Secondo incontro organizzato da Praxis – la nostra scuola di Politica e Territorio – con Mauro Moretti, amministratore delegato del gruppo Ferrovie dello Stato.
È un ritorno fortemente voluto quello dell’ingegner Moretti che si spende nel racconto della programmazione come strumento di buon governo, stregando gli astanti con la sua determinazione strategica, fatta di obiettivi intermedi e disegni complessi di trasformazione programmata. Sentenziava Sun Zu, ?la strategia senza tattica è la strada più lenta alla vittoria. La tattica senza strategia è il rumore che precede la sconfitta?.
Si muove dunque il passo da questo assunto millenario, inestricabilmente coeso tra il pensiero di strategia di trasformazione e ?le gambe, utili a percorrerla?. Dalla tattica, ovvero degli obiettivi parziali si sfonda il quadro complesso e generale di trasformazione, di strategia che interpreta e manifesta aspettative di cambiamento migliorativo, in tempi determinati.
La strategia demarca lo scopo ultimo da raggiungere, muovendosi attraverso obiettivi parziali, declinati da scopi limitati e meno complessi: la somma dei quali manifesta il piano strategico.
Oltre questa logica si è in disavanzo di programmazione, preda di un avanzamento a tentoni, privo di direzione e di una pianificazione di futuro sostenibile. Gli sforzi senza obiettivi strategici sono vane dispersioni di potenziale innovazione, uno sperpero nella stasi.

Nel percorso di cambiamento, gioca un ruolo determinante il traguardo parziale, quale tessera che connota e dà la dimensione della complessità della sfida intrapresa.
Con passione e tensione, Moretti si spende nella testimonianza del buon governo, quello ?capace di grandi scopi, di sostenere sfide enormi per fini di indiscussa utilità?. È il caso del risanamento del deficit pubblico e delle tattiche graduali che hanno a tratti qualificato la strategia coerente (che non implichi tentennamenti) intrapresa dal Governo Prodi.
Grandi scopi richiedono grande audacia, in nome di una credibilità che non si areni nel buonismo o si lasci frenare da un andamento sorprendentemente positivo. Se l’idea qualifica lo scopo, lo scopo sostiene (sempre) la strategia.

La sfida collettiva è questa, interpretare il volere e le necessità comuni in una politica strategica di cambiamento, sostenibile in più obiettivi intermedi quale domino di effetti di cambiamento.
Ma chi li incarna? ?Chi è il principe machiavelliano, oggi? Il politico giustissimo e spietatissimo?. Moretti alza l’asticella e ci conduce nell’alveolo della reputazione, nella necessità di riconoscersi e riconoscere al leader, ?l’indiscussa propensione a lavorare nel giusto, per il bene di tutti?. In altre parole la leadership deve essere coerente con la strategia d’interesse comune.
Un buon management, anche politico, rema coeso nella direzione concordata senza smarrire le idee di formazione e gli scopi della propria missione.

Questo articolo riprende un momento di riflessione pubblica e vuole essere un promemoria alla politica, smarrita, frammentata, interessata o distratta che ci accompagna e, talvolta, ci governa.