Martedì mattina, 17 marzo, durante il viaggio aereo verso Yaoundé.

P. Lombardi: Santità, benvenuto in mezzo al gruppo dei colleghi: siamo una settantina che ci stiamo accingendo a vivere questo viaggio con Lei. Le facciamo i migliori auguri e speriamo di poterLa accompagnare con il nostro servizio, in modo tale da far partecipare anche tante altre persone a questa avventura. Come al solito, noi Le siamo molto grati per la conversazione che adesso ci concede; l’abbiamo preparata raccogliendo, nei giorni scorsi, un certo numero di domande da parte dei colleghi – ne ho ricevute una trentina – e poi ne abbiamo scelte alcune che potessero presentare un discorso un po’ completo su questo viaggio e che potessero interessare tutti; e Le siamo molto grati per le risposte che ci darà. La prima domanda la pone il nostro collega Brunelli, della televisione italiana, che si trova qui, alla nostra destra:

Domanda: Santità, da tempo – e in particolare, dopo la Sua ultima lettera ai vescovi del mondo – molti giornali parlano di “solitudine del Papa”. Ecco: Lei che cosa ne pensa? Si sente davvero solo? E con quali sentimenti, dopo le recenti vicende, ora vola verso l’Africa con noi?

Papa: Per dire la verità, devo dire che mi viene un po’ da ridere su questo mito della mia solitudine: in nessun modo mi sento solo. Ogni giorno ricevo nelle visite di tabella i collaboratori più stretti, incominciando dal Segretario di Stato fino alla Congregazione di Propaganda Fide, eccetera; vedo poi tutti i capi dicastero regolarmente, ogni giorno ricevo vescovi in visita “ad limina” – ultimamente tutti i vescovi, uno dopo l’altro, della Nigeria, poi i Vescovi dell’Argentina… Abbiamo avuto due plenarie in questi giorni, una della Congregazione per il Culto Divino e l’altra della Congregazione per il Clero, e poi colloqui amichevoli; una rete di amicizia, anche i miei compagni di Messa dalla Germania sono venuti recentemente per un giorno, per chiacchierare con me… Allora, dunque, la solitudine non è un problema, sono realmente circondato da amici in una splendida collaborazione con vescovi, con collaboratori, con laici e sono grato per questo.
In Africa vado con grande gioia: io amo l’Africa, ho tanti amici africani già dai tempi in cui ero professore fino a tutt’oggi; amo la gioia della fede, questa gioiosa fede che si trova in Africa. Voi sapete che il mandato del Signore per il successore di Pietro è “confermare i fratelli nella fede”: io cerco di farlo. Ma sono sicuro che tornerò io stesso confermato dai fratelli, contagiato – per così dire – dalla loro gioiosa fede.

P. Lombardi: La seconda domanda viene fatta da John Davis, responsabile della sezione romana dell’agenzia di notizie cattolica degli Stati Uniti:

Domanda: Santità, Lei va in viaggio in Africa mentre è in corso una crisi economica mondiale che ha i suoi riflessi anche sui Paesi poveri. Peraltro, l’Africa in questo momento deve affrontare una crisi alimentare. Vorrei chiedere tre cose: questa situazione troverà eco nel Suo viaggio? E: Lei si rivolgerà alla comunità internazionale affinché si faccia carico dei problemi dell’Africa? E, la terza cosa, si parlerà di questi problemi anche nell’Enciclica che sta preparando?

