E? difficile, probabilmente impossibile, esprimere oggi le riflessioni e i sentimenti che evocano la figura di Nino Andreatta.
E? appartenuto alla politica alta, a quella che non accetta compromessi al ribasso, a quella che sa sfidare l?impopolarità se attraverso di essa passa il bene comune. E?stato innovatore in ogni campo in cui si è cimentato; ha anticipato trent?anni fa il modello di riflessione politica ed economica basato sul rapporto tra i centri di ricerca e i luoghi della decisione politica. Era una modalità che in Italia non esisteva, mentre oggi, importato anche dall?estero, è diventato schema di lavoro diffuso.
Ha coniugato tecnica e politica quando i due mondi parevano inconciliabili. Ha dato lezioni di laicità e di correttezza nei rapporti tra Stato e Chiesa, lezioni che rimangono nella nostra storia repubblicana. Ha formato generazioni di ricercatori e di politici, che hanno sempre trovato in lui un maestro unico, capace, oltre che di parlare e trasmettere insegnamenti, anche e soprattutto di ascoltare.
Ma è la lezione del rigore quella per la quale forse Andreatta sarà più ricordato; sarebbe però riduttivo riferire questo concetto al solo aspetto finanziario. La sua inflessibilità sui principi lo ha portato a pagare prezzi politici che rappresentano oggi un monito esigente e l?indicazione di un percorso di grande attualità.
Ma tutte queste immagini si sovrappongono in un unico, profondo e grande sentimento che suscita oggi Andreatta in chi lo ha conosciuto, la gratitudine. L?abbiamo tutti scoperta in questi anni di sofferto silenzio. Gratitudine immensa, non misurabile, per l?unicità e la straordinarietà di quello che abbiamo ricevuto. E? un sentimento personale, ma è anche un pensiero politico, che accumuna sicuramente tutti quelli che insieme a lui hanno rinnovato una storia che si era profondamente alterata e con coraggio ne hanno costruita una nuova.
L?unica parola vera che prevale è grazie.
Europa