Qualche tempo fa avevo proposto al Sindaco Veltroni di istituire un nuovo cartello stradale: ?Proibito ma tollerato?. Mi limitavo a considerare come spesso a Roma si possano violare le norme (es. il parcheggio dei motorini) fintanto non si incontri un vigile particolarmente solerte e attento (o semplicemente nervoso).
La norma lasciata alla discrezionalità del singolo vigile, i divieti posti solo come poster, la probabilità di impunità superiore all?80 per cento (vedi guida con il cellulare) non aiutano certo a creare coscienza di cittadinanza; servono solo a scoraggiare i cittadini responsabili.

In questo contesto, si inserisce la ?tolleranza zero? verso gli immigrati lavavetri e si costituiscono pattuglie speciali dei vigili urbani.
Sono completamente d?accordo sulla tolleranza zero della illegalità, specie se queste situazioni illecite provocano percezione di insicurezza, e poi di intolleranza e poi di razzismo.
Non mi scandalizzo neanche che ?tolleranza zero? cominci con i lavavetri, anche se non sono certo questi a turbare la sicurezza della città. Certamente la loro evidenza ai semafori permette di dare un forte segnale a tutta la cittadinanza.
Mi preoccuperebbe invece che ci si fermasse ai lavavetri o che tutto si riducesse, ancora una volta, all?inefficienza delle ?grida manzoniane?.

Si era già detto ?tolleranza zero? alla concentrazione di prostitute in numerose zone della città; ?tolleranza zero? all?arroganza dei tavolini che imbarbariscono le meravigliose piazze e le vie del centro; ?tolleranza zero? alle occupazioni delle case e degli edifici che lasciano senza abitazione chi attende il risultato dei bandi; ?tolleranza zero? alle intemperanze e alle violenze di gruppuscoli che nelle ore notturne impediscono la serenità di interi quartieri; ?tolleranza zero? al lavoro nero che crea schiavi dei datori di lavoro, siano questi imprese, famiglie o cooperative.
Sembra però che dopo poco tempo il tema affrontato con tanta determinazione non sia più di attualità. E si passa ad altro: una ?tolleranza zero? a fasi alterne.

Il proclama non basta. Occorrono seri e concordati programmi con i commercianti, con le forze dell?ordine, con i cittadini dei quartieri, con le comunità degli immigrati.
Occorre definire le priorità nel lavoro di controllo dei vigili e deve essere un intervento che dura nel tempo.
In particolare, per quanto riguarda il tema dei lavavetri e dell?immigrazione, occorrono patti chiari con le comunità, condivisione di responsabilità, inserimento nei compiti dell?amministrazione, costruzione di percorsi di formazione, realizzazione di progetti anche per la tutela del territorio che li veda protagonisti.

Solo allora avrà davvero senso ed efficacia la ?tolleranza zero?.
E siamo senz?altro tutti d?accordo: ?tolleranza zero? alla illegalità. Perché in un contesto di illegalità ed di arroganza, chi ci rimette è il più debole. Sempre.

Newsletter del 03/09/2007

Le considerazioni della scorsa settimana sul senso di legalità o meglio sulle pratiche di superamento consensuale delle norme, salvo incorrere ogni tanto in inaspettate sanzioni, ha aperto un ampio dibattito. In attesa del nuovo sito, dove sarà possibile comunicare direttamente a tutti le proprie riflessioni, riporto di seguito alcuni dei vostri commenti.

?Non a caso in Italia sono normali le forme di proibizione rafforzata del tipo: È SEVERAMENTE PROIBITO oppure È FATTO ASSOLUTO DIVIETO come a dire: guarda che non è una delle solite proibizioni (delle quali potresti tranquillamente fregartene), questa è severa o assoluta!
Ammonizione necessaria in un Paese che, come diceva un famoso giurista, a giudicare dalle tante proibizioni appare come uno stato di polizia temperato dalla generale inosservanza della legge.
Francesco?

?Sono perfettamente d’accordo! ed è per questo che la Mafia vince rispetto allo Stato e sarà molto difficile se non impossibile batterla definitivamente: mantiene sempre le promesse che fa…!
Rossana?

?Cosa fare? Non starei a scomodare analisi sociologiche particolarmente profonde.
Facciamo rispettare le regole, senza il ricorso costante al buon senso, che nel nostro paese significa quasi sempre lo scendere a dei compromessi, dove entrambe le parti guadagnano qualcosa a danno di un terzo.
A nessuno italiano in gita o indigeno transalpino verrebbe in mente di lasciare la propria auto nel bel mezzo di place Vendome. A piazza Navona invece si, perché? E che ci siamo abituati a fregarsene del prossimo. Sorrido quando Veltroni dice che Roma è città solidale e aperta all’integrazione. Sicuramente è così, ma con una particolare sfumatura. È come se invitando a cena un nostro amico lo ospitassimo sulla nostra terrazza costruita abusivamente sopra l’appartamento del nostro vicino.
Perché non ne parliamo?
Francesco?

Newsletter del 19/03/2007