Papa: Grazie per la domanda.
Naturalmente, io non vado in Africa con un programma politico-economico, per cui mi mancherebbe la competenza. Vado con un programma religioso, di fede, di morale, ma proprio questo è anche un contributo essenziale al problema della crisi economica che viviamo in questo momento. Tutti sappiamo che un elemento fondamentale della crisi è proprio un deficit di etica nelle strutture economiche; si è capito che l’etica non è una cosa “fuori” dall’economia, ma “dentro” e che l’economia non funziona se non porta in sé l’elemento etico. Perciò, parlando di Dio e parlando dei grandi valori spirituali che costituiscono la vita cristiana, cercherò di dare un contributo proprio anche per superare questa crisi, per rinnovare il sistema economico dal di dentro, dove sta il punto della vera crisi. E, naturalmente, farò appello alla solidarietà internazionale: la Chiesa è cattolica, cioè universale, aperta a tutte le culture, a tutti i continenti; è presente in tutti i sistemi politici e così la solidarietà è un principio interno, fondamentale per il cattolicesimo. Vorrei rivolgere naturalmente un appello innanzitutto alla solidarietà cattolica stessa, estendendolo però anche alla solidarietà di tutti coloro che vedono la loro responsabilità nella società umana di oggi. Ovviamente parlerò di questo anche nell’Enciclica: questo è un motivo del ritardo. Eravamo quasi arrivati a pubblicarla, quando si è scatenata questa crisi e abbiamo ripreso il testo per rispondere più adeguatamente, nell’ambito delle nostre competenze, nell’ambito della Dottrina sociale della Chiesa, ma con riferimento agli elementi reali della crisi attuale. Così spero che l’Enciclica possa anche essere un elemento, una forza per superare la difficile situazione presente.

P. Lombardi: Santità, la terza domanda ci viene posta dalla nostra collega Isabelle de Gaulmyn, de “La Croix”:

Domanda: Très Saint-Père, bonjour. Faccio la domanda in italiano, ma se gentilmente può rispondere in francese… Il Consiglio speciale per l’Africa del Sinodo dei vescovi ha chiesto che la forte crescita quantitativa della Chiesa africana diventi anche una crescita qualitativa. A volte, i responsabili della Chiesa sono considerati come un gruppo di ricchi e privilegiati e i loro comportamenti non sono coerenti con l’annuncio del Vangelo. Lei inviterà la Chiesa in Africa a un impegno di esame di coscienza e di purificazione delle sue strutture?

Papa: J’essayerai, si c’est possible, de parler en français. J’ai une vision plus positive de l’Eglise en Afrique: c’est une Eglise très proche des pauvres, une Eglise avec les souffrants, avec des personnes qui ont besoin d’aide et donc il me semble que l’Eglise est réellement une institution qui fonctionne encore, alors que d’autres structures ne fonctionnent plus, et avec son système d’éducation, d’hôpitaux, d’aide, dans toutes ces situations, elle est présente dans le monde des pauvres et des souffrants. Naturellement, le pêché originel est présent aussi dans l’Eglise; il n’y a pas une société parfaite et donc il y a aussi des pêcheurs et des déficiences dans l’Eglise en Afrique, et dans ce sens un examen de conscience, une purification intérieure est toujours nécessaire, et je rappellerais aussi dans ce sens la liturgie eucharistique: on commence toujours avec une purification de la conscience, et un nouveau commencement devant la présence du Seigneur. Et je dirais plus qu’une purification des structures, qui est toujours aussi nécessaire, une purification des coeurs est nécessaire, parce que les structures sont le reflet des coeurs, et nous faisons notre possible pour donner une nouvelle force à la spiritualité, à la présence de Dieu dans notre coeur, soit pour purifier les structures de l’Eglise, soit aussi pour aider la purification des structures de la société.

