Il tribunale militare di Roma, con un provvedimento specifico emesso il 25 Maggio scorso, prima ha concesso al detenuto Erich Priebke, ex capitano delle SS agli arresti domiciliari, di occuparsi di traduzioni e catalogazione di materiale giuridico presso lo studio del suo legale in via Panisperna a Roma, accordandogli quindi la libertà di andare a lavorare come fosse un qualunque delinquente e non il feroce nazista assassino delle Fosse Ardeatine, poi, neanche un mese dopo e con la stessa facilità ed ingenua tempestività, ne ha revocato l?attuazione per la pace ed il bene di tutti.
Ma cosa ha fatto gridare allo scandalo, ha alzato la protesta, portando centinaia di persone in piazza a manifestare la loro rabbia ed indignazione? L?uomo Priebke con i suoi limiti, le sue debolezze, i suoi errori e la sua storia personale infame o il simbolo di quell?indicibile ed agghiacciante orrore che egli, pur se vecchio e logoro, ancora con viva forza rappresenta?
La storia, spesso, lega inscindibilmente l?uomo ad un simbolo. Nel crogiolo indelebile della memoria ne fonde insieme le due anime, concependo un essere che va al di là della sua stessa carne, della sua stessa vita, della sua stessa volontà e capacità di non volere e potere più esistere in quella determinata forma. Ma gli uomini, a volte, con le loro leggi ed istituzioni democratiche create apposta per garantire l?equità di ogni uomo di fronte ad un giudizio, dimenticano il peso della storia, il dolore del ricordo, il sangue delle vittime e, strappandogli il simbolo di dosso, lo assolvono oltre il suo stesso pentimento, per lasciarlo nudo e solo al cospetto del perdono e della sua reale identità: un vecchio incapace di fare ancora del male e non più un mostro che porta sulle sue spalle il peso della vergogna di un?intera nazione all?apice della sua potenza e che l?umanità ha già relegato in uno degli angoli più bui della storia.
Non è la prima volta che un tribunale, civile o militare che sia, si adopera in questa particolare e delicata alchimia. Altri uomini, scissi da simboli estremamente negativi se pur di essi ne rappresentavano ancora fortemente l?essenza, sono stati lasciati liberi di vivere nelle nostre società civili, indifferentemente o distrattamente tollerati da tutti. È il caso di Pinochet e dei dittatori africani, o di alcuni nostrani terroristi che tranquillamente oggi conducono una vita normale e appagante a discapito delle loro vittime di ieri. In ognuno di questi casi le società civili hanno cercato di demonizzare soltanto il simbolo, osteggiandolo in ogni sua forma di feedback e colpendolo per annientarlo definitivamente, ritenendo, comunque, già pagato il conto da parte dei suoi, di all?ora, ardenti fautori.
L?essere capaci di condannare le ideologie ed i simboli ad esse associati, salvando dal massacro gli uomini e le donne che ad esse hanno creduto e che volontariamente od involontariamente ne sono stati nel bene e nel male gli artefici, è una matura ed ambiziosa prospettiva per la nostra società a cui dobbiamo tendere con tutti i nostri sforzi democratici e cristiani.