In questo periodo post-elettorale si moltiplicano, fra i molti amici del centro-sinistra, le analisi e i propositi: analisi sconsolate e propositi antichi, in gran parte.
Vorrei tentare, da mero cittadino curioso dei fatti sociali ed economici, una analisi personale, forse provocatoria (come pare mi sia proprio) ma spero non ripetitiva di tante altre fiorite in questi giorni.
Anzitutto una considerazione volta al positivo: come cittadino, digiuno di ogni appartenenza e, da sempre, autocelebrantesi come ?cane sciolto? e ? storicamente ? quasi sempre elettore pentito (ma non per sua colpa), osservo che possiamo essere molto soddisfatti dell?esito del voto: abbiamo un Governo (e, a Roma, un Comune) che, per ampiezza di maggioranza e per coerenza di indirizzi, promette di poter governare per un?intera legislatura senza doversi vedere rinfacciate promesse roboanti non mantenute (perché di promesse non mantenibili stavolta non mi pare ne siano state fatte) e gravi inesperienze.
Per di più, anche per i perdenti, qualcosa di positivo è anche venuto fuori dalle urne: una compagine di opposizione abbastanza orientata, sembra, a svolgere il suo ruolo con compostezza e atteggiamento costruttivo, privata, almeno in Parlamento, delle frange estremiste (la sinistra bellicosa e pacifista, rancorosa e sognatrice, di cui giustamente parlava qualche osservatore) e negazioniste (no a tutto, così non si sbaglia, non si governa ma non si sbaglia!).
Dunque, come cittadino, nessuna sconsolata doglianza, ma solo grande attenzione a ciò che si può fare e che nel concreto ci si è impegnati a fare. Speriamo che i comportamenti, anche nello stile, conseguano alla piena dignità istituzionale di questo governo.
Veniamo ai propositi, che mi sembra serio e difficile inquadrare senza risultare un po? sgradevole ad alcuni amici del centro-sinistra: qui, cari miei, non si tratta di ?ritornare fra la gente? o di ?riprendere ad ascoltare il popolo? o di ?recuperare spazi di ascolto?; qui si tratta di ridarsi una chiave per tornare a capire la società non in funzione della singola competizione elettorale ma di una compiuta ed evoluta lettura del mondo che cambia più in fretta delle idee di certi nostri magari inconsci conservatori ideologici. Non è dunque problema di guardare a questo piuttosto che a quel problema per ?adescare? elettori (sicurezza piuttosto che eguaglianza; crescita piuttosto che equità; nord piuttosto che sud;etc); si tratta invece di modificare (e radicalmente) l?ottica con cui si guarda ai problemi, un?ottica che deve farsi più pragmatica e meno ideologica, più possibilista e meno dogmatica, più conscia della competizione che pervade il nostro mondo e meno dirigistico-centralistica, più attenta ai risultati e meno faziosa.
E? questo cambiamento di ottica che preoccupa, perchè purtroppo, nelle attuali condizioni, esso non sembra alla portata delle radici culturali di molti esponenti del centro-sinistra non ostanti le depurazioni degli estremismi e dei negazionismi.
Facciamo qualche esempio di come l?occasione elettorale è stata persa (anche prescindendo da una banale osservazione democratica: il precedente governo ha dato una pessima immagine di sé e dunque ha perso le elezioni):
? di fronte al disastro di Napoli il centro-sinistra non ha saputo che baloccarsi con sofismi dilatori, invece di invocare la rimozione di chi fosse (anche solo oggettivamente) responsabile del disastro;
? la questione degli immigrati clandestini è stata affrontata contrapponendo solidarietà ad esclusione e non invece legalità ad illegalità;
? la questione (un po? stanca e stancante) della revisione della legge sull?aborto non è stata nemmeno affrontata nel merito ma si è solo, dogmaticamente, proclamata l?intangibilità di una legge (cosa estranea anche alle leggi costituzionali);
? la questione della cosiddetta sicurezza percepita (concetto che chiama in causa la comunicazione piuttosto che l?evidenza ) non è stata affrontata con la forza dei numeri ma con la polemica sulle cosiddette ronde cittadine;
? la questione del debito pubblico non è stata affrontata nella sua dimensione strutturale ma solo in chiave polemica (chi ha fatto più debito);
? la questione del federalismo fiscale non è stata valutata nella sua potenziale capacità di generare scarso governo della spesa pubblica, ma solo nella sua presunta portata secessionista.
Si dirà: ma questo è normale che accada in campagna elettorale! Le cose che non è comodo ammettere vengono negate e quelle che sembrano servire vengono utilizzate!
Questo poteva essere normale qualche tempo fa, quando una società ideologizzata forniva a tutti occhiali colorati per guardare dalla finestra; non lo è più oggi ed è grave non averlo capito.
Oggi la lettura del mondo e della società va semplificata, de-ideologizzata, fattualizzata, resa concreta, soppesabile esplicitamente (starei per dire: laicamente) in termini di costi-benefici di ogni singola azione correttiva di ciò che si ritiene da correggere. Solo così si riesce a purificare il pensiero ed il linguaggio da schemi che hanno fatto il loro tempo, hanno esaurito la loro funzione protettiva, hanno stancato chi li ha visti utilizzati troppe volte e troppo a lungo per colorare la realtà.
Questo cambiamento di ottica richiede uno sforzo culturale che il centro-sinistra non si è sentito di fare perché non ha un punto di riferimento pensante al di fuori degli schemi più abusati; si pensi al libro di Tremonti (La paura e la speranza): se ne potranno condividere o non condividere alcuni assunti o alcune tesi, ma non si può negare che il libro, come è stato acutamente notato, abbia costituito un punto di riferimento culturale, per certi versi anche affascinante, per tutta una significativa parte di elettorato più colto. E che abbia fondato una linea di pensiero (ripeto:si possono condividere o non condividere alcune affermazioni ed alcune delle conseguenze che ne sono tratte) ardita e sensibile rispetto alle paure della nostra società invecchiata. A sinistra che cosa è venuto fuori? Nulla, mi pare, ma non ho ancora letto né D?Alema né Cacciari.