Nacque a Roma nel 1777 da una famiglia benestante. Si laureò in giurisprudenza presso l?Università di Roma ?La Sapienza?, quindi esercitò la professione di avvocato. Partecipò, giovanissimo, alla Repubblica Romana del 1798-99, di origine francese, in quanto ravvisava la necessità e l?urgenza di rinnovare gli arretrati Stati Romani. In questo periodo scrisse alcune composizioni poetiche, anche in latino. Ma la sua simpatia nei confronti della Francia si affievolì durante il periodo Napoleonico; infatti venne arrestato, nel febbraio del 1813, per aver letto in pubblico un sonetto in cui si auspicava il ritorno del Pontefice. Durante la Restaurazione fu suddito fedele: basti ricordare le poesie dedicate a Pio VI e a Leone XII. In questo periodo si dedicò con passione all?esercizio della professione legale, pubblicando, inoltre, saggi e memorie ( fra cui: ?Dissertatio de mensis quorum litterae ob fidem publicam pecuniae numeratae vice funguntur? , Romae 1837 ).
Durante il pontificato di Gregorio XVI fu annoverato fra ?i cittadini politicamente infidi? a causa delle sue opinioni politiche. Fu, invece, fra i più convinti sostenitore di Pio IX, il Papa riformatore; infatti accettò, nonostante l?età, diversi incarichi, facendo parte di commissioni amministrative e giuridiche per le riforme degli Stati Romani. Inoltre fece parte del ricostituito Consiglio Municipale Romano e il 25 novembre 1847 fu eletto consultore. Scrisse anche per il ?Contemporaneo?. Istituito il Consiglio dei deputati, l?Armellini vi partecipò come rappresentante del collegio di Albano (in verità fu nominato anche dai collegi di Iesi e di Terni, ma optò, il 9 giugno del 1848, per quello di Albano). Fu una delle figure di maggior spicco del Consiglio dei Deputati, ricoprendo le cariche di vice presidente provvisorio, di membro della commissione incaricata di incontrare il delegato del Papa, di quella per il regolamento, relatore di diversi progetti di legge. Fra i suoi interventi è da ricordare quello in favore della segretezza epistolare. Va detto che il segreto della corrispondenza trovava previsione costituzionale solo nello Statuto del Regno delle due Sicilie, in cui all?art. 90 si affermava che: ?il segreto delle lettere è inviolabile?; successivamente tale principio fu accolto anche nella Costituzione della Repubblica Romana del ?49 ( art. 9 ); con tali articoli si intendeva garantire il segreto delle lettere appunto dichiarandolo inviolabile, e si voleva prendere le distanze da tutti quei regimi inquisitori affermando, di fatto, il carattere repubblicano e democratico delle due costituzioni. È da rilevare, inoltre, che la nostra attuale Costituzione è, allo stesso tempo, più ampia e meno garantista di quella siciliana e di quella romana: infatti è più ampia in quanto oltre a riconoscere la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione, ne prevede anche la libertà, cioè nessuno può esser impedito dal dare e dal ricevere comunicazioni a chiunque e da chiunque. È meno garantista perché, dopo aver dichiarato che la segretezza e libertà della corrispondenza sono inviolabili, ne prevede la limitazione anche se solo ?per atto motivato dell?autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge? ( art. 15 ).
L?Armellini fu, il 7 agosto, fra i firmatari della richiesta del Bonaparte, principe di Canino, di muovere guerra alla cattolica Austria. Dopo l?uccisione di Pellegrino Rossi e la conseguente fuga del Papa a Gaeta, l?Armellini modificò la sua posizione moderata e si avvicinò all?ala più radicale; fu fra i compilatori dell?indirizzo alle popolazioni ed insorse contro la protesta del pontefice, il 27 novembre. Il 9 dicembre appoggiò l?idea di una Costituzione italiana, ma prevedendo una larga autonomia per i singoli Stati; l?11 dicembre affermò che, data l?assenza del Papa, era compito delle Camere, che costituivano il solo potere legale a Roma, per ?il gran principio della necessità? , il sostituirlo. In base a ciò l?Armellini sostenne, inoltre, la legittimità della nomina di una Giunta di Stato per l?esercizio del potere sovrano. Essendo impossibile una conciliazione col Papa, tale Giunta, una volta eletta, inviò ai popoli romani un proclama in cui si affermava di ?assumere un tanto ufficio provvisoriamente e temporaneamente in fino a che una Costituente degli stati Romani avrà deliberato intorno al nuovo ordine? . L?Armellini, il 23 dicembre, venne nominato Ministro dell?Interno e si adoperò per la convocazione della Costituente e per la riforma della vecchia legislazione amministrativa, civile ed economica. Fu, quindi, il 10 febbraio del 1849, nominato membro del Comitato Esecutivo, e il 29 marzo Triunviro, con il Saffi ed il Mazzini, della Repubblica Romana. Ma a questo punto, pur respingendo ogni tentativo di conciliazione con il Pontefice, si limitò a sostenere, formalmente, il Mazzini e gli altri rivoluzionari romani, dedicandosi di fatto alle sole questioni giuridiche che si presentavano alla Repubblica ( come detto era un moderato ). Il 30 giugno del?49 firmò il proclama di addio del triunvirato; ma il 4 luglio si rifiutò di sottoscrivere la protesta contro l?invasione francese.
Caduta la Repubblica si rifugiò in Francia, abbandonando definitivamente l?attività politica. Qui morì il 4 giugno del 1863.
Fu un avvocato romano nel XIX secolo a volere la segretezza epistolare