La rappresentanza politica caratterizza la democrazia rappresentativa; per rappresentanza politica si intende quella forma di rappresentanza in cui l?eletto, agendo nell?interesse dell?intera nazione, non è soggetto ad un mandato vincolato. Il libero mandato è espressione della sovranità delle assemblee elette dal popolo (infatti il Parlamento, i Consigli Regionali, Provinciali e Comunali sono organi direttamente rappresentativi del popolo).
La rappresentanza politica va distinta dalla rappresentanza giuridica, in cui gli atti compiuti da un soggetto (rappresentante) in nome e per conto di un altro (rappresentato) producono effetti nella sfera giuridica di quest?ultimo. Nella rappresentanza politica, a differenza, gli eletti non rappresentano i propri elettori, ma la nazione; non vi è alcun rapporto giuridico fra i rappresentati e i rappresentanti, i quali, ex art. 67 Cost., agiscono senza vincolo di mandato e non possono esser revocati dagli elettori. Inoltre la rappresentanza politica ha carattere collettivo, cioè gli atti dei rappresentanti hanno efficacia, di fatto e indiretta, nei confronti di tutti i cittadini (es. le leggi).
Come detto, in base all?art. 67 Cost. (?ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato?), la rappresentanza politica è necessariamente legata al divieto di mandato imperativo, per cui il rappresentante non ha vincoli giuridici nei confronti degli elettori e può agire liberamente. Tale divieto, effettivo nei confronti del corpo elettorale che non può né revocare, né controllare i suoi rappresentanti per tutta la durata del mandato, è di fatto attenuato dalla presenza in Parlamento dei partiti politici, le cui discipline, appunto, risultano ridimensionarlo; infatti i rappresentanti, liberi solo formalmente di agire come meglio credono, devono attenersi alle direttive del proprio partito per non perderne il sostegno, col rischio che il Parlamento divenga, sempre più, espressione degli interessi di partito, anziché di quelli generali.
Pertanto tale rappresentanza politica, subordinata alla volontà dei partiti, ?espropria il popolo del rapporto rappresentativo a vantaggio dei partiti stessi. Questa espropriazione è minore e meno grave se e nella misura in cui a loro volta i partiti sono rappresentativi, cioè riescono realmente ad esprimere i bisogni collettivi della masse che li votano; diviene sempre più grande se e nella misura in cui i partiti si istituzionalizzano e si burocratizzano, separandosi sempre più dalle masse che solo formalmente e passivamente continuano a votarli, o si astengono del tutto dal voto e dalla vita politica? (G. U. Rescigno). Comunque i partiti, pur rappresentando interessi di parte, tentano di soddisfare, con una politica generale, necessità collettive.
È da condividere la lucida tesi di Bobbio, per cui la sovrapposizione della disciplina di partito sul divieto di mandato imperativo, favorendo la rappresentanza di interessi sulla rappresentanza politica, dà luogo al sistema sociale ?neocorporativo? in cui il governo, rappresentante degli interessi generali, diviene mediatore fra le parti sociali (rappresentanti degli industriali, rappresentanti degli operai) e garante del rispetto dei loro accordi (N. Bobbio, Il futuro della democrazia).
La rappresentanza politica, in passato, fu duramente criticata e condannata dal Rousseau e dal Cuoco, in quanto la ritenevano incompatibile con la sovranità popolare.
Infatti il Rousseau sosteneva che: ?La sovranità non può esser rappresentata per la stessa ragione per cui non può esser alienata; essa consiste nella volontà generale, e la volontà generale non si rappresenta; o è quella stessa, o è un?altra cosa; non c?è via di mezzo.
I deputati del popolo non sono dunque ne possono essere suoi rappresentanti; non sono che i suoi commissari? Comunque sia nel momento in cui un popolo si dà dei rappresentanti, non è più libero; esso non esiste più? (Rousseau, Il contratto sociale).
Il Cuoco, invece, affermava che: ? poiché dunque è necessario far uso di rappresentanti, facciamo che essi rappresentino il popolo, e che la loro volontà sia quanto più si possa legata alla volontà popolare; rendiamoli responsabili dei loro voti; facciamo sì che il popolo possa chiederne conto, che almeno possa saperli; mettiamoli almeno nella necessità di consultare il popolo?. Ma la nazione napoletana non avrà ragione, se poi si lagnerà che la sovranità sia stata trasferita da Ferdinando in un?assemblea di duecento persone? Essa al certo non l?avrà riacquistata? ( V. Cuoco, Saggio storico sulla rivoluzione di Napoli ).
Anche Marx condannava la rappresentanza politica, aspirando ad una società ideale libera dai rappresentanti politici e dalla stessa politica, espressione di un dominio sociale organizzato di uomini su altri uomini.