Che fossero ?sessantamila, per gli organizzatori, trentamila per la questura, o dodici secondo Ruini?, come ha ironizzato Serena Dandini dal palco di piazza Farnese, sabato pomeriggio i manifestanti erano comunque abbastanza.
Abbastanza per testimoniare il sostegno di una parte della società civile italiana ad un Ddl, quello a firma Bindi Pollastrini, che è il primo, timido tentativo di trasferire parte dei diritti riconosciuti alla famiglia italiana, a tutti gli individui che scelgono di vivere in coppia, al di là delle proprie scelte culturali e sessuali.
Una piazza festosa e colorata, irriverente quel tanto che bastava a sottolineare un distacco ironico dalla rigidità morale con cui non solo da Oltretevere si è affrontato in questi mesi lo spinoso problema delle unioni civili.
?Dico io, papa Ratzinger, così tu ci Ruini la vita!? recitava un improbabile prelato in bicicletta. Poco distante, proprio sotto la statua del povero Giordano Bruno, un Che Guevara incinto assicura: ?Ti Dico, il padre è Mastella?. E poi la Binetti, che sponsorizza una nuova marca di cilici, e Andreotti che, ? dirindina baciava in bocca Totò Rina?.
Tanta voglia di ridere sì, di sdrammatizzare, ma anche di fare sul serio, perché i diritti sono una cosa seria. La manifestazione lo sapeva: ha ascoltato con attenzione gli interventi dei ministri Pollastrini, Pecoraro Scanio, Ferrero e degli esponenti politici seduti sul palco; ha fischiato, applaudito, partecipato.

C?erano in realtà due questioni diverse in Piazza Farnese: una per così dire pragmatica, che tocca da vicino la vita materiale di un numero crescente di famiglie nate fuori dal matrimonio (l?Istat dice 500.000 già nel 2005), che chiedono alla legge tutele concrete, come la reversibilità della pensione o il diritto di compiere scelte decisive per la persona che si ama qualora lei non possa più.
Ma c?era anche una questione più squisitamente politica, più profonda e più insidiosa soprattutto se guardata dalla prospettiva, deviata che sia, della comunità omosessuale. Si tratta in questo caso di tutelare i diritti di una minoranza per la quale non esistono riconoscimenti alternativi a quello anagrafico delle unioni civili. Un fatto che non deve passare inosservato in un paese civile, spaventato o ancora culturalmente impreparato che sia ad affrontare il legame, l?amore e il sesso all?interno della coppia omosessuale.
Negare un riconoscimento giuridico a queste unioni di minoranza, anche un riconoscimento ?leggero? com?è in fondo quello approvato dal governo, è un?operazione estremamente pericolosa. E ancor più pericoloso suona il tentativo di lasciare scivolare la discussione, com?è accaduto nelle ultime settimane, sul piano dell?opposizione tra diversità di cultura e diversità di natura, per cui sarebbe lecito e necessario tutelare i diritti di una minoranza linguistica o religiosa ma non quelli della coppia omossessule.
In questo clima, sabato pomeriggio c?era davvero di che sentirsi sollevati davanti alla naturalezza con cui tante coppie omosessulali, giovani e meno giovani, hanno pubblicamente esibito il loro diritto ad essere ?diverse?.