Nella finanziaria 2006/2007 uno dei capitoli di bilancio più corposo e oggetto di tagli sociali è quello relativo alla sanità pubblica. In un?inchiesta sulla più volte denigrata sanità laziale, condotto dalla trasmissione televisiva Report, emergono in tutta lo loro più acuta contraddizione gli sprechi prodotti da provvedimenti legislativi che rispondono a logiche corporative e clientelari, tipiche della politica. Spesso, chi scrive tali leggi è legato direttamente o indirettamente al conflitto d?interessi, di questo e quel potentato economico.
Ma vediamo nello specifico il problema. La legge italiana, secondo le riforme degli ultimi anni, permette agli enti pubblici di esternalizzare i propri servizi, ossia di indire dei bandi di gara con cui la loro erogazione viene appaltata a delle imprese private. Cosa succede ora? Secondo quanto mostrato da Report, le cooperative legate a queste imprese, che gestiscono effettivamente il servizio, non si preoccupano di coordinarlo, come imposto dalla legge, ma di svolgere esclusivamente un ruolo d?intermediazione, tra domanda e offerta di lavoro. In pratica le cooperative si preoccupano di reclutare solo il personale, attraverso contratti precari e da fame. Nello specifico, gli stipendi erogati a questi lavoratori sono quasi sempre al disotto di quelli stabiliti nel bando di gara. Inoltre, grazie alla legge sulle esternalizzazioni, le cooperative possono pagare i contributi dei propri dipendenti, tenendo conto solo della metà del loro salario minimo, stabilito nel contratto d?appalto; mentre un ente pubblico deve pagare i propri salariati in relazione a tutto lo stipendio. Ma nonostante ciò, risulta da chi gestisce ed è responsabile degli enti pubblici, che l?erogazione diretta del servizio da parte dello Stato è comunque meno costosa rispetto alla sua esternalizzazione ad imprese private.
Ma secondo quanto riportato dal servizio, i direttori degli ospedali oggetto dell?indagine, Sant?Andrea e l?Umberto I di Roma, affermano che la realizzazione dei bandi di gara è frutto delle pressioni politiche di queste grandi aziende, infatti sono loro a stabilire i punti qualificanti dei concorsi, in relazione ai propri interessi. In effetti si tratta di poteri forti quali la Compagnie delle opere, la Capo d?Arco, le imprese legate all?imprenditore Lotito, che attraverso le loro cooperative sfruttano migliaia di lavoratori, con contratti vessatori e da fame: infatti gli operatori non hanno né ferie né giorni di malattia e né straordinari pagati. Per tale motivo non sono considerati sindacalizzabili da Cisl, Uil e Cgil. Solo i Cobas si preoccupano di questi ?poveracci?.
Lo spreco di denaro nella gestione della cosa pubblica determina dei buchi di bilancio, che devono essere poi compensati attraverso tagli alla spesa sociale, che garantisce i diritti dei cittadini. Il favorire tali sprechi non ha bandiere politiche, è tanto di destra quanto di sinistra, il problema è che ciò si traduce in un aggravio di tasse per i contribuenti. Ed è alla luce di tali premesse che vanno lette le critiche dell?Ulivo, nei confronti della partecipazione di alcuni elementi del governo, alla recente manifestazione contro il lavoro precario: siamo in presenza di una forte polarizzazione di interessi sociali che si rispecchia nella prassi politica.