Questa è la traduzione italiana della risposta del Papa fornita dall’Osservatore Romano:

Papa: Cercherò, se possibile, di parlare in francese. Io ho una visione molto positiva della Chiesa in Africa: è una Chiesa molto vicina ai poveri, una Chiesa con i sofferenti, con persone che hanno bisogno di aiuto. Mi sembra quindi che la Chiesa sia realmente un’istituzione che funziona ancora, mentre altre strutture non funzionano più, e con il suo sistema d’istruzione, di ospedali e di aiuto, in tutte queste situazioni, è presente nel mondo dei poveri e dei sofferenti. Naturalmente, il peccato originale è presente anche nella Chiesa. Non esiste una società perfetta e dunque vi sono peccatori e mancanze nella Chiesa in Africa. In tal senso un esame di coscienza e una purificazione interiore sono sempre necessari. Ricorderei a tale riguardo anche la liturgia eucaristica: si inizia sempre con una purificazione della coscienza e un nuovo inizio alla presenza del Signore. Direi più che una purificazione delle strutture, che è comunque necessaria, a essere necessaria è una purificazione dei cuori, poiché le strutture sono il riflesso dei cuori. Noi facciamo il possibile per dare nuova forza alla spiritualità, alla presenza di Dio nel nostro cuore, sia per purificare le strutture della Chiesa sia per aiutare la purificazione delle strutture della società.

P. Lombardi: Adesso, una domanda che viene dalla componente tedesca di questo gruppo di giornalisti: è Elisa Kramer che rappresenta il Sankt Ulrich Verlag, che ci fa la domanda:

Domanda: Heiliger Vater, gute Reise! Padre Lombardi mi ha detto di parlare in italiano, così faccio la domanda in italiano. Quando Lei si rivolge all’Europa, parla spesso di un orizzonte dal quale Dio sembra scomparire. In Africa non è così, ma vi è una presenza aggressiva delle sètte, vi sono le religioni tradizionali africane. Qual è allora la specificità del messaggio della Chiesa cattolica che Lei vuole presentare in questo contesto?

Papa: Allora, prima riconosciamo tutti che in Africa il problema dell’ateismo quasi non si pone, perché la realtà di Dio è così presente, così reale nel cuore degli africani che non credere in Dio, vivere senza Dio non appare una tentazione. È vero che ci sono anche i problemi delle sètte: non annunciamo, noi, come fanno alcuni di loro, un Vangelo di prosperità, ma un realismo cristiano; non annunciamo miracoli, come alcuni fanno, ma la sobrietà della vita cristiana. Siamo convinti che tutta questa sobrietà, questo realismo che annuncia un Dio che si è fatto uomo, quindi un Dio profondamente umano, un Dio che soffre, anche, con noi, dà un senso alla nostra sofferenza per un annuncio con un orizzonte più vasto, che ha più futuro. E sappiamo che queste sètte non sono molto stabili nella loro consistenza: sul momento può fare bene l’annuncio della prosperità, di guarigioni miracolose ecc., ma dopo un po’ di tempo si vede che la vita è difficile, che un Dio umano, un Dio che soffre con noi è più convincente, più vero, e offre un più grande aiuto per la vita. È importante, anche, che noi abbiamo la struttura della Chiesa cattolica. Annunciamo non un piccolo gruppo che dopo un certo tempo si isola e si perde, ma entriamo in questa grande rete universale della cattolicità, non solo trans-temporale, ma presente soprattutto come una grande rete di amicizia che ci unisce e ci aiuta anche a superare l’individualismo per giungere a questa unità nella diversità, che è la vera promessa.

P. Lombardi: E ora, diamo di nuovo la parola ad una voce francese: è il nostro collega Philippe Visseyrias di France 2:

Domanda: Santità, tra i molti mali che travagliano l’Africa, vi è anche e in particolare quello della diffusione dell’Aids. La posizione della Chiesa cattolica sul modo di lottare contro di esso viene spesso considerata non realistica e non efficace. Lei affronterà questo tema, durante il viaggio? Très Saint Père, Vous serait-il possible de répondre en français à cette question?

(Viene riportata di seguito la risposta trascritta da Radio Vaticana):

Papa: Lei parla bene italiano ? Dunque, io direi il contrario. Penso che la realtà più efficiente, più presente, più forte della lotta contro l?Aids sia proprio la Chiesa cattolica, con i suoi movimenti, con le sue diverse realtà. Penso alla Comunità di Sant?Egidio che fa tanto ? visibilmente e anche invisibilmente ? per la lotta contro l?Aids, ai Camilliani, tante altre cose, a tutte le suore che sono a disposizione dei malati ?

