Primo: non parliamone più.
Da quando Berlusconi è ?sceso in campo?, la partita l?ha condotta solo lui: giocatore, arbitro, guardalinee, allenatore, selezionatore, presidente, raccattapalle. Ma anche squadra avversaria.
Dal 1993 parliamo di Berlusconi-conflitto di interessi, Berlusconi-riasseto radiotelevisivo,
Berlusconi-leggi ad personam, Berlusconi-caimano, Berlusconi-ICI, Berlusconi- meno tasse per tutti, Berlusconi-mondezza a Napoli, Berlusconi-terremoto a L?Aquila, Berlusconi-Alitalia, Berluscon-partito unico, Berlusconi-immigrati, fino ad arrivare a Berlusconi-Veronica Lario e Berlusconi-Noemi. Gira che ti rigiri, tra argomenti validi e meno validi, nobili e meno nobili, sono 16 anni che in Italia non si parla d?altro che di Berlusconi nel bene (la Destra) e nel male (la Sinistra): l?agenda politica, i titoli dei giornali sono stati e sono una sua esclusiva.
Per chi segue la politica in TV l?ultimo caso della crisi matrimoniale con Veronica Lario è emblematico. Puntate monografiche prima da Vespa, poi a Ballarò, quindi da Santoro, per non parlare delle matinée di Piroso a LA7. Certo, diverse nell?impaginazione, nell?analisi dei fatti, nelle risposte ai dubbi il caso ha posto: ma tutte completamente ?dedicate? e monotematiche.
Questo sconcertante scenario investe in pieno tutti i giornali e gli opinionisti di ogni parte politica, ugualmente succubi delle parole e degli atteggiamenti del Grande Capo. Tutti stanno lì allineati e pronti a scattare per commentare le mosse pubbliche e private del Premier (da quelle politiche a quelle più goffe per finire al gossip, alle battute, alle barzellette, alle canzoni). Qualsiasi occasione è buona ( e le occasioni sono tante: nessuno si pone il dubbio che non siano troppe e volutamente programmate?). Questa comunanza di atteggiamenti tra Destra e Sinistra (ovviamente con opposte motivazioni) non evidenzia altro che un dato centrale di fondo: è Berlusconi, il berlusconismo l?ideologia dominante. E? lui il centro della politica italiana.

Sono arrivato a questa amara conclusione: ogni volta che parliamo di Berlusconi ammettiamo implicitamente la nostra sconfitta. Riflettiamo la sua luce come uno specchio, ma la luce non è nostra, è la sua. Ogni volta che lo critichiamo ammettiamo il suo primato. E quando non lo nominiamo (vedi Veltroni in campagna elettorale) lui aleggia comunque in forma implicita, condizionando i nostri comportamenti.
?Parlate di me bene o male? diceva Oscar Wilde, ?purché ne parliate?. E così anche io, incitando a non parlare più di lui, di lui sto parlando.

