Spesso si parla dell?incapacità delle giovani leve di emanciparsi dalla tutela delle famiglie e di ren-dersi economicamente indipendenti, ma meno ci si preoccupa delle condizioni lavorative dei loro genitori. Stiamo parlando di quella classe d?età nata nel secondo dopoguerra, a cavallo tra gli anni ?50 e ?60, i cosiddetti ?baby boomers?, che giunti alla soglia dell?età pensionabile, si trovano ad af-frontare da un lato l?allungamento dell?età lavorativa e dall?altro un mondo del lavoro che non sem-bra più accettarli: si trovano insomma ad essere ?troppo giovani per la pensione e troppo vecchi per lavorare?. La crisi colpisce insomma la generazione dei quaranta – cinquantenni che è sempre stata un pilastro della società italiana contribuendo con le sue capacità economiche e col suo impegno famigliare da un lato a consentire l?avviamento delle nuove generazioni e dall?altro a provvedere alla cura degli anziani.
La scarsa partecipazione degli ?Over? alla vita lavorativa in Italia è testimoniata dal fatto che ab-biamo solo il 28,9% di occupati con età compresa tra i 55 e i 64 anni, tra le più basse percentuali di occupati in questa fascia di età, rispetto alla media europea che è del 40% (ISTAT 2003). Inoltre il tasso di occupazione femminile in Italia è tra i più bassi d? Europa (tra gli inattivi tra i 15-64 anni le donne rappresentano quasi doppio rispetto agli uomini nel primo trimestre 2007 – ISTAT 2007) e questo costituisce un fattore di rischio rispetto a situazioni di povertà e dipendenza in età avanzata delle donne.
Uno scarso livello di partecipazione al lavoro vuol dire anche una minore quantità di reddito e quin-di una scarsa capacità di contribuire alla ricchezza del paese e delle famiglie italiane. Il problema non è soltanto di tipo prettamente economico ma investe varie sfere della personalità e del vivere comune. Come hanno recentemente illustrato alcuni film di successo, tra i quali ?Giorni e nuvole? una situazione di crisi lavorativa (che può andare dal mobbing, al licenziamento, al fallimento di un?impresa) investe vari aspetti della vita relazionale e famigliare. Bisogna infatti tenere conto che il lavoratore in età adulta vive spesso in una dimensione in cui il ruolo lavorativo prevale sulle altre dimensioni della persona. L?essere estromesso dal ciclo produttivo o dall?azienda non significa solo perdere la propria identità di lavoratore, ma anche non avere più una dimensione sociale per se ac-cettabile e di conseguenza perdere il proprio ruolo sia nella società che nella famiglia.
Spesso si ritiene che uno dei maggiori problemi connessi con l?occupazione dei lavoratori maturi sia quello del costo del lavoro ma si trascurano altri fattori tra i quali quelli di natura ?culturale?. Con sempre maggiore frequenza la discriminazione in base all?età colpisce lavoratori maturi nel pieno delle proprie capacità produttive, per la convinzione che oltre una certa età le persone siano demoti-vate, non aspirino che ad andare in pensione e che qualsiasi investimento, anche formativo o di so-stegno, nei loro confronti, rischi di essere un inutile spreco di denaro. In realtà recenti studi hanno dimostrato che un attività lavorativa stimolante è considerata un motivo sufficiente per procrastinare l?andata in pensione. Altri stereotipi diffusi sui lavoratori maturi riguardano della loro scarsa adatta-bilità ai cambiamenti ed all?innovazione tecnologica. Se si considera che con la crisi del settore in-formatico molti professional qualificati ed aggiornati sono stati espulsi lo stesso dal mercato del la-voro dimostra come in realtà ci si trovi di fronte stereotipi, assunzioni preconcette e discriminatorie che però hanno effetti concreti, traducendosi in licenziamenti, prepensionamenti, oppure nell?impiego di lavoratori over 40 in compiti dequalificati, senza prospettive di avanzamento e di formazione.
A ciò si aggiunga la frequente presenza di annunci di lavoro che definiscono l?età massima dei can-didati, in chiara violazione della legislazione in materia di discriminazione in base all?età che viene tranquillamente ignorata, senza peraltro che nessuno faccia alcuna rimostranza.
Se si considera poi che i cambiamenti in atto nel quadro demografico, che registrano l?allungamento della vita e la diminuzione delle nascite, stanno creando problemi nella sostenibilità dei sistemi pen-sionistici ed assistenziali sia dei paesi industrializzati, sia di quelli in via di sviluppo, appare eviden-te come siano contraddittorie le attuali tendenze del mercato del lavoro tutte incentrate sull?allungamento dell?età lavorativa senza che sia peraltro previsto un efficace contrasto all?emarginazione ed espulsione dei lavoratori maturi; ancora molto c?è quindi da fare in termini di politiche attive del lavoro e di sostegno al reddito.
Se infatti un lavoratore maturo si ritrova ad affrontare un periodo di disoccupazione ha sempre maggiore difficoltà nel trovare un nuovo lavoro ed a sostenersi in quel periodo.
Da un lato c?è un ruolo dei servizi per l?impiego, sia pubblici che privati, che non prevede ancora in modo organico ed estensivo la promozione dell?accesso dei lavoratori maturi ad opportunità forma-tive e di orientamento; dall?altro le prestazioni di sostegno al reddito (cassa integrazione, mobilità, indennità di disoccupazione- quest?ultima recentemente innalzate proprio per i lavoratori over 50), non sono aderenti alle attuali occupazioni flessibili, e non sono compatibili con le esigenze econo-miche e con la dignità delle persone. La nostra nazione appartiene ad uno dei tre paesi dell?Unione europea in cui non sono previste delle forme di sostegno economico come il Reddito Minimo d?Inserimento che consentano il contrasto della povertà e l?attivazione dell?individuo dal punto di vista sociale e lavorativo.

