Il revisionismo storico, una valenza politica immediata ce l’ha e come. Legittimare il fascismo significa servirsi dei voti fascisti per governare l’Italia. Fa parte di quello sdoganamento effettuato già anni orsono dal Cavaliere. Ma i voti fascisti non servono a restaurare una dittatura fascista. Agli odierni modelli dittatoriali non serve il bagaglio fascista.

In Italia stiamo lottando da quindici anni contro la dittatura plutocratica. Non gli serve il culto della forza. Hanno il mito dell’immagine. Non gli serve il culto della razza perché possono contare sull’ossessione dell’estetica. Hanno asservito le ragioni del mercato a quelle del capitale. Hanno privatizzato persino l’acqua (nessuno del governo ombra c’ha detto qualche cosa di veramente forte in questo senso). Siamo già in piena lotta di liberazione. Eppure il fascismo non è il primo timore che ho. In confronto a ciò che dobbiamo realmente temere il “fascio” è un’ideologia da balordi, relegata dentro qualche ridotto o qualche curva di stadio.

La lotta di liberazione passa attraverso un vero ricambio di classe dirigente nel PD. Berlusconi oggi può dire: “Ho dovuto sdoganare i voti fascisti per avere la forza di governo necessaria a ripianare il debito pubblico (terzo debito pubblico al mondo) generato dalla Prima Repubblica”. E con questo si mette in un vantaggio nettissimo. Sta là; non governa; governa male; disgoverna; eppure guadagna consensi. Non importa che sia stato proprio lui negli anni Ottanta una delle cause concrete scatenanti del fenomeno. Oggettivamente la gente ha deciso che lui è quello che farà piazza pulita di chi “ha mangiato” nella Prima Repubblica. Non a caso l’unico che riesce a tenergli testa in percentuale è Antonio Di Pietro.
Rinnovare la classe dirigente non significa mettere le “belle figurine” del presepio. Significa però prendere atto che la gente che ci rappresenta viene per la quasi totalità da esperienze di guida politica in ruoli di evidente livello nazionale durante il “periodo incriminato”. Per rimetterci in posizione di vantaggio, ovviamente in un confronto politico ideale, dobbiamo contrapporre all’affermazione berlusconiana una verità altrettanto contundente se non più corrosiva: “Il PD è un nuovo partito e ha scelto una classe dirigente nuova”. A quel punto, se questa affermazione sarà vera e inattaccabile, se avremo scelto bene e per il vero bene del Partito, sarà plausibile rinfacciargli il conflitto di interessi e sarà anche possibile porvi fine senza timore di contro ricatti verso la parte del salotto buono con cui hanno fatto precedentemente comunella i “nostri”.
Questo scatto è necessario. L’Italia è la sola in Europa che ha ceduto alla strategia di occupazione del potere da parte del capitale multinazionale. Questo è dovuto per la maggior parte all’immobilismo di chi ci ha diretto; al loro “fermo politico” causato dalla necessità di tutelare clientele e comparanze varie. Siamo al bivio: tornare a casa (direzione mesta), sceglierci qualche altro manovratore (direzione consigliata).

Filippo Roncaccia