Quando mi offrirono di lavorare per ?Care?, quel 14 dicembre, avevo già rinunciato al sogno di diventare un giocatore di basket. Papà era morto appena da un anno con il desiderio di vedere un?ultima volta Asso il figlio maggiore. Asso era fuggito dieci anni prima, dopo essere stato nascosto sei mesi in casa. Una notte lo avevamo accompagnato sulle montagne della Turchia in qualche modo era riuscito ad avere il riconoscimento di rifugiato ed era scappato in Canada. A quel tempo pensava ancora di potersi laureare. Aveva dato tutti gli esami, anche la tesi in lingua e letteratura inglese era pronta. All?università era andato spedito come un treno. Ma gli mancava la tessera del ?Ba?ath party?. A Bagdad era difficile trovare qualche curdo che fosse iscritto al partito. Così anche Asso. Prima della seduta di laurea gli dissero che senza la tessera non avrebbe mai avuto quel pezzo di carta. Decise di rinunciarvi.

Cominciarono sei mesi di angoscia perché, dopo la tessera, Asso rifiutò anche di arruolarsi nell?esercitò di Saddam. Era un disertore. Non poteva affacciarsi alle finestre. Se qualcuno dei vicini lo avesse visto sarebbe stato obbligato a denunciarlo. Vennero a cercarlo un paio di volte, ma lui rimase sempre nel suo nascondiglio. Sapevamo che altri ragazzi erano stati scoperti, torturati, uccisi. Erano dei traditori. Ad Asso non restava altro che fuggire. Io ebbi l?onore di accompagnarlo sui monti. Per me quello era il primo distacco. La prima perdita. Quella notte divenni di colpo adulto.

Sapevo che noi curdi non eravamo molto amati da Saddam, né dagli altri stati dove dovrebbe nascere il Kurdistan. Avevo sentito parlare in casa delle persecuzioni e delle violenze. Le avevo vissute sin da piccolo. E la vicenda di mio fratello mi aveva aperto definitivamente gli occhi. Ma mai avrei immaginato di dover scappare con tutti gli abitanti della mia città all?improvviso. È successo dopo la guerra del Golfo. Tre milioni di persone sono fuggite. Un terzo proveniva dalla mia città. Era il 23 marzo del 1991. Ci fermammo in un campo della Croce Rossa e dell?Acnur ai confini con l?Iran. Fu la prima di una lunga serie di fughe con il cuore in gola.

Quando tornammo in città le Nazioni unite aveva creato uno spazio di vita per noi curdi. ?Care?, una Ong australiana, accettò di farmi lavorare come benzinaio. Facevo parte dei 250 curdi che erano stati assunti. Iniziai dal gradino più basso e dopo 27 mesi ero entrato nello staff amministrativo. Ero soddisfatto di quel poco che avevo, a quel punto pensavo soltanto a sopravvivere. Avevo completato gli studi all?università, il lavoro mi piaceva, mi piaceva essere apprezzato per la scrupolosità e per l?attenzione che mettevo in ogni cosa che facevo. Venti giorni dopo la mia assunzione era stato ammazzato il capo della Ong dove lavoravo. Ci avevano avvisati: la polizia segreta di Saddam aveva posto delle taglie sulla testa degli stranieri che aiutavano i curdi. Chi come me lavorava con gli stranieri era considerato una spia al servizio dei governi occidentali. Per questo l?organizzazione ci scortava e ogni giorno il pulmino ci prendeva di mattina e la sera ci riaccompagnava a casa, dopo il lavoro.

Di amici ne ho persi tanti. Il 13 dicembre ?93 toccò a me. Era esattamente un anno dopo la mia assunzione. Buttarono una bomba. Era di cattiva qualità e la cosa complicò il rischio di infezioni. Riportai una brutta ferita alla gamba e un brutto danno alla mano sinistra. Stetti 40 giorni in ospedale e fui sottoposto a tre operazioni.

Ho deciso di scappare la sera del 25 agosto del ?97. La bomba che avevano piazzato fuori casa non ha ucciso nessuno, ma restando avrei esposto tutti a un grande pericolo. Dopo 16 anni rifacevo la strada che in quella notte della mia adolescenza avevo percorso con mio fratello.

Lo scorso anno 8951 iracheni hanno chiesto asilo in Svezia, nel 2005 erano stati 2.330. Quasi 3000 sono arrivati nei soli mesi di novembre e dicembre. Rappresentano circa la metà dei rifugiati iracheni che arrivano in Europa.
Quindi il lavoro del JRS Svezia consiste in gran parte nell?offrire servizi a richiedenti asilo e rifugiati iracheni. In particolare il Jrs segue con progetti di prima e seconda accoglienza un gruppo significativo di curdi iracheni.

Dall?inizio del 2007 il Jrs Svezia invia un gruppo di ?visitatori volontari? nel centro di detenzione di Marita, nella zona nord di Stoccolma.
I volontari debitamente formati offrono supporto psicologico, legale e religioso a richiedenti asilo in attesa di identificazione e a quanti hanno un provvedimento di espulsione.
Per i migranti in detenzione, tra cui molti iracheni, il trattenimento dovrebbe durare normalmente 11 giorni e in situazioni eccezionali può arrivare a due settimane.
Il Jrs Svezia denuncia un aumento preoccupante di casi per cui non vengono rispettati i limiti di tempo previsti dalla legge.