Altre difficoltà attengono alla sfera soggettiva delle persone espulse dal mercato del lavoro in età avanzata. Queste riguardano in genere una scarsa consapevolezza delle proprie capacità in relazione ad un mercato del lavoro evolutosi rispetto alle prime esperienze lavorative, informazioni superate sull?ambiente economico, una scarsa propensione se non un rifiuto ad adattarsi ad una situazione che molto spesso viene subita e inconsciamente respinta. Insomma è difficile per chi da tempo non si propone sul mercato del lavoro farlo in un contesto critico, che spesso mina la fiducia nelle pro-prie capacità personali e la propria autostima, ed avendo spesso sulle spalle il peso di responsabilità economiche, e famigliari alle quali occorre dare risposte immediate.

Le risposte da dare per uscire dalla situazione descritta sono complesse e richiedono l?attuazione di cambiamenti sostanziali nell?organizzazione del sistema educativo, del sistema produttivo e del mercato del lavoro che permettano l?inclusione nel tessuto sociale e produttivo, in maniera volonta-ria e flessibile, di persone di tutte le età, anche degli anziani.

Occorre innanzitutto favorire la presenza delle persone mature in azienda evitando le fuoriuscite di lavoratori anziani che avrebbero un minore capacità di ricollocazione sul mercato del lavoro, sia con incentivi economici per la loro permanenza in azienda / assunzione, sia fa-vorendo politiche di inclusione che consentano di cogliere i contributi che i la-voratori con maggiore esperienza possono dare a quelli più giovani ad esempio in qualità di ?mentori?. Inoltre bisogna intervenire con una legislazione specifica che con-senta efficaci azioni di contrasto al ?mobbing? , pratica che a cui molte imprese fatto ricorso al puro scopo di logorare il lavoratore scomodo e costringerlo a rassegnare la cosiddet-te dimissioni volontarie.