Secondo: basta con la politica ?cinese? è ora della nuova cattedrale
Questo avviene perché non siamo più autonomi produttori di politica, da quando la sinistra ha perso l?egemonia culturale del Paese. Il processo è stato uno scivolamento lungo, leggero, impercettibile, ma continuo, dalla metà degli anni Ottanta, cominciato col craxismo spregiudicato e rampante, poi ereditato dal Grande Comunicatore, con le sue TV, ancor prima che arrivasse a fare politica attiva. Non pensava forse già Craxi di poter utilizzare quel rampante ex palazzinaro, al quale aveva concesso il primato della nascente TV commerciale, come megafono per la sua politica? Ma, come tutti sappiamo, il sogno si infranse con le monetine del Raphael e allora cosa c?era di più logico se non sostituirsi al politico decaduto, continuare il suo piano, e utilizzare per se stesso le proprie TV, smisurate miniere di consenso ora orfane del referente politico? Nel frattempo il crollo del muro di Berlino, la decomposizione del PCI e della DC hanno fatto il resto. Da allora la Sinistra (ma direi anche il Centro cattolico), ha perso la sua organicità con la società, e di conseguenza da allora il Centrosinistra non fa più politica ?assoluta? ma politica ?relativa?. Non siamo più in grado di ?costruire cattedrali?, di proporre modi di vita e relazioni sociali diversi, altri ?mondi possibili?, siamo invece diventati ?quotidianisti?: dopo il volo tra le grandi utopie, sogni alimentati dai grandi ideali, siamo atterrati (o meglio, precipitati) nella politica ?minimalista?, quella della risposta al bisogno immediato, un po? improvvisata e senza logica di sistema (mutui più bassi, indennità di disoccupazione, sovvenzioni e sgravi alle imprese che assumono, più soldi alle forze dell?ordine, pacchetto sicurezza come leggi razziali, ecc): sono queste le parole d?ordine, i messaggi più cavalcati negli ultimi tempi. Tutte cose giuste, per carità, ma di pura improvvisazione jazzistica. Al relativismo del bisogno immediato si aggiunge la subalternità all?egemonia del berlusconismo di cui tutti noi siamo succubi. Così, se solo poche volte riusciamo ad essere propositivi e creativi, è vera l?accusa che spesso la nostra politica è di rimbalzo, commisurata a smentire, ritoccare, confutare le proposte della Destra. Una politica di ripiego, tutta giocata in difesa, subalterna e perdente. Ancora più perdente quando vuole prendere esempio dal Grande Comunicatore e confrontarsi con le sue stesse armi: i bei giovani candidati, i faccioni sui manifesti elettorali, le nostre contro-veline, le rispostine argute e piccate ai TG. Facciamo come i cinesi: tarocchiamo il prodotto originale firmato. Ma il nostro prodotto sarà sempre un falso da bancarella, non arriverà mai ai negozi del centro.
Dobbiamo allora immaginare un prodotto nuovo (una nuova politica) per nuovi mercati (una nuova società). Il marketing ci insegna ? anche qui siamo subalterni al grande maestro? che non sempre il mercato preesiste al prodotto. A volte sono i prodotti, quelli più innovativi, che, esprimendo bisogni subliminali, creano il mercato. Facciamo un esempio concreto: il telefonino. Nessuno sapeva appena 15/20 anni or sono che fosse, a cosa servisse, ma ha cambiato la nostra vita di relazione. Un altro esempio: il computer e internet. Così in politica: abbiamo bisogno di un prodotto che faccia sognare, che ridisegni la vita quotidiana, che incida sui comportamenti sociali, che proponga nuovi modelli di organizzazione e gestione della cosa pubblica, che si confronti con le nuove tecnologie, anche nella forma-partito. Ma prima della cattedrale, occorrono le fondamenta, cioè una chiara e unitaria visione ideologica.
C?è nel PD? Se no si faccia chiarezza e subito, dopo si ritorni al primato della politica, ma che sia una politica incastonata su una visione strategica e complessiva della società. Senza frenesie di scorciatoie (estemporanee alleanze con altri partiti o soffocanti compromessi interni) o ansia di immediato riscontro nei sondaggi. Anzi: che sia impopolare se questo vuol dire correggere comportamenti xenofobi, o cavalcare le paure della società alimentate dai media. Occorreranno anni prima che un nuovo sistema ideologico siffatto affermi la sua egemonia e scavalchi l?altro (soprattutto quando quello vigente si autoalimenta grazie all?intervento sistematico di forze mediatiche impari, che ogni giorno producono, trasmettono e inculcano i propri modelli culturali), ma val la pena aspettare e costruire con quotidiana pazienza l?alternativa, senza più scimmiottare l?avversario e taroccarne il prodotto.
Una cattedrale non si costruisce in un anno. Ma spero anche che non si ripeta la storia infinita del Duomo di Milano, cominciato nel 1386, terminato nella facciata nel 1813, nella parte scultorea nel 1935, nel pavimento nel 1940. Attenti dunque alla sindrome da Duomo di Milano : rischio reale per il nostro centrosinistra lento nelle decisioni, complicato e cavilloso. Anche nella costruzione della cattedrale c?è un limite!