, che, nel nostro Paese, è indubbiamente affetto da inefficiente gigantismo.
La lettura del libro di Cesare Salvi e Massimo Villone ?Il costo della Democrazia?, anche se riporta dati e cifre in gran parte conosciuti, induce in effetti a fare parecchie riflessioni.
Infatti, senza fare demagogia, penso che le enormi spese degli apparati politico – burocratici potrebbero essere ridotte di molto.
Le situazioni su cui sarebbe opportuno intervenire sono moltissime e mi limito a portare soltanto qualche esempio:
è stata ipotizzata la riduzione dei componenti il parlamento ma, credo, si potrebbe intervenire anche molto più drasticamente ed efficacemente. Infatti pensando alle Province torna in mente che anni addietro si ipotizzava la loro soppressione mentre oggi assistiamo al continuo incremento del loro numero (dalle 92 di un tempo si è ora passati a 110). Lascia inoltre molto perplessi la recente istituzione delle nuove province in Sardegna (che può ore fregiarsi di ben 10? (sic!) capoluoghi di provincia con relative strutture non solo degli Enti Provincia, ma di tutto l?apparato burocratico – amministrativo dell?amministrazione diretta e indiretta dello Stato, agli organi giudiziari alle nuove sedi provinciali dei vari enti a amministrazioni che obiettivamente, considerato il territorio e la popolazione sarda, appaiono una vera esagerazione) e poi quelle di più recente costituzione (Monza-Brianza, Fermo e Barletta-Andria-Trani).
Mi chiedo: non sarebbe più economico, ma anche più funzionale abolire l?Ente Provincia le cui funzioni appaiono marginali e facilmente trasferibili alle Regioni e ai Comuni e istituire presso le Regioni appositi dipartimenti eliminando tutte quelle strutture e apparati che potrebbero risultare superflui ?
Altro esempio e costituito dai municipi o circoscrizioni. Nelle grandi città, ma non solo, oltre alle strutture politiche amministrative comunali sono stati creati i municipi. Principio lodevolissimo quello di avvicinare l?amministrazione ai cittadini, ma forse i costi vanno ripensati. A Roma i Municipi sono 19 e, oltre svolgere un lodevole attività di decentramento dell?attività amministrativa, si avvalgono ciascuno di un Presidente, 4 assessori e 24 consiglieri i costi dei quali, in termini di onorari, gettoni di presenza e costo dei rimborsi per l?assenza dai posti di lavoro (sono infatti tutti in distacco o in sistematico permesso giornaliero per partecipare quotidianamente a riunioni di commissioni) gravano sulla collettività. Tra l?altro le possibilità gestionali dei Municipi sono generalmente limitate in quanto le amministrazioni comunali centrali si guardano bene dal trasferire gran parte risorse la cui gestione rappresenta il potere reale.
Ma forse il problema più eclatante è che le circoscrizioni (o municipi) sono state costituite anche in comuni di piccole dimensioni con rapporti assurdi tra elettori ed eletti (Rovereto, con 33 mila abitanti ha istituito 7 circoscrizioni con 95 consiglieri; Gorizia, 35 mila abitanti ha 10 circoscrizioni per un totale di 132 consiglieri eletti (dati desunti dal libro sopra citato) e i casi eclatanti sono molto numerosi.
Non sarebbe preferibile ridurre (a 8/9) i Municipi romani e delle altre grandi città trasferendo effettivamente i poteri decisionali e le relative risorse? Non si potrebbe ridurre il numero dei consiglieri? Non sarebbe opportuno prevedere tali strutture soltanto nelle città con oltre 100.000 abitanti e comunque regolarne a livello nazionale la composizione limitando il numero dei componenti ?
Vorrei ora gettare uno sguardo, sia pure sommario, sull?apparato statale.
Negli anni si è riscontrata la tendenza ad incrementare in maniera esponenziale le posizioni più lautamente retribuite. Il numero dei generali e degli alti ufficiali nelle varie armi, dei dirigenti generali e non dei ministeri e delle diverse amministrazioni statali, degli enti locali, della sanità, degli enti pubblici più disparati non potrebbero essere ridotti gradualmente, di una congrua percentuale senza ridurre, anzi migliorando l?efficienza dei rispettivi apparati ?
Questi soltanto alcuni degli enormi risparmi che potrebbero essere realizzati intervenendo seriamente sulle strutture politico ? burocratiche per ridurre i costi diretti e indiretti dello stato, eliminando le costose consulenze, utilizzando per realizzare migliori servizi ai cittadini il personale comandato e/o distaccato nelle innumerevoli segreterie e gabinetti ed evitando di assumere iniziative impopolari sulle pensioni e sui servizi sociali.
Gli interventi nella direzione proposta non comporterebbero risultati immediati perché riforme del genere debbono essere diluite nel tempo e anni per la loro realizzazione, ma avvierebbero indiscutibilmente il risanamento del bilancio della nostra Italia.
Mi chiedo se tali riflessioni siano qualunquistiche.