Dopo il proponimento che ci siamo dati con riferimento al linguaggio da usare nell?anno appena cominciato (vedi ?Anno nuovo:una proposta bipartisan? ), eccoci ad una seconda proposta di igiene mentale, anch?essa da praticare con costanza (per almeno anni 1, direbbe un medico; poi vedremo che effetto ha prodotto la pratica e decideremo liberamente se farla, come io auspico, nostro perenne costume).
Partiamo però dalla geometria: in geometria, appunto, si chiama angolo giro quello che si ottiene con la rotazione a 360 gradi di una semiretta attorno alla sua origine. E? il più ampio fra gli angoli, perchè ad esso corrisponde l?intero piano. Non a caso quando si vuole dire che una certa cosa viene considerata in tutti i suoi aspetti si dice che la cosa è stata vista a 360 gradi, cioè nella sua interezza, in tutti i suoi aspetti, sotto tutti gli angoli visivi, esaustivamente.
Guardando in questa chiave geometrica alla società italiana come ad un?immensa torta, è del tutto naturale che le varie prospettive che si assumono (quella politica, quella culturale, quella economica e così via) diano luogo ad una sorta di affettamento dell?intera realtà quasi come se, nella loro astrattezza concettuale, i vari spicchi che costituiscono l?intera torta compongano un angolo giro risultante da una serie di più o meno grandi settori ad angolo acuto, ciascuno rappresentativo di una quota di popolazione, di pensieri, di pulsioni, di inclinazioni e così via. Più sono i punti vista più aumentano gli spicchi: in una società tanto complessa come la nostra (per ragioni storiche, geografiche, culturali, etc) nessuna sorpresa che gli spicchi siano tanti e quindi, tendenzialmente, tutti ad angolo acuto.
Però mi pare che da tempo ci sia un angolo acuto del nostro spettro culturale (una fetta della torta) che tende a crescere in maniera anomala, allargandosi fino a diventare un angolo ottuso, l?angolo ottuso degli emozionisti. Per carità, le emozioni sono importanti e che esista una fetta della nostra società che di queste emozioni faccia una propria bandiera ed una propria chiave di interpretazione della realtà è cosa naturale e per certi aspetti anche benefica. Il problema secondo me nasce quando questo spicchio della società (questo angolo acuto, per dirla con la geometria), fatto di emotività, di sentimentalismi, di reazioni istintive non mediate dalla ragione, dilaga verso l?ottusità (dell?angolo, intendo), anche conquistando settori della società che ? avendo costituito da sempre una naturale riserva di ogni politica moderazione ? decidono di mettersi in deriva verso la prevalenza dei sensi sulla ragione; una deriva che sembra nutrirsi di profonda umanità (l?umanità dei sentimenti, direbbe qualcuno) ma che per sua natura non può che essere intrinsecamente disumana, come avviene quando i sensi animali prevalgono sulla ragione.
Non serve fare molti esempi di questo scambio fra acutezza ed ottusità dell?angolo degli emozionisti, basta guardare la televisone, leggere un giornale, ascoltare i discorsi sull?autobus o dal barbiere:
trasmissioni dove ciascuno recita la propria soggettività o dove si fa pubblico spettacolo delle emozioni (per lo più costruite in studio) o delle tensioni familiari o condominiali;
telegiornali dove, attorno ai cadaveri ancora caldi delle cronache più efferate, si raccolgono opinioni popolari, paure, rifiuti o concessioni di perdono, richieste di giustizia esemplare (per lo più assetate di vendetta);
reportages fatti di messaggi sensazionali, sondaggi a caldo su questo o quel tema con dispiegamento ? sempre a caldo ? di proposte di soluzione per lo più formulate da persone che dei problemi conoscono solo una fugace epifania;
talk shows rissosi, all?insegna dello ?sragionamoci sopra ma con ritmo? e dello ?sparala grossa?;
collezioni di interventi del pubblico con opinioni spesso ridicolmente approssimative, talora volgari, ma sempre aspramente censorie, come se l?Italia, paese di mille Masaniello, fosse un paese di virtuosi Catoni e non invece uno dei paesi con maggiore diffusa propensione all?illegalità ? da quella fiscale/contributiva a quella organizzata anche sulla passività della cittadinanza;
il ragionamento bollato come inaccettabile buonismo, l?equilibrio come incapacità di reagire, la volontà di comprendere per deliberare come propensione al sofisma, il dispiegamento del diritto come insulso formalismo, etc., pur di sparare effimere soluzioni sempre orientate all?azione magari inutile ma severa e immediata (o almeno immediatamente pubblicizzabile);
etc., etc., e purtroppo etc., sempre però all?insegna della stimolazione irresponsabile delle emozioni e ? spesso ? del travolgimento della ragione.
Di fronte a tutto ciò, come impedire che quel naturale angolo acuto, che in una società come la nostra, ricca, evoluta ed istruita, costituisce una comprensibile, incomprimibile fetta di incultura e superficialità, diventi -facendo leva sul lato emotivo di ciascuno – un pervasivo angolo “ottuso” della nostra società?”
Controllare il linguaggio, come suggerivamo qualche trempo fa, qui non basta. Ci vuole di più: controllare (auto- controllare, intendo) il pensiero: non credere mai (salvo documentata prova contraria) a quanto ci viene propinato da superficiali ed interessati lettori di ciò che ?vuole la gente?; non leggere nè alimentare, per nessuna ragione, insulsi sondaggi a base di domande sciocche o capziose o frutto di demenziali semplificazioni della realtà; non guardare telegiornali nè leggere giornali sciatti e convenzionali, dedicando il tempo (ben) economizzato alla lettura ? se il tema ci interessa veramente ? di analisi della società effettuate con rigore da chi guarda al paese in cui viviamo, appunto, a 360 gradi, soppesando con la ragione e il discernimento il mescolarsi delle pulsioni sociali (posso raccomandare due letture: il capitolo dei Promessi Sposi dedicato alla storia delle ?grida? e il capitolo dedicato a Comunicazione e Media nell?ultimo rapporto del Censis).
Si tratta come si vede di un esercizio di igiene mentale complesso ed impegnativo: posso solo pronosticare che chi lo avrà praticato per almeno un anno si sentirà migliore e avrà contribuito ad edificare un mondo governato con la testa e non con la pancia, al riparo di mutevoli emozioni e basato sul ragionato perseguimento del bene comune.