Un altro dei temi che assume un forte livello di priorità è quello della costituzione di un sistema di ammortizzatori sociali di tipo universalistico, che copra non solo i lavoratori colpiti dalle grandi ristrutturazioni ma anche quelli che fuoriescono in piccoli gruppi ed a livello in-dividuale. Un adeguato sostegno al reddito consente di potersi impegnare più serenamente nella ri-cerca di una nuova occupazione. Inoltre è necessario che siano posti in essere efficaci strumenti a supporto per la ricerca di una nuova occupazione. E? questa una strada obbligata se si vuole evitare il rischio che gli ammortizzatori sociali si trasformino in una pu-ra forma di assistenzialismo. Occorre quindi impostare programmi di potenziamento quantitativo e qualitativo dei Centri Pubblici per l?Impiego, valorizzandone la presenza sul territorio, ed inoltre a-gire anche attraverso degli operatori privati, selezionando accuratamente tra essi quelli che operano con professionalità e secondo criteri etici al fine di creare delle reti specifiche che si occupino del problema della disoccupazione in età matura.

Un altro contributo importante può venire dai sistemi e dalle reti informatiche che favori-scono l?incrocio domanda-offerta. Le tecnologie informatiche, i data base diffusi e con-sultabili in rete sono tutti strumenti validi se accompagnati da strutture di professionisti in grado da un lato di interloquire con il sistema impresa e, dall?altro, di sapere valutare, classificare, indirizzare i soggetti che richiedono assistenza nella ricollocazione.

Occorre inoltre impostare nuovi e più estesi programmi a sostegno di progetti di auto-imprenditoria. La scelta di avviare una attività autonoma può rappresentare una possibile alternativa ma spesso gli ostacoli sono costituiti dalla mancanza di disponibilità economiche e di capitali per l?avvio d?impresa e quindi è necessario agire sul fronte del credito agevolato. Occorre inoltre prevedere dei servizi di informazione e formazione in campo legislativo e, soprattutto, di consulenza specialistica sulle opportunità di mercato, e sulle tecniche di avvio d?impresa (business plan, sviluppo clienti, ecc.).

In molti casi il disoccupato in età matura si trova a dover affrontare situazioni di particolare diffi-coltà per se stesso e per il proprio nucleo famigliare. Occorre quindi fornire ai soggetti disoccupati o precari forme di sostegno psicologico adeguato al fine di aiutarli a recuperare l?autostima, la fiducia in se stessi, attraverso strutture specialistiche idonee a programmare un inter-vento mirato e ad accompagnare il soggetto nel suo percorso di recupero.

Infine in tema di Previdenza, occorre affrontare il problema di chi è ?troppo vecchio per lavorare e troppo giovane per la pensione?. Ci sono, secondo recenti stime decine se non centinaia di migliaia di over50 disoccupati, definitivamente impossibilitati a ricollocarsi e co-stretti, in totale assenza di reddito, a attendere anni per maturare l?età anagrafica che darà loro dirit-to alla pensione. Occorre impostare anche in Italia, politiche che prevedano il sostegno agli inca-pienti come ad esempio il Reddito Minimo Garantito.

Il tema non si trova all?ordine del giorno dell?agenda politica e sindacale se non per quanto riguarda l?innalzamento dell?età pensionistica. Tale ritardo ha fatto si che, indipendentemente dalle risposte del ?sistema? si sviluppassero, a partire dalla fine degli anni novanta, nuove modalità d?intervento di denuncia e di tutela il più delle volte promosse direttamente dalle associazioni degli stessi lavora-tori colpiti dal fenomeno.

Tra le altre va segnalata ATDAL Over40 ?Associazione per la Tutela dei Dirit-ti Acquisiti dei Lavoratori? nata nel febbraio del 2002 con lo scopo di dare voce e tutelare i diritti di coloro che vengono espulsi dal lavoro in età matura (over40), impossibilitati a ricollocarsi per effet-to della discriminazione basata unicamente sull?età e considerati quindi ?troppo giovani per la pen-sione ma troppo vecchi per lavorare?. L?associazione che da anni partecipa attivamente al dibattito politico a livello nazionale e regionale, si adopera inoltre a vari livelli, per trovare soluzioni agli ur-genti bisogni dei lavoratori disoccupati, anche attraverso la promozione di progetti ed azioni di so-stegno diretto ai precari e disoccupati Over 40, per facilitare il loro reingresso nel mondo del lavoro e la tutela dei loro diritti, spesso negati. L?associazione, nata in Lombardia si è sviluppata su tutto il territorio nazionale con una forte presenza nel centro Sud in particolare a Roma e nel Lazio.