L’obiettivo che ci proponiamo con il disegno di legge delega Amato-Ferrero è governare il fenomeno dell’immigrazione senza subirlo. Nei dieci mesi di lavoro che hanno preceduto la presentazione e l’approvazione del testo di riforma in Consiglio dei ministri, sono stati proprio i datori di lavoro e le famiglie a sottolineare che la vecchia legge offriva un percorso a ostacoli allo straniero che voleva inserirsi e lavorare nel nostro Paese. Il che ha finito, di fatto, per incentivare la clandestinità anziché sconfiggerla.
L’attuale impianto normativo si proponeva di fronteggiare l’immigrazione clandestina all’insegna di un maggior rigore, ma in realtà ha introdotto istituiti e disposizioni che alla prova dei fatti, qualche volta si sono rivelati irrealistici, qualche altra volta inattuabili o inefficaci. La Bossi-Fini ha risentito troppo di una impostazione difensiva e, per questo, ha privilegiato scelte repressive che, tuttavia, non possono riuscire a fermare un fenomeno che si impone per ragioni sociali ed economiche.
Come si può pensare, dunque, che l’incontro tra domanda e offerta di lavoro avvenga in un ?altrove? non ben precisato e che lo straniero giunga in Italia a lavorare nelle nostre case e nelle aziende già con un contratto in mano? Gli italiani, cittadini o imprenditori, vogliono sapere, conoscere, avere delle garanzie prima di assumere persone che dovranno entrare nelle proprie abitazioni, prendersi cura di figli e anziani o essere impiegati nelle proprie aziende. E’ per questo che abbiamo scritto la nuova legge prescindendo dagli ideologismi e affidandoci a un approccio realistico. Abbiamo parlato con le associazioni di categoria, il volontariato, i sindacati.
Questa proposta di legge è figlia del confronto.
L’intenzione che il disegno di legge delega esprime è stabilire regole chiare e di buon senso. Utili, insomma, all’inserimento costruttivo degli stranieri in Italia.
Siamo intervenuti su un punto in cui la Bossi-Fini si è rivelata carente, ossia l’incontro tra domanda e offerta di lavoro. Per questa ragione dobbiamo promuovere politiche che accompagnino il naturale processo d’integrazione, definendo nuove regole in materia di cittadinanza, favorendo una gestione dei flussi migratori che sostenga, insieme alle ragioni del mercato del lavoro e del sistema produttivo nazionale, anche il protagonismo attivo degli immigrati. Insomma si tratta di distinguere il grano dal loglio. Non bisogna mai dimenticare che oggi il nostro è u nPaese a bassa natalità che grazie all’immigrazione riesce a garantire la necessaria vitalità demografica e contribuisce alla sostenibilità del sistema pensionistico.
I lavoratori immigrati sono una risorsa fondamentale per le nostre imprese e le nostre famiglie. Tutte le analisi economiche concordano sul fatto che l’immigrazione produce sviluppo e non toglie lavoro ai residenti.
In questa direzione abbiamo già messo in campo provvedimenti importanti per riportare l’Italia nel contesto europeo: penso allo schema di decreto sui ricongiungimenti familiari, a quello per la carta di lungo-soggiorno, al disegno di legge sulla cittadinanza e sulla riduzione in schiavitù nei luoghi di lavoro, o ancora alle forme di tutela per i minori stranieri non accompagnati.
Il nostro obiettivo è varare un sistema normativo che non produca lavoro nero e anzi invogli i cittadini stranieri a entrare e lavorare regolarmente in Italia. Ci vogliono, pertanto, regole chiare ma anche rigore contro le forme di sfruttamento degli immigrati, che rappresentano ormai un businnes diffuso soprattutto quando riescono a trarre profitto dalle loro condizioni di vulnerabilità, di irregolarità.
Su questa riforma, che noi proponiamo, auspico un serio confronto parlamentare che possa determinare, perché no, anche un?arricchimento del testo. Ma è necessario mettere da parte i pregiudizi agitando fantasmi perché è interesse di tutti che il fenomeno migratorio si svolga nella regolarità.
*Sottosegretario di Stato
del Ministero dell?Interno