Diciotto giorni al congresso della Margherita: sono quasi completate le tappe regionali e locali, e adesso arriva il difficile. Molti possono pensare che il grosso del lavoro sia fatto, ed è certamente vero che abbiamo alle spalle la parte più delicata della definizione degli equilibri territoriali interni. Ed ancora più vero è che l?intesa fondamentale era già alle nostre spalle: il via libera alla nascita del Partito democratico. Le lunghe settimane scorse, dense di tensioni e di polemiche, non hanno certamente proiettato un?immagine brillante della Margherita, ma c?est la vie: tutti i congressi, se sono importanti, comportano confronti e talvolta scontri. Il punto delicato di queste brevi settimane che ci separano dal congresso (sperando che la zizzania sia terminata) è però un altro: che messaggio diamo al paese, che obiettivi diamo al Partito democratico.
Debbo rispondere prima di tutto a una domanda che mi è stata rivolta: perché i lettori dei giornali ? e i militanti che hanno partecipato ai congressi ? hanno ricevuto dei segnali tanto conflittuali, se sulla linea politica si era tutti d?accordo, essendo una sola la mozione congressuale, con la mia prima firma seguita da quelle di tutti i principali dirigenti del partito (salvo Franco Marini, che non ha firmato solo per dovere istituzionale)? Ognuno sull?argomento si sarà formato la propria idea. Io ho tuttavia il dovere di chiarire alcuni passaggi.
Non è vero che sia stata in questione, come si è scritto, una ?pretesa? del presidente del partito di ?definire? le liste dei delegati al congresso: al contrario, mi era stato affidato un compito di garanzia precisamente stabilito dal regolamento congressuale, che ho esercitato per garantire che le liste collegate all?unica mozione fossero, in ciascuna regione, rappresentative delle forze in campo e rispettose delle posizioni di tutte le minoranze. In un solo caso sono pervenute al presidente per la convalida due liste contrapposte, e anche in quel caso si è trovata alla fine una soluzione condivisa da tutti. In nessuna regione si sono registrate contestazioni, e dunque il presidente ha svolto, semplicemente ? e come avvenuto sempre in questi cinque anni ? una funzione al di sopra delle parti.
Non è neppure vero che si fossero presentati ordini del giorno volti a ?commissariare? Rutelli. Per carità: chiunque, in un partito di persone libere, ha la prerogativa di poter mettere in discussione chi guida; e il nostro statuto prevede precisamente le modalità, che non hanno alcun bisogno di essere cambiate, attraverso cui il presidente e i dirigenti siano sostituibili. L?ordine del giorno approvato in diversi congressi invita, invece ? e saggiamente ? l?imminente congresso federale a definire un mandato all?assemblea federale perché i passaggi decisionali legati alla nascita del Pd vengano gestiti in quella sede senza bisogno di convocare nuovi congressi.
Ancora: non è vero che questi congressi abbiano visto nascere una ?corrente rutelliana?, espressione di parte anziché esercizio della rappresentanza generale da parte del presidente del partito.
Sin dall?inizio della vicenda della Margherita ci sono persone che con me collaborano o che mi sono vicine, e che in verità io ho regolarmente scoraggiato dall?organizzarsi all?interno del partito.
Diciamo che alcuni fatti le hanno spinte stavolta a organizzarsi meglio. Comprendo bene queste ragioni, ma dico: ora tutti si riuniscano sotto la stessa bandiera, quella della Margherita; e, tra breve, del Pd. Infine: è naturale che in un periodo in cui alcuni di noi, e io per primo, siamo chiamati ad altre responsabilità istituzionali oltre che a quelle di partito, gli organi che verranno eletti dal congresso debbano rispondere all?esigenza di migliore funzionalità nelle difficili fasi che ci attendono.
Dunque, è giusto che sia rafforzata la figura del coordinatore dell?esecutivo ed è ovvio che si assicuri negli organi dirigenti il massimo di collegialità, assieme a quei rapporti fi- duciari propri del nostro statuto e alla rappresentatività delle diverse sensibilità interne, che abbiamo sempre rispettato.
Nei congressi, che sono stati espressione di un processo troppo lungo, con troppe contese legate a tesseramenti spropositati, e con un diseguale e non di rado insoddisfacente svolgimento del dibattito politico, sono state elette persone motivate, capaci, in grado di rappresentarci bene nelle tappe future. Ora tutti sono interpellati a dare un contributo costruttivo, positivo, creativo. Non ci saranno esclusioni, semmai attente inclusioni.
E il contributo più prezioso, e che più accuratamente sarà osservato, è quello delle idee, delle proposte per rendere forte e convincente il Pd.
Penso che ogni settimana che passa confermi la necessità e la validità della scelta del Partito democratico. Chi si aspettava un ?rompete le righe? nel campo del centrodestra ha subìto una controprova significativa: Berlusconi è lì, ed è il leader di riferimento.
Chi si illuda di riformare la politica italiana attraverso ingegnerie elettorali- istituzionali non ha molta strada diritta davanti. L?unica maniera credibile per porre termine all?infinita transizione della repubblica è politica: far nascere il Pd, creare il baricentro delle riforme, della modernizzazione, del cambiamento.
Certo: nel campo avversario sono ? finalmente! ? emerse le crepe inevitabili.
La divaricazione strategica dell?Udc, le divergenze affioranti da parte della Lega, i malesseri legati (in quel campo tanto iper-presidenziale) alle prospettive di ricambio della leadership.
Questo dovrebbe indurre Prodi, il governo e la coalizione ? finalmente! ? ad agire per imporre l?agenda delle riforme attraverso messaggi chiari e comprensibili al paese: gestire noi l?agenda e indicare la direzione da percorrere, in modo nitido, al popolo italiano in questa legislatura.
Dunque, esiste una potenzialità considerevole.
E ci sono rischi molto grandi: primo tra questi, un processo di nascita del Pd autoreferenziale, chiuso all?interno dei due partiti fondatori.
Ma, attenzione: nessuno provi a sminuire l?immane portata del lavoro che si è fatto, il coraggio dell?impresa rispetto alla conservazione degli equilibri esistenti. Si tratta di lavorare, adesso, per dare qualità e slancio alla decisione, una volta che essa è a portata di mano. Grazie, ribadisco, alla grande fatica che in tanti abbiamo compiuto, anche quando la semplice idea del Pd appariva velleitaria.
Il Pd non dev?essere ? l?ho ricordato al congresso della Margherita del Lazio ? un seguito della vicenda del Pci-Pds-Ds: sarà un partito nuovo, anche nella sua proiezione europea ed internazionale. Né una creatura da salotto: dev?essere un grande fatto popolare, e attento alle esigenze dei ceti popolari. Né una monocultura laicista, esattamente quanto non sarà disponibile a un richiamo clericale: deve essere attento, autenticamente, alla ricchezza plurale della società italiana. Né prudentemente statico: dev?essere il partito della modernizzazione del paese, delle riforme coraggiose, delle decisioni nette e troppo a lungo rinviate che debbono far agganciare l?Italia al mondo che corre.
Ecco: questi diciotto giorni davanti a noi, ora che le tappe difficili dei congressi territoriali sono alle nostre spalle, servono a creare le basi per le grandi decisioni politiche dei congressi di Firenze e di Roma, dei Ds e della Margherita. Per suscitare attese e passioni, rinnovare speranza.
Stiamo per compiere un atto di rilevanza enorme. Dobbiamo dare il meglio di noi.