Ad un anno dall?insediamento del governo Prodi e dopo le sue molteplici prove di tenuta, compresa l?ultima tornata elettorale amministrativa, continua ad esserci un vecchio e paventato scheletro, quanto sgradevole e screditante per il nuovo Partito Democratico nascente, che di tanto in tanto fa capolino, probabilmente mosso ad arte, per aggirasi imprudentemente indisturbato nelle magistrature e nelle redazioni giornalistiche italiane.
Il caso Unipol, continuando a persistere indegnamente nella cronaca quotidiana attraverso veri e propri fulmini a ciel sereno, inerenti o che non ci azzecchino affatto, come il ?sospettato? turnover di palazzo alla GdF ?Speciale D?Arrigo? o l?ultima pubblicazione delle intercettazioni dei magistrati, fino a ieri secretate, sul caso, rimane il fatto che falsa o vera che sia, su questa storia ci sarà ancora tanto da dire e da scrivere. Di fatto, nelle stanze che contano, il caso Unipol non ha mai smesso di tener banco, perché forte è la sensazione nell?opinione pubblica che il vero problema di fondo in questa vicenda sia una questione morale interna ai DS, e alla sinistra in generale, mai veramente risolta.
Dal ?89 in poi, il comunismo con i suoi movimenti e partiti politici sparsi per il mondo, e soprattutto con gli uomini che ne hanno sostenuto la forza e gestito il potere nel corso degli ultimi decenni del XX secolo, si è, in quanto tale, decisamente ridimensionato se non addirittura scomparso o trasformato ovunque; ad eccezione di alcuni stati come Cina, Cuba e Corea del Nord, dove il processo di conversione del sistema sembra battere strade più lente e non legate a sconvolgimenti repentini. Per questo in Italia non si scandalizza più nessuno che gli stessi esponenti che ora stanno al vertice dei DS e del governo attuale prima del ?89, erano tranquillamente seduti sugli scranni del Partito Comunista italiano. Questo è il normale svolgersi di una democrazia che esprime i propri valori.
Questa trasformazione, così come in tutto il mondo, ha innescato anche nel contesto politico italiano un mutamento considerevole che ancora oggi, dopo diciotto anni dalla caduta del muro di Berlino, non si è pienamente compiuto. Un mutamento in continuo movimento, passato attraverso l?amnistia del ?89, la tangentopoli del ?92 e le varie riforme elettorali che ne sono seguite. Un mutamento che avrebbe dovuto spazzare via cinquant?anni di repubblica ?sbagliata? e che ci avrebbe dovuto condurre ad un bipolarismo secco, ad un sistema sicuramente diverso e probabilmente migliore e più garantista. Purtroppo per anni si è voluto far credere che una parte della politica italiana non era corrotta e che deteneva una moralità superiore rispetto agli altri. Questo per nostra fortuna non è, non può e non deve essere vero. Come potrebbe mai considerarsi sana una democrazia basata su di un sistema dove una parte politica ne delegittima un?altra perché è o si crede di esserne migliore? Questa errata valutazione, negli ultimi 15 anni, ci ha semplicemente ingannato, impedendoci di fatto di correggere la rotta e ripartire nella giusta direzione che avrebbe determinato, tra le altre cose, una più equilibrata competizione politica.
Nella scommessa di oggi sul partito democratico c?è anche questo. Per carità, nessuno vuole mettere alla gogna gli ?ex-comunisti?, mandarli in galera o cancellarli dai libri di storia. Auspicabile sarebbe però, da parte dei DS, una presa di posizione netta sulla ?questione morale?. Un esame trasparente ed in profondità, e a tutti i livelli, che faccia capire alla gente gli errori commessi negli anni, prima e dopo il ?92, anche da parte dei comunisti. Bisogna avere il coraggio di andare fino in fondo e voltare pagina per chiudere definitivamente, anche per la sinistra, il capitolo più buio della prima repubblica. Perché non è solo un atto dovuto ma è una forte e concreta necessità, ormai irrinunciabile, per ognuno di noi intento alla costruzione del Partito Democratico.