Una campagna elettorale silenziosa si va consumando in questi giorni a Roma: è una campagna di cui i cittadini romani non hanno quasi sicuramente percezione, che si avverte semmai in quei quartieri più densamente abitati dalle comunità straniere.
Il prossimo 10 dicembre, per la seconda volta dal 2004, gli stranieri residenti a Roma tornano alle urne per votare i propri rappresentanti: 4 consiglieri al Campidoglio e 19 nei consigli dei municipi.
Si tratta di una rappresentanza esigua per numero e per i poteri che spettano alla figura del consigliere aggiunto, al quale non è concesso ad esempio il diritto di voto nelle assemblee. Ma si tratta anche di un?esperienza veramente significativa per quanti da anni vivono e lavorano a Roma da stranieri.
Questa marginale possibilità di partecipazione alla vita politica cittadina ha infatti innescato una serie di meccanismi a mio avviso assolutamente positivi, che fanno intravedere il traguardo dell?integrazione meno retorico e un po? più vicino. Al di là del momento contingente della ricerca del voto, che ha senza dubbio il merito di rinfrancare i rapporti interni alle comunità di appartenenza, già questa seconda tornata elettorale segna una decisiva maturazione degli immigrati romani ? proviamo a chiamarli così ? all?interno dei meccanismi della democrazia italiana.
Un primo dato significativo è il fatto che siano state elaborate delle liste elettorali che hanno esibito non solo un programma comune, ma anche una trasversalità dell?appartenenza nazionale dei candidati; ciò significa ricercare i voti oltre la propria comunità, stabilendo e creando legami politici più vasti e trasversali, in chiara controtendenza con le dinamiche di conflittualità che a più riprese sono emerse in questi anni.
Il secondo aspetto rilevante mi pare il progressivo avvicendamento ai partiti politici italiani, che segna da un lato il superamento di uno stadio puramente associativo degli stranieri, dall?altro l?apertura da parte della politica romana a persone già pienamente partecipi della vita sociale, culturale ed economica del Paese. Si tratta in questa fase di un incontro estremamente delicato, che inevitabilmente espone i partiti all?accusa di strumentalizzazione, e per contro gli immigrati ad essere additati come semplici strumenti della politica; ma è anche un incontro inevitabile, se consideriamo che in Italia già un bambino su cinque nasce in contesto migratorio, lasciando chiaramente intravedere un futuro multietnico.
Com?è noto la Margherita è un partito che richiama anche un ancoraggio cristiano, fatto questo che non ha tuttavia impedito un incontro significativo e proficuo con persone – ma vorrei dire amici – di altre fedi religiose, che con un entusiasmo ormai estraneo ai politici indigeni, hanno voluto confrontarsi con le sfide della politica.
La Margherita di Roma ha candidato alle prossime elezioni ben 40 possibili consiglieri, di cui 9 al Campidoglio e 31 nei municipi: alcuni di loro hanno alle spalle già una prima esperienza di partecipazione al governo cittadino, altri esplorano per la prima volta questo campo insidioso ed entusiasmante.
A tutti loro vanno i miei più sinceri auguri, a noi, cittadini italiani, l?invito a riflettere sulla necessità di rendere questo Paese più ospitale nel diritto, e nei fatti più aperto al futuro.
Da ?Europa? del 29 novembre