Direi che non si può superare questo problema dell?Aids solo con soldi. Sono necessari, ma se non c?è l?anima che li sappia applicare, non aiutano, non si può superare con la distribuzione di preservativi: al contrario, aumentano il problema.

La soluzione può essere solo una duplice: la prima, una umanizzazione della sessualità, cioè un rinnovo spirituale e umano che porti con sé un nuovo modo di comportarsi l?uno con l?altro, e secondo, una vera amicizia anche e soprattutto per le persone sofferenti, una disponibilità, anche con sacrifici, con rinunce personali, per essere con i sofferenti. E questi sono i fattori che aiutano e che portano con sé anche veri e visibili progressi.

Perciò, direi questa nostra duplice forza di rinnovare l?uomo interiormente, di dargli forza spirituale e umana per un comportamento giusto nei confronti del proprio corpo e dell?altro, e questa capacità di soffrire con i sofferenti, di rimanere presente nelle situazioni di prova. Mi sembra la giusta risposta, e la Chiesa fa questo e così offre un contributo grandissimo ed importante. Ringraziamo tutti coloro che lo fanno.

P. Lombardi: E ora, un’ultima domanda che viene addirittura dal Cile, perché noi siamo quindi molto internazionali: abbiamo anche la corrispondente della televisione cattolica cilena con noi. E le diamo la voce per l’ultima domanda: Maria Burgos…

Domanda: Grazie, padre Lombardi. Santità, quali segni di speranza vede la Chiesa nel continente africano? E: Lei pensa di poter rivolgere all’Africa un messaggio di speranza?

Papa: La nostra fede è speranza per definizione: lo dice la Sacra Scrittura. E perciò, chi porta la fede è convinto di portare anche la speranza. Mi sembra, nonostante tutti i problemi che conosciamo bene, che ci siano grandi segni di speranza. Nuovi governi, nuova disponibilità di collaborazione, lotta contro la corruzione – un grande male che dev’essere superato! – e anche l’apertura delle religioni tradizionali alla fede cristiana, perché nelle religioni tradizionali tutti conoscono Dio, l’unico Dio, ma appare un po’ lontano. Aspettano che si avvicini. È nell’annuncio del Dio fattosi Uomo che queste si riconoscono: Dio si è realmente avvicinato. Poi, la Chiesa cattolica ha tanto in comune: diciamo, il culto degli antenati trova la sua risposta nella comunione dei santi, nel purgatorio. I santi non sono solo i canonizzati, sono tutti i nostri morti. E così, nel Corpo di Cristo si realizza proprio anche quanto intuiva il culto degli antenati. E così via. Così c’è un incontro profondo che dà realmente speranza. E cresce anche il dialogo interreligioso – ho parlato io adesso con più della metà dei vescovi africani, e le relazioni con i musulmani, nonostante i problemi che si possono verificare, sono molto promettenti, essi mi hanno detto; il dialogo cresce nel rispetto reciproco e la collaborazione nelle comuni responsabilità etiche. E del resto anche cresce questo senso di cattolicità che aiuta a superare il tribalismo, uno dei grandi problemi, e ne scaturisce la gioia di essere cristiani. Un problema delle religioni tradizionali è la paura degli spiriti. Uno dei vescovi africani mi ha detto: uno è realmente convertito al cristianesimo, è divenuto pienamente cristiano quando sa che Cristo è realmente più forte. Non c’è più paura. E anche questo è un fenomeno in crescita. Così, direi, con tanti elementi e problemi che non possono mancare, crescono le forze spirituali, economiche, umane che ci danno speranza, e vorrei proprio mettere in luce gli elementi di speranza.