Passeggiando una sera nei pressi della Basilica di San Pietro, mentre aspettavo di entrare all?auditorium per assistere al documentario ?In fabbrica? della Comencini, mi sono immersa, come al solito, nelle vetrine piene di libri e icone sacre di via della Conciliazione. E senza accorgermene in un attimo sono piombata dal sacro al profano, dalla beatitudine al fastidio, trovandomi di fronte ad un negozio dal nome inconfondibile: ?CAOS?. Incuriosita da questa insegna, ma di una curiosità quasi arrabbiata, entro dentro e scopro che si tratta di una galleria d?arte moderna. Ma che c?entra questo negozio a San Pietro?
Forse chi legge, e sono sicura che sarà la maggioranza, dirà: ?Ma che c?è di male?? . Certo, la posizione è strategica, il passaggio di turisti è notevole e l?incasso è garantito. Ma per avere un negozio di questo genere così in prossimità del centro della cristianità mondiale, a quanti principi morali, religiosi e laici, abbiamo dovuto rinunciare? Senza contare le anime che si sono perse, che sono state vendute e comprate, per la realizzazione di questo business.
Ma quello che veramente non capisco, miei cari, è che Roma essendo unica al mondo, come il Vaticano e le sue chiese, perché non è mai tutelata nella sua bellezza e grandezza millenaria? Troppo spesso, noi che viviamo in questa città: politici, religiosi e romani in generale, accettiamo, indifferenti, ogni tipo di scempio ed oltraggio. Per rendervi meglio l?idea: se fossimo arabi e vivessimo a La Mecca, o ebrei e vivessimo a Gerusalemme, avremmo permesso che si aprisse un negozio irreligioso nei nostri luoghi sacri di culto? Non sarebbe come tollerare un negozio ?fashion? attaccato al muro del pianto? Posso immaginare lo scandalo, ma qui a Roma, invece, anche i religiosi che passano ogni giorno fanno finta di niente; si vede che l?indifferenza è più forte della spiritualità. Ma come può una mente che prega regolarmente e che dovrebbe vegliare costantemente gli ?affari? di Dio, a rimanere indifferente a questo e a tante altre cose?
Allora mi chiedo se i principi hanno una veste e un?età, se la fede deve essere vissuta come una vergogna e se il rispetto è solo un optional da pagarsi a caro prezzo. E lo chiedo anche a tutti voi, perché oggi essere apertamente in difesa di questi principi si è solo accusati di bigotto provincialismo. E spesso chi ci giudica sono proprio quelle persone che sbandierano una falsa ed esagerata tolleranza verso tutto e tutti, di fatto, rinnegando la propria fede e i propri principi, ostentando un maniacale rispetto per le religioni e i simboli degli altri a discapito dei propri, senza neanche conoscerne il senso e la profondità di entrambi.

Un vecchio proverbio romeno, dice: ?face din ţantar, armasar?, che vuole dire ?di una piccola zanzara ne fai un cavallo da corsa? . E così alcuni di voi diranno: ?che esagerazione? , ma non esagero affatto. Rispettare una religione significa anche non dare modo a tante piccole abitudini di prendere piede oggi, per poi non ritrovarsi domani sommersi dal lascismo. Satre diceva: ?Non facciamo quello che vogliamo e tuttavia siamo responsabili di quel che siamo?. Questo significa una sfida costante che, in questi tempi e in questo mondo caotico, sembra non avere più valore. Il nostro ruolo è quello di saper rispettare e di conoscere fino in fondo ciò che siamo, e non per soldi o per una futile fama, ma per esser degni di chiamarci, Dio a parte, creature umane ed intelligenti.

E allora è proprio il tempo che ci lasciamo dietro questo comportamento equivoco ed iniquo ed urliamo a gran voce e a chiare lettere che tutti questi negozietti ?chic?, queste gallerie d?arte che promuovono il caos che hanno dentro, il souk domenicale degli ambulanti con le loro mercanzie contraffatte, se ne vadano via dai nostri luoghi sacri. Cominciamo a difendere la nostra fede, pretendiamo di avere il coraggio degli altri: musulmani, ebrei e buddisti, che non corrono dietro alla moda della gente, ma incondizionatamente rispettano Dio.